di Mauro Trotta – da il manifesto del 14 maggio 2004

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Romanzo di «avventura globale», è forse questa la migliore definizione, coniata del resto dallo stesso autore, per cercare di inquadrare Guerra agli umani (Einaudi, pp. 318, € 14,50), esordio da solista di Wu Ming 2, uno dei fondatori dell’omonimo collettivo di scrittura, a cui si devono, tra l’altro, testi del livello di Q – con il nome di Luther Blissett – e di 54. L’assolo del senza nome n. 2 (Wu Ming in cinese mandarino significa «anonimo») in realtà sfugge a qualunque definizione precisa, sospeso com’è tra il romanzo filosofico à la Voltaire, il noir più duro, il pamphlet di denuncia e il romanzo avventuroso più sfrenato. E la narrazione – come negli altri romanzi scritti collettivamente – procede quasi per accumulo, inglobando temi, argomenti, situazioni e personaggi differenti, riuscendo, però, ad armonizzarli in un affresco davvero avvincente.

La storia prende l’avvio quando il protagonista, Marco «Walden», abbandona la città e, trasformatosi in «supereroe troglodita», va a vivere in una grotta sull’Appennino. Con sé porta non soltanto oggetti e strumenti utili alla sopravvivenza nei boschi, ma anche marijuana, libri, un portatile con una scorta di pile e un bel po’ di cd musicali. Tra gangster, combattimenti fra animali e fra uomini e animali, pseudofacoceri, lupi, bariste rabdomanti che fanno credito solo a chi legge libri, ecoterroristi, survivalisti, bracconieri e cacciatori, si assiste al susseguirsi, all’intrecciarsi e al dipanarsi di storie ed avvenimenti. Il tutto con riferimenti al fumetto, al cinema – geniale la citazione da Il fantasma della libertà di Buñuel – e alla letteratura. Quest’ultima già risuona nel nome del protagonista e nella sua scelta iniziale, scoperto omaggio innanzi tutto al Walden ovvero vita nei boschi di H. D. Thoreau, ma anche, per assonanza e non solo, al Marcovaldo di Calvino.

Lo stile riesce a rendere in maniera assolutamente efficace il succedersi di avvenimenti e situazioni, spaziando dal drammatico al comico senza alcuna forzatura e senza far mai allentare la tensione e la suspence. Nella sua varietà di toni e nella sovrabbondanza di avvenimenti e di stilemi sembra avvicinarsi alla geniale felicità inventiva di autori come l’Edgar Rice Burroughs del ciclo di John Carter di Marte o il Philip José Farmer dei cicli dei Fabbricanti di universi o di Riverworld.

Il carattere di storia collettiva, proprio del libro, fa sì che la figura di Marco «Walden» non si stagli con assoluta nettezza rispetto agli altri personaggi principali, risultando più come una specie di primus inter pares. La sua centralità, infatti, più che affermata da una sovrabbondanza degli accadimenti che lo riguardano direttamente, viene suggerita proprio dalla scrittura: solo i capitoli a lui dedicati sono scritti utilizzando la prima persona, mentre tutto il resto del libro è in terza persona.

Tra tanti spunti e suggestioni che il libro suggerisce, forse la lettura più adatta a comprenderlo è quella politica. I rapporti sociali che emergono, le scelte via via compiute dai personaggi, la loro biografia, infatti, sembrano mettere in scena alcuni delle situazioni e delle categorie fondamentali emerse all’epoca della globalizzazione postfordista. Marco, innanzi tutto, è un tipico rappresentante di quell’intellettualità di massa che si trova a vivere e a lavorare all’interno della precarizzazione più assoluta. Laureato in Scienze religiose con una tesi su Disma, il cosiddetto ladrone «buono» crocefisso insieme a Gesù, ha svolto tutta una serie di lavoretti: lavacessi al cimitero, casellante, telefonista in un call center, operatore di computer. Anche i suoi rapporti sociali sono all’insegna della precarizzazione più assoluta – gli amici gli paiono intercambiabili come i lavori che ha fatto – tanto che l’unica persona che avverte della sua scelta di andare a vivere nei boschi è la sorella. Tale scelta, infine, si caratterizza più come esodo, defezione dalla società che come gesto di lotta, tentativo di creazione di un nuovo modello di vita da contrapporre a quello dominante. Sa benissimo che lo stile di vita comune è destinato al collasso, ma sceglie di esodare semplicemente perché non ce la fa più. Gaia, poi – un incontro in qualche maniera fatale per Marco – che già nel nome ricorda la terra, si caratterizza come una che tenta di resistere. È rimasta a vivere nel piccolo paese sull’Appennino senza trasferirsi in città, come gli altri della sua famiglia. Ha resistito alle mire dei fratelli che volevano vendere la libreria fondata dal nonno e l’ha trasformata in un bar, dove, però, ci sono ancora libri e dove, soprattutto, si fa credito a chi legge. Ci sono, poi, vari immigrati extra-comunitari, figure centrali nel romanzo come nel panorama della post-modernità: da chi è costretto a lavori sottopagati e degradanti, ma che comunque mantiene tutta la propria dignità e fierezza, a chi si è perfettamente integrato alla mentalità vincente e, grazie alle proprie idee e alla propria creatività, è riuscito a diventare un boss di un certo livello e a capeggiare la malavita locale.

E quel tipo di società a cui il supereroe troglodita tenta di sfuggire – come egli stesso scoprirà ben presto – è assolutamente presente e dominante anche al di fuori della metropoli. Cantieri che devastano il territorio, un tipo di malavita che sembra incarnare le forme di capitalismo più avanzato con la propria capacità di estrarre profitto dall’entertainment e di instaurare stretti rapporti con il potere politico e con la borghesia benpensante, lo stesso irrompere della televisione ben presto incrociano il percorso di Marco, costringendolo a trasformarsi davvero, suo malgrado, in una sorta di supereroe, ad intervenire, cioè, e a ripensare il suo assunto fondamentale: «Nessun luogo vale un assedio». Anche perché se all’epoca della società disciplinare era possibile sottrarsi, andare via, oggi, nella società di controllo, non sembrano esistere più luoghi nei quali sottrarsi, appunto, al controllo.

Da notare, infine, che l’uscita del libro è stata ritardata per scelta dell’autore che ha voluto che fosse stampato con carta riciclata ecosostenibile.