di Giuseppe Genna

extraomnescenciarelli.jpgSono stati scritti pochi libri, troppo pochi, sul caso infinito del rapimento di Emanuela Orlandi. Dal giugno 1983 a oggi, in un vorticare confuso, abnorme, di rivelazioni finte e parziali verità, di passaggi di mano degli atti e di investigazioni finite nel nulla, il testo più esplicativo e giornalisticamente sconcertante è quello di Antonio Fortichiari (E’ viva. La scomparsa di Emanuela Orlandi, Tropea, 2003), che addita piste innovative con discrezione e con il supporto di lacerti di prove imprescindibili.
Non è questa l’ambizione di Gaja Cenciarelli, che con Extra Omnes realizza un’opera fondamentale, una tipologia precisa di lavoro culturale che su Carmilla ci siamo spesso auspicati venisse affrontata: Cenciarelli, coetanea della Orlandi, racconta il caso compiutamente, intrecciandolo con il proprio sguardo di ragazzina che, ai tempi del sequestro aveva 15 anni. I Settanta e gli Ottanta raccontati dalla prospettiva di chi li ha vissuti essendo bambino: una possibile soluzione e chiusura di ferite in una nazione a lacerazioni multiple, che paiono non suturabili.

emanuelaOrlandic.jpgHo molto studiato il caso Orlandi, perché è a mio avviso il centro vuoto di una rete di connessioni che, prima della scomparsa della ragazza – e durante, e dopo – creano un labirinto inestricabile che raffigura un momento apicale della storia italiana: è l’Italian Tabloid che ho sempre desiderato scrivere. Le relazioni con fatti capitali della nostra storia contaminano il corpo e la mente di una ragazzina innocente che fa le spese di un gioco anonimo (o fin troppo poco anonimo) che interrela tutti i protagonisti della Guerra Fredda in una delle sue fasi apicali: Emanuela Orlandi è l’occhio del ciclone, perfettamente vuoto e non individuabile, di uno scatenamento climatico infernale. Questo vuoto si oppone a un “troppo pieno” di storia, un clima da scirocco (sto citando la prospettiva storica dell’omonimo romanzo di Girolamo De Michele) in cui si addensano nubi per scatenamenti di uragani in serie infinita: connessioni con il caso Moro, con l’attentato al Papa, con la scoperta della P2, con la fine delle BR, con la Banda della Magliana, con gli intrecci neri in Vaticano, con la presenza di agenti segreti dell’est e dell’ovest su un suolo a sovranità limitata. La stessa vicenda, riassunta in questo memorabile libro di Gaja Cenciarelli, pullula di comprimari ambigui, protagonisti segreti, disinformatori di professione: dai primi telefonisti italiani (uno, addirittura, definito “pariolino”) che hanno lo scopo di ritardare indagini serrate, fino alla comparsa della leggenda nera telefonica soprannominata “l’Amerikano” e agli incredibili e grotteschi Komunicati del Fronte Turkesh (che dopo il ’90 si svelarono essere atti di depistaggio a opera dei vertici della Stasi) e, di contro, l’opposta e inquietante fazione americana detta Phoenix. Il tutto mentre si alternavano gli appelli del Papa, le menzogne contraddittorie di Agca, i “consigli” dei Servizi italiani, l’ipotesi della tratta delle bianche a opera di forze di polizia, ad amplificare la confusione e il dramma della famiglia Orlandi. I poveri Orlandi, la cui scomparsa della figlia si intreccia con un sequestro quasi contemporaneo e geograficamente prossimo, quello di Mirella Gregori: innocenti sommersi da melma umana, da profittatori per cui un’innocente – come non manca di annotare con freddezza accusatoria l’autrice di Extra Omnes – è dopotutto un effetto collaterale e trascurabile.
Il punto, però, non è questo. Il punto è che la vicenda di Emanuela Orlandi si trascina fino a oggi, se solo nel 2001 si poteva bizantineggiare sul ritrovamento di un teschio nella chiesa di San Gregorio VII in Roma e chiedersi se si trattava di un resto della ragazza. Emanuela Orlandi – non la ragazza, ma il caso – inizia con Craxi nominato primo ministro, affianca la morte di Berlinguer, la sconfitta del Pci di Natta al referendum sulla “Scala mobile” (altrochè Legge Biagi: il super-precariato di una generazione inizia da lì) e doppia la caduta del Muro, Tangentopoli, le derive letamose dei Novanta e dei nostri anni: cioè, coincide con una generazione, che è precisamente quella mia e di Gaja Cenciarelli. La quale ha il coraggio di scrivere un resumé incrociato con lo sguardo di una vita – la sua – che cresce al crescere dei misteri estenuanti della scomparsa della ragazza con la fascia in testa, il cui volto era stampato in manifesti ubiqui, che ossessionarono ai tempi chi, la Guerra Fredda, la viveva da minorenne, ma la viveva comunque, portandone le ferite nell’immaginario e nel sistema emotivo. E’ da questa ossessione della storia – una storia “senza”, la storia di una scomparsa, molto concreta e molto vicina, se è vero che l’autrice del libro viveva a poche centinaia di metri dal luogo del rapimento di Emanuela Orlandi – che Gaja Cenciarelli erige non un romanzo e non un saggio, ma un libro che appartiene all’unico genere universale, il quale dà fondamento agli altri generi letterari: la tragedia attraverso ossessione. Il suo racconto intreccia se stessa al caso Orlandi, è fitto di domande che non hanno risposta e potrebbero averla, se solo i responsabili ancora in vita parlassero. Perché molti sono morti, nel frattempo: dal padre di Emanuela, Ercole Orlandi, che ricordo in una delle prime interviste al tg2 come un tronco squarciato da un fulmine ma che resta in piedi, fino a molti dei mestatori o degli occulti protagonisti di questa vicenda immorale, di questo emblema del male che l’uomo perpetra nei confronti dell’uomo (uno su tutti: il comandante Estermann, coinvolto nell’ambiguo caso dell’omicidio-suicidio tra guardie svizzere in Vaticano: ai tempi, fu lui a chiudere le investigazioni interne; o il cardinal Poletti, il contatto con i veri o presunti rapitori). A fronte di questo gorgo di sterco antiumano e politico, il libro di Gaja Cenciarelli è scientificamente uno j’accuse in forma di una serie di domande ed è un colpo sparato al cuore dell’umanesimo inesistente che non presiede più alla coesione di una comunità nazionale: è un proiettile di pura pietà, ma è un proiettile. La pietà che accusa. Accusa con domande semplici, con ricordi del senso di colpa provato mentre si cresce e si fa esperienza avendo a fianco un’assenza che è penetrata nell’immaginario – tu diventi adulto ed Emanuela Orlandi è fissata in quel manifesto, nei suoi eterni 15 anni, senza che i responsabili di questo abominio permettano ai famigliari di ottenere la certezza di un lutto o la prova dell’esistenza in vita della loro figlia (se penso che Ercole Orlandi è morto senza nessuno di questi due conforti, la rabbia mi aumenta esponenzialmente).
I lettori ideali di questo libro? L’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, il senatore a vita Giulio Andreotti, il non venerabile ma autenticamente vecchio Licio Gelli, l’ex espertissimo di curia ora pontefice Benedetto XVI – tutta gente che c’era, ha visto e ha fatto o non ha fatto cose, della cui portata (irrisoria o fondamentale, vana o decisiva) mai sapremo nulla, mentre ne avremmo il diritto. D’altra parte, i lettori ideali di Extra Omnes sono gli stessi scrittori italiani che, a parte poche luminose eccezioni, si sono ben guardati dal raccontare, dall’esplorare, dal fare esplodere le prospettive, dal compiere un rito apotropaico sporgendosi su una materia così incandescente che può fondere i lineamenti. Lo ha fatto per tutti noi Gaja Cenciarelli e di questo le sono grato: è uno dei rari gesti con cui la mia generazione si arroga il diritto di chiudere le ferite che i predecessori hanno aperto e non sono riusciti a ricucire, fottendosene delle conseguenze storiche ed emotive, fottendosene dei posteri, fossero figli o nipoti. E’ un gesto di appropriazione di parola, che giustifica l’atto per cui, se voglio, scrivo degli anni Settanta e me ne fotto della sollevazione di personalismi memoriali da parte di una generazione – quella precedente alla mia, che gli anni Settanta li ha fatti, mentre io li ho subiti – che ha contribuito se non causato il crollo dell’immaginario di una nazione, l’abisso della sua coscienza storica, l’abominio della dimenticanza e dello schifo che questo Paese è diventato.

Gaja Cenciarelli – Extra Omnes. L’infinita scomparsa di Emanuela Orlandi – Zona – 15 euro