di Alessandra Daniele

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Nella sua sf Sturgeon non dimentica nessuno. Parte naturalmente dagli emarginati e dai perseguitati, che sono sempre i suoi protagonisti principali, ma non scorda la gente comune resa spesso ”invisibile”, e quasi altrettanto isolata, dal grigiore della propria vita quotidiana. Come la protagonista di uno dei suoi racconti più famosi ed emblematici, Disco di solitudine (“Saucer of Lonelyness”, 1953) storia d’un manufatto alieno che raggiunge la terra non per preannunciare un’invasione o svelare un complotto galattico, ma per creare un contatto fra esseri altrimenti destinati a una disperata solitudine. Un disco molto diverso dai dischi volanti che i miopi detrattori della letteratura fantastica sempre associano con spregio alla SF, e molto simile agli hard disc dei nostri computer, che ci mettono in contatto a dispetto delle distanze.

Sturgeon firma da maestro anche ghost-stories e weird tales, (Gavotte,1941; Le mani di Bianca, ”Bianca’s hands”,1947) horror e noir psicologici (L’orsacchiotto del professore, “Professor’s Teddy Bear”, 1947; Frammento luminoso, “Bright segment”, 1955) ma quando scrive SF, la sua è SF a tutto tondo, nella quale non manca mai la creatività immaginosa, e il più lirico sense of wonder diventa tutt’uno con l’afflato umanista.
Esemplare in questo senso è il romanzo Medusa (“The cosmic rape”, 1958), che parte da un incisivo ritratto di quotidiana emarginazione, per approdare a un finale di respiro galattico sfrenatamente visionario.
Interessato soprattutto ai legami fra gli esseri umani, sui quali indaga da filosofo e scrive da poeta, incoercibile nemico di ogni moralismo e di ogni atteggiamento repressivo, Sturgeon è deciso ad abbattere o almeno a forzare il più possibile i limiti imposti dalla censura dei suoi tempi. E’ infatti il primo a trattare esplicitamente in storie SF tematiche considerate allora – e a volte purtroppo anche oggi – scabrose e ”pericolose”, come la sessualità dei disabili, le famiglie atipiche, e l’omosessualità. In particolare un altro dei suoi racconti più citati, Un mondo veramente perduto (“ The world well lost”, 1953) descrive in modo indimenticabile quanto la forza di un legame possa resistere a qualsiasi discriminazione inflitta a chi è considerato li più alieno fra gli alieni, quanto l’intensità di una passione possa sopravvivere alla più assoluta – e assurda – delle condanne. Il finale, tenero, ironico, e struggente, è anche un’esplicita sfida alle convenzioni machiste nettamente prevalenti nella SF dell’epoca, suscitando profonda simpatia anche per il protagonista terrestre. Questo racconto costò allora a Sturgeon parecchi rifiuti, finché arrivò la coraggiosa pubblicazione da parte di una rivista minore.
Benché fosse – come tutti i suoi colleghi – un lavoratore, che con la sua fatica di scrittore doveva fra mille difficoltà anche sbarcare il lunario, Sturgeon non abbandonò mai il suo impegno su queste tematiche. Lo ritroviamo infatti anche nella sua collaborazione alla mitica original series di Star Trek (1967-1969). Il tormento interiore di Spock, che deriva dalle sue emozioni e pulsioni represse, e la complessità della cultura e della società Vulcaniane, nascono proprio dallo sturgeoniano episodio Il duello (”Amok Time”), da sempre votato dai trekkers fra i migliori e più amati di tutti. Inoltre a Sturgeon si deve la Prima Direttiva, la non interferenza, autentico faro di auspicabile civiltà futura, in anni di seriali ”invasioni umanitarie”, allora il Vietnam, oggi Afghanistan e Iraq.
Da questo costante impegno nascerà anche Venere più X (“Venus plus X”, 1961), sorprendente utopia che alla citazione del mito dell’Ermafrodito Originario unisce un’acuta analisi dei legami inconsci tra sessismo e violenza, l’immaginosa descrizione d’una libera e pacificata società di individui felicemente bisessuali, un paio di geniali colpi di scena, e la struggente descrizione di tutto l’affetto e il sacrificio di cui è capace una coppia bi nei confronti della figlia, che non può non ricordarci l’eterna polemica retrograda contro l’adozione da parte di coppie GLBT.
E dimostra tutta l’attualità di un libro in accordo con le più illuminanti fra le teorie reichiane sulla liberazione sessuale – fisica ed emotiva – vista come supremo antidoto al fascismo, e come indispensabile strumento di autentica evoluzione socioculturale e spirituale. Un concetto che fu profondamente sentito da Sturgeon per tutta la sua vita, segnata da una intensa partecipazione sia alla gioia che al dolore dell’esistenza, e terminata nel 1985 dopo oltre un decennio di progressivo rallentamento dell’attività creativa, interrotta da numerosi viaggi, e forse da momenti di malinconia inevitabili in un uomo così coinvolto dalle sofferenze degli altri esseri viventi.
Una sensibilità che unita alla sapienza tecnica lo rende abbastanza grande da superare, a dispetto anche della morte, come il suo “Disco”, come l’Etere, ogni confine spazio-temporale, fino a raggiungerci col suo messaggio di empatia cosmica, e ancora oggi avere il potere di risvegliarci e insieme di farci sognare, di entusiasmarci, commuoverci, metterci in contatto: farci sentire tutti parte di una cosa sola.