di Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti)

OlindoGuerrini.jpg[Come preannunciato, pubblichiamo alcune poesie del poeta romagnolo, prevalentemente vissuto a Bologna, Olindo Guerrini (1845-1916). Sono tratte dall’antologia Nova Polemica (1878), firmata “Lorenzo Stecchetti”, uno dei tanti pseudonimi dell’autore. Guerrini si differenzia da altri poeti socialisti della sua epoca (come Mario Rapisardi, Carlo Monticelli, lo stesso Filippo Turati, ecc.) per freschezza e facilità nel verseggiare, e per alternare temi politici ad altri scherzosi e libertini. Benché enormemente popolare non fu mai ricco – ironizzò sulla sua condizione con poesie sulla “cucina povera” cui era costretto – e terminò la sua vita svolgendo mansioni di bibliotecario.] (V.E.)

IUSTITIA

Amen, with all my heart!
Shakspeare, Otello, V, 2

Alla signorina Vera Zassoulitch. (1)

Vorrei che questa mia povera penna
fosse un ferro rovente
per bollarvi tra gli occhi la cotenna
canaglia prepotente.

E quando in faccia a i miseri ruttate
la vostra infame gioia,
perdonatemi voi che m’ascoltate,
vorrei essere il boia

e compir sopra voi la gran vendetta
di chi per fame langue.
Vorrei vedervi con la gola stretta
da ‘l singhiozzo de ‘l sangue.

Io che pur soglio lacrimar di pièta
de’ vati su le carte,
io ch’ho in petto il gentil cor de ‘l poeta,
se me ne manca l’arte,

che piango insino gli scordati eroi
d’Ilio combusto e domo,
io non ho senso di pietà per voi,
non ho viscere d’uomo.

Nè voi n’avete cui non basta a ‘l gusto
stracco la carne ignuda
per chi stentando il pane a frusto a frusto,
sangue, lacrime suda;

per chi senza speranza e senza amore
vive ed invidia il cane,
per chi miniere a voi scavando, muore
senz’aria e senza pane.

Ridan le vostre donne a cui ne ‘l petto
de l’òr brucia la sete:
ridan beate ché ne ‘l vostro letto
contaron le monete,

e su ‘l talamo altrui de le figliole
vendean la bianca vesta;
a la virtù che vender non si vuole,
ecco, il delitto resta.

E grida, udite, il volgo macilente:
– “Noi, plebe, non morremo,
ma ne ‘l gran giorno, in faccia a ‘l sol lucente
giustizia ci faremo.

Da le città, da gli abituri foschi
che il sol mai non abbella,
giù da i monti, da ‘l mar, da gli aspri boschi
che l’aquilon flagella,

innumeri, feroci e disperati,
noi plebe maledetta,
incontro a voi discenderemo armati
di ferro e di vendetta.

Siete voi che rideste allor che invano
pietà per Dio pregammo
ed una pietra ci metteste in mano
quando un pan mendicammo.

Non sperate pietà dunque ne ‘l santo
giorno de l’ira eterna.
Troppo, dinanzi a voi, troppo abbiam pianto.
“Vigliacchi, a la lanterna!”

(1) Vera Zasulic, militante anarchica e più tardi marxista, autrice nel 1878 di un attentato contro il governatore di San Pietroburgo.

A I POETI PINZOCHERI (2)
Seconda parte

Ma noi non ci curviamo
de la rinuncia umíle a le dottrine,
ma noi non ci crediamo
a ‘l tisico Gesù de le beghine.

Non han prodigi i santi
e l’inferno per noi non ha paure.
Avanti, avanti, avanti,
con la fiaccola in pugno e con la scure.

Tutto un passato muore,
tutto un mondo rovina intorno a noi;
è morto, è morto il fiore
de’ poeti di Cristo e de gli eroi.

De la giudaica fola
e di Sion su la rovina immane,
forte, superba, sola,
la nostra Dea, la Verità, rimane:

la Dea che a poco a poco
il mister de la vita a noi disserra.
Per lei domammo il foco,
per lei domammo i fulmini e la terra.

Ecco, sino a le stelle
gl’inni e le grida de ‘l trionfo vanno.
Ha vinto il gran ribelle
e le porte de ‘l ciel non prevarranno!

Cadon gli altari infranti,
sfuman le larve de ‘l passato impure.
Avanti, avanti, avanti,
con la fiaccola in pugno e con la scure.

No, non lordate il biondo
capo, fanciulle, con la cener vile;
venite; è bello il mondo;
oggi rinasce con le rose aprile.

No, su le aiuole brulle
non incombon più il freddo e lo squallore,
venite a noi, fanciulle,
oggi rinasce con le rose amore.

Dolce amor de’ ribelli
venite a rallegrar la nostra danza
co ‘l tirso e co’ i capelli
coronati de’ fior de la speranza.

Schiera festante, andiamo
là dove il vero come il sol risplende;
lassù, lassù corriamo
dove giocondo l’avvenir ci attende.

A i liberi, a i costanti
le vie de l’avvenir s’apron secure.
Avanti, avanti, avanti,
con la fiaccola in pugno e con la scure!

(2) “Pinzocheri”, termine oggi desueto, sta per “beghini”, “baciapile”.

PALINODIA

Dissi – noi siam vigliacchi
e me ne pento. Errai.
È il secolo de’ Gracchi
questo che bestemmiai;
ma voi vi siete accorti
che siamo tutti forti, forti, forti.

L’evo romano, l’evo
eroico è ritornato
ed io non lo sapevo.
Ma forse sarà stato,
Bruto me lo perdoni,
perchè non vado a le dimostrazioni.

Già. In Italia nasciamo
Catoni e Cincinnati.
Ladri? Ma non ne abbiamo
e i poveri avvocati
per non morir di stento
vanno a farsi le leggi in Parlamento.

Oh, no, non ci son vili
tra un popolo d’eroi,
ma le virtù civili
son sì fitte tra noi,
che fin gli appaltatori
li abbiam dovuti far commendatori.

Ipocrisia? Davvero
non ci si può pensare!
Siamo un po’ furbi, è vero,
ma ipocriti? vi pare!
Oh, li abbiamo aboliti
(leggete il Curci) i padri gesuiti!

Deh, patria mia, felice
come ti veggo e lieta,
spregiar la corruttrice
copia de la moneta!
L’ebbe di ferro Sparta:
più spartana di lei tu l’hai di carta.

Su ‘l tuo beato suolo
che ci fanno gli uscieri?
A che serve lo stuolo
de’ tuoi carabinieri?
In Svizzera, nol sai?
cassieri e casse non ne scappan mai.

E le donne? Oh, le donne!
Che modelli di spose,
di ragazze, di nonne!
Che virtù portentose!
Se questo tempo dura,
non c’è più corna per la iettatura.

Uomini puri e forti,
a Monaco ci andate
per compiangere i morti
de le cinque giornate?
Ma questo si può fare
anche a Milano. Al club si può giuocare.

Uomini forti e puri,
perchè, perchè scendete
ne gli angiporti oscuri
e ne l’ombre discrete
de le strade lontane?
Cercate le virtù repubblicane?

Oh, non tocche da ‘l male
virtuose persone,
voi siete l’ideale
sognato da Platone,
la semente novella,
de la santa città de ‘l Campanella,

ed io per ritornare
in grazia vostra, o puri,
parlerò a ‘l singolare
e scriverò su i muri
l’aforisma novello
che c’è un corrotto solo ed io son quello.