di Danilo Arona
[Tutte le Cronache di Bassavilla]

fish2.jpgIL GIORNO IN CUI I PESCI USCIRONO DAL MARE
Certe combinazioni storiche capitano di rado. Stiamo parlando di psicologia del profondo e di temporanea sospensione del tasso d’incredulità per colpa di eventi straordinari ben combinati con la planetaria ragnatela mediatica. In un incrocio del genere dovette trovarsi anche il sommo burlone Orson Welles che architettò la celebre farsa radiofonica de La guerra dei mondi nel 1938 in uno strano momento pre-bellico in cui l’America guardava l’Europa come ad un’estranea allucinazione. Fatto sta che il primo Aprile 2005, con il Papa moribondo e la dirittura d’arrivo delle elezioni regionali (nonché in totale assenza — lo avete notato? – delle notizie da mattatoio quotidiano da Iraq e Darfur), i proseliti del primo d’Aprile si sono scatenati più che nel passato, trovando terreni quanto mai fertili. Ad Alessandria-Bassavilla, ad esempio, decine di persone si sono presentate agli uffici postali pretendendo fantomatici rimborsi Telecom e una folla oceanica ha invaso una delle piazze principali, attendendo non so quali protagonisti calcistici di un reality show televisivo (il Cervia, forse) che naturalmente non avevano alcuna ragione di mostrarsi.

Il pescione più interessante è però apparso in Rete, ormai regno del Tutto e del Niente (maiuscolettati come mitologemi perché tali, nel cyberspazio, sono diventati), e lo si è letto nel sito di Horror Magazine, dove — accanto ad un film “ritrovato” di Kubrick tratto da Lovecraft, la scoperta di un vero chupacabras e l’annuncio di una ventura rivista di fetish — si leggeva una notizia che ha gettato per qualche ora tutti gli horrorofili italici nel panico. Val la pena di ripercorrerla:

Finalmente si rivede l’horror nelle edicole italiane. E, lasciatecelo dire: era l’ora! Che l’horror stesse vivendo una stagione piuttosto buona cominciavamo a sospettarlo un po’ tutti, ma che la ripresa fosse così netta da convincere Mondadori a proporre una serie di libri dedicati al nostro genere preferito in edicola ci ha colto decisamente di sorpresa. A partire da lunedì 2 maggio 2005, infatti, sarà disponibile il primo volume di Urania Horror, collana che va ad affiancarsi a quella, assai longeva, di fantascienza. Per l’esordio è stato scelto di ristampare L’orrore secondo Lovecraft, già apparso negli Oscar Mondadori ormai dieci anni fa. Presenti nell’antologia racconti di Poe, Stevenson, Bierce, C.A. Smith, Machen e molti altri, tutti brevemente introdotti da un testo di H.P. Lovecraft. Il proposito, ha dichiarato Giuseppe Lippi, direttore di Urania, in un’intervista a “Panorama” (nel numero edicola dal 5 aprile), è quello di offrire al pubblico un prodotto horror più vicino ai gusti di chi legge e meno a quelli degli esperti di marketing, che oltretutto ci hanno sconsigliato vivacemente di portare in edicola una collana horror, temendo forse di veder sconfessato il teorema secondo cui l’horror puro non piace al grande pubblico. Ovvero? Quali sono i gusti di “chi legge”? Abbiamo evitato di contaminare l’horror con il poliziesco, il thriller e il noir. Il pubblico ha già mostrato una certa insofferenza nei confronti di questo genere di operazione. Il problema è che chi ama il thriller cerca sempre la risposta razionale al male, mentre l’horror non offre questo tipo di catarsi. La catarsi è una caratteristica fondamentale dell’horror, ma si trova su un piano che non saprei se definire “spirituale”, “metafisico” o semplicemente “irrazionale”. Insomma: per chi ama l’horror il diavolo non è semplicemente un disturbo psichiatrico. Quindi niente contaminazione? Tutt’altro. In realtà in Urania Horror confluirà materiale molto diverso: dalle novelization di film famosi (è prevista l’uscita del romanzo di The Amityville Horror) sino alla miglior narrativa straniera e italiana e a saggi sul cinema e titoli di occultismo e parapsicologia. La nostra è una vera scommessa. La reazione del pubblico davanti a una proposta simile è tutta da verificare, e ciò nonostante abbiamo deciso che i tempi sono maturi per un tentativo in grande stile. Già, una scommessa: per rendersene conto basta dare un’occhiata alla lista delle prime quattro uscite della neonata Urania Horror: dopo L’Orrore secondo Lovecraft, a giugno sarà la volta de Il Libro dei Dannati di Charles Fort, un classico della letteratura del misterioso; quindi, nei mesi estivi, sotto con Tortured Souls di Clive Barker, pubblicato da pochissimo negli USA e gradito ritorno del maestro di Liverpool ai temi di Hellraiser (luglio), e con la versione accresciuta dell’ottimo saggio Satana ti vuole di Danilo Arona e Gian Maria Panizza, proposta qui col titolo “numerico” 666 (agosto). Come reagirà il pubblico davanti a una collana mista narrativa-saggistica completamente incentrata sul supernatural horror? La nostra convinzione è: comunque molto bene. Siamo sicuri che, tra qualche mese, i risultati di Urania Horror saranno tali da costringere la maggior parte delle case editrici nostrane a dedicarsi all’horror soprannaturale e chiudere finalmente la bocca agli “esperti di marketing” che cambiando nome (e temi di riferimento) al nostro genere preferito ne hanno svenduto l’anima e l’hanno così sepolto nell’inferno dei remainders e delle giacenze di magazzino.

Bene, tutto assai credibile, a parte per alcuni diretti tirati in ballo come Charles Fort e il sottoscritto, che, per quanto morti, sarebbero stati avvertiti per tempo dai rispettivi agenti per ovvie ragioni di contratti e di “appendici”. E tutti, per un po’, ci hanno abboccato. La nazione si trovava, per così dire, in uno stato di coscienza alterato e, dato che il grande Giuseppone (Lippi) ci aveva già provato con l’horror da edicola all’inizio degli anni Novanta (con eccelsi risultati al di là delle vendite), perché non prestar fede alla news in un momento in cui cinema ed editoria , per la nota legge dei corsi e dei ricorsi, propongono tutti i giorni prodotti nuovi, dai vari cloni di The Ring alle uscite Gargoyles e Piemme? (Sì, francamente, a mente fredda, che Giuseppe mandasse a stendere gli esperti di marketing era parecchio indigeribile, ma anche gli esperti di marketing potrebbero essere appassionati di horror…) Insomma, un bailamme: ogni presunto coinvolgibile si telefonava da un capo all’altro della nazione (chi c’è dietro, chi se ne occupa, a chi devo mandare il mio ultimo romanzo sui vampiri di Carugate, e via dicendo), poi, per forza, la cosa iniziava a sgonfiarsi sino a far precipitare scrittori e fans (e persino qualche editore di nicchia che voleva rivendere a Lippi qualche titolo del suo ignoto catalogo) nel pozzo oscuro della depressione. Non prima che il mio agente telefonasse a Giuseppe per rampognarlo e ricordargli che “così non si fa, accidenti, Arona e Panizza hanno tuttora incubi dopo quel libro e le Ierudole di Ishtar ancora li minacciano di farli morire per asfissia erotica!”
Okay, anch’io scherzo. Ma il pezzo (e il pesce) restano, come esempi niente affatto banali, di meta-profilo di una situazione editoriale che, ogni giorno di più, appare paradossale a dir poco e che si traduce, da un lato, nel dato oggettivo che ben riassume Raffaella Catalano, editor di Dario Flaccovio, quando afferma che, a differenza di quanto accade al cinema, “l’horror italiano scritto vende pochissimo”. E dall’altro, in un funzionalissimo esempio, di phantasie freudiana, ovvero quello scenario immaginario in cui, secondo Laplanche e Pontalis, si concretizza l’appagamento di un desiderio. Purtroppo il pesce — che dopo tre giorni puzza — mette a nudo una contraddizione che pare insanabile e che riguarda quel “pubblico che conta” (non i ragazzini urlanti che vanno a vedere Samara o The Eye 2), per nulla convinto dell’esistenza di un fenomeno letterario di horror autoctono.
Servono i numeri in editoria per dare concretezza a un fenomeno. Facciamocene, al momento, una ragione: i numeri non ci sono. Non ho difficoltà a condividere quanto mi scrive Lupi dalla Toscana (“non ci sarebbe niente di strano se un editore serio, invece di pubblicare Piperno, pubblicasse storie dell’orrore”), così come ho invece difficoltà a capire perché si pubblica (e si vende) Loop. Le risposte, ahimè, sono sempre dati oggettivi e riguardano, appunto, gli esperti di marketing del mega-pesce di Horror Magazine: si pubblica ciò che si vende, chiusa lì. E allora, se Giorgio Faletti ha sdoganato lo psycho-thriller, facendo comperare un certo tipo di genere di libro a persone che neppure conoscevano i nomi di Lucarelli o di Deaver, per gli irriducibili dell’horror non c’è che una speranza: Claudio Bisio, pensaci tu, scrivi l’Io Uccido del gotico italiano!