di Nico Maccentelli

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[Nella foto, una bimbetta che non costituirà più un pericolo per Israele.] (V.E.)

Nei giorni della commemorazione dell’atomica su Hiroshima, è triste vedere giornalisti RAI, degli autentici pezzi di merda, in Israele, con il giubbotto antiproiettile, così, tanto per fare coreografia, perché l’eventualità che vengano colpiti da un missile di Hezbollah è purtroppo equivalente a quella che una tegola arrivi loro in testa quando escono dall’hotel di lusso in cui alloggiano.
La funzione del loro giubbotto è duplice: abituare l’opinione pubblica alla guerra e far credere che Israele sia sottoposta alle medesime piogge di fuoco a cui sottopone i libanesi e i palestinesi.


E’ triste vedere i media all’opera per la grande mistificazione che da sempre dipinge gli USA e i loro alleati come SALVATORI. Con Hiroshima e Nagasaki sperimentarono gli effetti della bomba atomica in due città. I motivi storiografici ufficiali, ossia: premere sul governo giapponese per imporgli resa, è una fandonia lunga decenni. Bastava far esplodere un’atomica nel Pacifico, a qualche centinaio di chilometri dalle coste nipponiche, per far capire la disparità tecnologica e militare al Giappone.
Ma gli USA vendono armi, le usano come sistema per rimpinguare le casse e far volare l’economia, da sempre… e le sperimentano. C’è un filo diretto che collega Hiroshima all’uso di proiettili con l’uranio impoverito in Kossovo e in Iraq, e all’uso di armi sperimentali come i raggi laser sulla poplazione civile irachena (vedi i servizi di Sigfrido Ranucci).

E’ triste vedere la cosiddetta opposizione pacifista italiana tacere in queste settimane, quando a Londra la società civile, quella della pace, scende in piazza con centomila manifestanti. Cos’è, deleghiamo l’azione di dialogo a D’Alema, al governo Prodi? Ora che “siamo al governo”, cara Rifondazione, non dobbiamo disturbare il manovratore?
Non è in discussione la necessità di un’azione diplomatica intelligente, che punti a fare cessare il conflitto e far sedere tutte le parti al tavolo delle trattative. E’ in discussione la consapevolezza della posta in “gioco” e la natura e le ragioni degli attori che si muovono in questo scenario.

I media continuano a giustificare le ragioni israeliane facendo leva sul fatto che Hamas ed Hezbollah non riconoscono lo Stato di Israele. Ma quello che non emerge è il cuore della strategia di guerra preventiva degli USA e dei suoi alleati: nelle guerre moderne i belligeranti riconoscevano la parte avversa, così è stato nelle guerre mondiali del ventesimo secolo, persino con la Germania di Hitler. I neocon della Casa Bianca e lo Stato d’Israele non riconoscono Iran, Siria e il governo palestinese, eletto in regolari elezioni. Sulla natura totalitaria dei primi due non ci sono dubbi. Così come sulle raqioni della vittoria elettorale del terzo, frutto dell’aggressione armata israeliana che ha indebolito Fatah e le forze palestinesi del dialogo. Ma per Iran e Siria non ci sono ragioni per non dialogare. Così per Hamas, prodotto duplice dell’esasperata reazione popolare a un eccidio permanente e della politica israeliana che ha trasformato i territori in una grande prigione priva di risorse e possibilità minime di vita economica e sociale.
I media non ci dicono che è proprio la mancanza di dialogo che è alla base della politica di Bush e Olmert. Ribaltano in modo osceno e in malafede la frittata. Solo la potenza narcotizzante dei monopoli televisivi e della grande stampa, sinistra inclusa, possono far passare le vittime per aggressori e viceversa. Eppure è così chiaro: Israele si è mosso aggredendo il Libano perché deve dare sbocchi alla sua economia di guerra (è un dei più grandi produttori di armi), perché deve rafforzare il suo controllo sull’area, ma principalmente perché la sua azione è parte integrante della strategia statunitense di ridefinizione delle aree di controllo nell’intero scacchiere asiatico mediorientale.
Questo non può non essere chiaro alla sinistra radicale italiana, ora nel governo. E se la sua intenzione è quella di fare politica, non può non tenere conto di questo scenario e definire chiaramente chi è oggi nemico della pace mondiale e chi pratica una resistenza, a volte discutibile (vedi i kamikaze palestinesi o iracheni), ma pur sempre una resistenza.

Sulla questione israelo-libanese e palestinese, basta mandare a quel paese per qualche minuto i ribaltamenti farneticanti della realtà dei vari mezzibusti televisivi e fare un ragionamento elementare: ma se un paese come, supponiamo, la Francia, per qualsiasi ragione, anche la peggiore, gli italiani sono complici di Materazzi o peggio, hanno rapito qualche gendarme di Nizza, decidesse di bombardare sistematicamente l’Italia, e buttasse giù ponti, centrali elettriche, fabbriche, tirasse giù il Duomo a Milano o le due torri bolognesi, radesse al suolo Trastevere e Tor Bella Monaca, che opinione avrebbero del fatto i nostri demagoghi da salotto tv? Si scandalizzeebbero se molti nostri compatrioti dedicassero il 99% della loro esistenza per rinviare al mittente, con interessi, quanto i francesi hanno fatto?
Su, non si offenda la nostra intelligenza con queste minchiate! Non si offenda l’intelligenza di uomini e donne che vogliono la pace e che come minimo s’incazzano se per colpa di USA e Israele si ritroveranno con un tasso variabile aumentato sul mutuo della casa, a causa dell’aumento dello 0,25% dei tassi fatto dalla Banca Europea, o con il riscaldamento o l’elettricità alle stelle. E come massimo con un mondo sempre più involuto nella nuova barbarie ad alta tecnologia, dove ormai democrazia è una parola sempre più vuota, svuotata da élites di governanti al soldo degli interessi di pochi e potenti gruppi finanziari.

Questa è la realtà. Il resto sono solo chiacchiere.
E da questa realtà occorre ripartire per difendere dai nuovi barbari, purtroppo al potere nelle cosiddette democrazie occidentali più potenti, la democrazia e la civiltà che in secoli di storia abbiamo raggiunto e acquisito, per lo meno sul piano dei valori costitutivi della comunità mondiale (le varie carte dei diritti dell’uomo). Per evitare che sempre più aree nel mondo diventino grandi macelli a cielo aperto come l’Iraq. Per evitare che integralismi di varia natura si sentano in diritto per dio Allah o per il dio Dollaro di buttare giù grattacieli, bombardare città, uccidere indiscriminatamente a Beirut come a Londra, a New York come a Falluja.

E’ una resistenza urgente e doverosa, civile e improntata al dialogo tra comunità e popoli, tra nazioni e religioni. Ma intransigente nell’indicare le vere ragioni e i responsabili di questo grande mattatoio. Che ne tengano conto i nostri antagonisti a corrente alternata.
Nessuna abitudine all’orrore. I giubbotti antiproiettili, gli sciacalli delle news delle 20, se li mettano dove non batte il sole.