peste.jpgdi Federica Vicino
[Qui tutte le puntate del romanzo]

1. LA PESTE DEI SOBBORGHI
Aleksa Drexter si accomodò sulla fake leather poltrona da 100mila kontinental. Cercò non il migliore, ma il più umano dei suoi sorrisi. Con la docilità di una tigre anestetizzata, si lasciò acconciare i capelli alla perbene signora. Era pronta al segnale di okay, quando guardandosi nel monitor scoprì che la camicia del tailleur era sbottonata un bottone di troppo. Deformazione professionale, pensò. Bloccò tutti e chiuse la scollatura in eccesso. In cuor suo le veniva da ridere. Con un cenno fece intendere che ora sì, era pronta davvero. La macchina televisiva si rimise velocemente in moto. Le dettero il count-down, le dettero il nero, le dettero l’ on the air, i dieci secondi, la sigla, il via.

– In qualità di Ministro della Sicurezza Sanitaria Nazionale e della Salute Pubblica — esordì – vi comunico che l’epidemia di peste linfotifoidea atipica, il famigerato morbo PLA, sarà presto sotto controllo. I medici del Servizio di Supervisione Sanitaria del Sistema mi hanno appena comunicato di aver sperimentato con successo un vaccino capace di sconfiggere il batterio responsabile della temibile cosiddetta “peste dei sobborghi”.
Era una biblica balla satellitare, ed Aleksa ne era ben conscia; ma incalzanti necessità avevano finito col prevalere sulla sua buona fede. La presidentessa dello storico Movimento per il Risveglio dei Cloni non poteva lasciarsi travolgere da uno scandalo di quelle proporzioni. Il primo caso di peste s’era verificato nello stesso Deposito Sanitario cittadino: un clone appena risvegliato era morto improvvisamente, dopo essersi riempito di tumefazioni nelle zone del sistema linfatico. Il misterioso morbo l’aveva annientato in ventiquattr’ore. La notizia era stata frettolosamente messa a tacere e gli altri cloni, risvegliati quello stesso giorno per espresso interessamento del Movimento, lasciati liberi di andare. Dopo un solo segmento di tempo, l’epidemia era fuori da ogni controllo. La bella fake leather poltrona da ministro di Aleksa aveva perfino rischiato di vacillare, ma il virus della PLA non aveva fatto bene i conti con l’avversario che aveva di fronte. Un solo giornalista si azzardò a definirla peste dei cloni. Fu licenziato in tronco. Patrich Behlen, tornato saldamente in sella alla guida dello United World Daily News solo grazie all’intercessione di Aleksa Drexter presso i massimi esponenti del Sistema, manovrò personalmente la cosa, affinchè il morbo diventasse agli occhi di tutti la peste dei sobborghi. Nient’altro che la peste dei sobborghi. Il resto, poi, era stato un gioco da ragazzi: nei sobborghi il morbo aveva dilagato, mietendo vittime a migliaia ed accentuando il distacco fra la parte alta e la parte bassa delle Urban. Nessun provvedimento era stato preso. Il Ministro della Sicurezza Sanitaria Nazionale non l’aveva ritenuto necessario; aveva ritenuto necessario l’esatto contrario. D’altronde la sua associazione si occupava di cloni, non della gente dei sobborghi; e d’altronde la gente dei sobborghi aveva fatto registrare un clamoroso flop elettorale, quando per la prima volta era stata chiamata alle urne; d’altronde numero 3 — la gente dei sobborghi non piace a nessuno. Conclusione: Aleksa non aveva alcun interesse a tutelare la salute della gente dei sobborghi. Ufficialmente il Ministero della Sicurezza Sanitaria aveva incaricato il proprio staff medico di avviare un’indagine, che nel giro di 12 ore era partita e s’era arrestata, non senza aver elargito qualche migliaio di kontinental ad esimi, riconoscenti, allineatissimi professionisti del settore. E fin qui, nessuna sorpresa. Un protocollo d’intesa aveva regolato cifre e percentuali non meno dei rapporti di forza fra organismi istituzionali coinvolti per competenza… Fino al giorno in cui s’era ammalato di PLA un egregio frequentatore di prostitute. Allora — e solo allora — era scoppiato lo scandalo.
La carriera politica di Aleksa era stata per certi versi eccezionale: aveva vinto le elezioni conquistando una quantità di voti inimmaginabile, dopo una campagna elettorale tutta impostata contro il governo del Sistema. Al suo Movimento per il Risveglio dei Cloni avevano aderito tutti quelli che del Sistema ne avevano piene le tasche: intellettuali, sovversivi, pacifisti, religiosi, spiritualisti, filantropi di ogni specie e naturalmente tutti i cloni in circolazione. Messi insieme formavano già un bel mini-esercito di votanti. I rimanenti erano stati persuasi nelle stanze segrete della casa di appuntamento che Aleksa ancora diligentemente dirigeva e che continuava ad essere frequentatissima. Anche il Re Golem, con Patrich Behlen, le avevano retto il gioco. E così s’era giunti al successo: clamoroso, indiscutibile, incontrastabile.
Una volta catapultata nell’universo della politica, però, Aleksa -da brava ex prostituta- s’era fatta i suoi conti: dei tanti che avevano votato per lei, solo alcuni erano personaggi veramente influenti e questi erano tutti in qualche modo legati al Sistema. Del resto, i giochi di potere, come i giochi erotici, — si sa- si fanno in pochi.
Senza perdere troppo tempo, Aleksa aveva preso la sua decisione: scaricare le zavorre e aderire al Sistema. Il Consiglio Superiore del nuovo governo votò all’unanimità la sua delega a ministro. I Capi Ideologici furono ben lieti di iscrivere il suo nome nell’albo d’oro dei sostenitori del partito. Qualcuno contestò la questione sul piano morale, ma fu rimosso da incarichi legislativi e di governo e retrocesso a grado subalterno. Il ministro Aleksa Drexter, del resto, seppe subito farsi amare. Risolse con uno dei suoi coupe de teatre la spinosa questione del risveglio dei cloni, che tanto imbarazzava il Sistema, promotore, in tempi non sospetti, del Programma Internazionale di Clonazione Terapeutica. Non si prese nemmeno l’ardire di proporre un nuovo testo di legge in materia; le bastò un emendamento, nel quale figurava una sola semplice parolina in più rispetto all’originale, un innocuo aggettivo: “facoltativo”. La clonazione diventava facoltativa, con buona pace tanto di chi condivideva quanto di chi avversava il provvedimento.
Il resto era venuto da sé: fama, potere e peste; tutto parte del gioco.

2. IL CONTAGIO
Le iniziali puntate della prima vittima perbene della peste dei sobborghi avevano fatto il giro del mondo in tempo reale su ogni supporto mediatico disponibile: satellite, rete, etere, carta stampata. B.D. era morto prima ancora di riuscire a chiedersi cosa fossero quegli strani rigonfiamenti simili a grappoli d’uva che gli avevano invaso le ascelle ed il collo. I medici del Deposito Sanitario cittadino, bardati con guanti e mascherine, s’erano affrettati a fare a fette il suo cadavere, nel tentativo di capire la misteriosa natura del morbo… nel giro di un paio di settimane erano finiti tutti a concimare la terra, infermieri e ferristi compresi. La notizia fece molta impressione. Nemmeno il grande Golem potè arginare allarmismo e panico, che si diffusero di pari passo con la PLA. Aleksa Drexter, invece, non si scompose. Incaricò il servizio segreto della Polizia di Regime di scoprire quanto più fosse possibile sul conto di questo B.D. Il capitano Stark curò personalmente la cosa. Otto ore dopo il suo decesso, nome, cognome, età, professione ed abitudini sessuali di B.D. erano sotto il diretto controllo di Aleksa.
B.D., ovvero Boris Durkneim, quarant’anni, sottufficiale della Guardia Scelta del Servizio di Sicurezza Sanitaria Nazionale, col vizietto del sadismo: non incluso nella lista speciale dei perbene clienti di Villa Drexter, andava a rimorchiare prostitute a buon mercato nella zona dell’idroscalo, area di gentaccia — e donnacce — peggio del peggiore dei sobborghi. Se l’è cercata, pensò Aleksa – e intanto lasciò un lungo sospiro di sollievo: un simile incidente occorso dentro la sua casa di appuntamento, implicando una delle sue ragazze, sarebbe significato la rovina assoluta. Messa nei termini in cui stava, invece, la faccenda poteva essere gestita in tutta tranquillità. E per telefono.
Come sempre accadeva, Patrich Behlen saltò sulla sedia, quando la segretaria gli annunciò la telefonata del ministro.
– Aleksa, mia cara…
Per meglio apparire, s’era perfino tolto il sigaro dalla bocca.
La “sua cara” Aleksa tagliò corto.
– Toglimi dall’imbarazzo di questo idiota che è andato a crepare di peste all’idroscalo. — ringhiò.
– Non saprei come.
– Ti dò nome e cognome del defunto in esclusiva, tu mi dai uno speciale sulle tue reti in prima fascia per fare un annuncio alla popolazione.
– Ci sto.
Archiviata la questione Golem, con l’annuncio del vaccino, bisognava trovare un espediente che depistasse l’attenzione dell’opinione pubblica. Aleksa era sempre stata dell’idea che non ci si dovesse mai sporcare le mani con il nemico, chiunque egli fosse. Il perbenismo si combatte col perbenismo, lo snobismo con lo snobismo, il potere con il potere… Le sembrò una filosofia adatta anche a quest’occasione. La peste si combatte con la peste. D’altronde Boris Durkneim era uno che si marcava da solo: i sadici non piacciono nemmeno alle prostitute. Approfondì l’idea. Il sadismo di Durkneim doveva divenire di dominio pubblico tanto quanto la sua identità. Richiamò Behlen. Mentre ancora i cameramen smontavano il set improvvisato nel gabinetto ministeriale, un giornalistello da strapazzo, ultima ruota del carro UWDN, arrivava, con una buona dose di adrenalina in corpo, a sedersi di fronte al Ministro della Sicurezza Sanitaria Nazionale in persona. L’emozione, sulle prime, gli tolse la voce. Aleksa sfoggiò, stavolta, il più sensuale dei suoi sorrisi. Con la stessa eleganza gli mise in mano sia un corposo rotolino di banconote sia la scottante vera storia di Boris Durkneim. Ufficiale del nostro miglior corpo di sorveglianza… — attaccò in tono grave — radiato dal servizio proprio per questa sua (come dire?) debolezza… forse addirittura colpevole di un efferato delitto, assassino di prostitute per puro godimento… ucciso non dalla peste dei sobborghi, ma da una delle sue vittime… contagiato per vendetta da una delle donnacce dell’idroscalo, alla quale chi sa cosa aveva fatto o chiesto di fare…
Altro cocktail di bibliche balle, naturalmente, ma il giornalistello aveva sgranato tanto d’occhi. Allora Aleksa aveva capito di avere colpito nel segno: gli aveva raccomandato assoluta discrezione, accennando al rotolino di banconote. Il gioco era fatto. La vera storia di Boris Durkneim — il sadico, perverso e cattivo Boris Durkneim — fece il giro del mondo. Nessuno più si preoccupò delle negligenze del Ministero della Sicurezza Sanitaria Nazionale. Tutti pensarono al sadico, perverso e cattivo Boris Durkneim, che la peste se l’era andata a cercare; e qualcuno — suppose Aleksa — pensò anche che forse d’ora in avanti era meglio andare a farsi fare certi servizietti hard in un luogo sicuro, come una casa d’appuntamento, piuttosto che negli anfratti pestiferi dei sobborghi o dell’idroscalo. Aveva incassato una doppia vittoria. Il giornalistello no: il suo magic moment si consumò in capo a una settimana; passò da collaboratore a redattore capo (con tanto d’ufficio personalizzato) e da redattore capo a disoccupato senza soluzione di continuità. Behlen si fece una catarrosa risata dinnanzi alla sua sorpresa: trovare pretesti per licenziare era il suo forte. Una volta che il giovinotto fu uscito dalla sua stanza dirigenziale, dimenticò il suo nome, e anche quello di Durkneim.