di As Chianese

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“La Giustizia non è ardore giovanile e decisione energica e impetuosa: giustizia è malinconia”. (Thomas Mann da “Disordine e Dolore Precoce”)

Su quale sfondo si svolge il caso umano e giudiziario di Cesare Battisti? Quali sono le immagini che vengono sottolineate dall’insistente marcia forcaiola che lo vuole terrorista ed assassino?

E’ uno scenario di fango e sangue quello che c’è davanti a noi, quello che appare agli occhi di Cesare e dei giudici, degli spettatori paganti e dei processati. A pochi giorni dalla settimana santa di Pasqua ci ritroviamo la mente annebbiata dagli ennesimi bombardamenti mediatici: i nostri soldati in Iraq che vanno per la pace e si difendono da guerriglieri, il libro/provocazione della Fallaci, i martirii cinematografici di Cristo e quelli alla dinamite dei fondamentalisti islamici. Insomma, lo scenario è quello del più macabro teatro del Grand Guignol, e in questa valle di lacrime si colloca anche l’attesa di un uomo innocente: vittima della politica italiana della memoria e dell’indecisione dello stato francese. Sembra proprio che oramai la trafila, per questo Aprile, sia questa: pagati 7 euro per la visione del film di Gibson: “The Passion”, non ci resta altro che leggere, per la “modica” cifra di 15 euro, il libro di Oriana Fallaci: “La Forza della Ragione”, trasformandoci tutti in insofferenti, mistici, guerrafondai. Mai come quest’anno il passaporto verso la xenofobia, il biglietto per partecipare al più divertente dei giochi al massacro, è costato così poco: 22 Euro. “Avenida Revolucion” di Cesare Battisti ne costa 13,50 ed anche esso promette di farvi vivere un viaggio, promette una full immersion nell’alienazione del nostro io, negli sconvolgimenti di quella che è la nostra piccola vita schematica, insomma: un viaggio all’interno di una vita che cambia, niente via crucis e niente rancori religiosi. Ma al di la delle quantificazioni, ci resta fortemente l’amaro retrogusto nei confronti di una realtà circostante che ci allatta quotidianamente con l’odio, ci svezza a suon di realtity show e veline per poi spiattellarci la forza di una spiritualità “al sangue”: l’icona terrifica di un Cristo che muore sulla croce per vivre sa vie e l’arroganza di un libro che è esso stesso un attentato terroristico nei confronti di una inseguita, e forse mai realizzata, multietnicità. In questo panorama, con questo clima da caccia alle streghe, dati questi presupposti, tra queste circostanze, che ne sarà di Cesare Battisti? Quanto è lunga, per quest’uomo, la strada verso casa? Quanto dovrà attendere e quante porte dovrà aspettare che si aprano?

Siccome la porta che conduce alla legge è aperta, come sempre, il custode si fa da parte, l’uomo si china per dare un’occhiata, dalla porta, nell’interno. Quando se ne accorge, il guardiano si mette a ridere: ‘Se ne hai tanta voglia prova pure a entrare nonostante la mia proibizione. Bada, però: io sono potente, e sono soltanto l’infimo dei guardiani. Davanti ad ogni sala sta un guardiano, uno più potente dell’altro. Già la vista del terzo non riesco a sopportarla nemmeno io”. (Franz Kafka; “Davanti alla Legge”)

Da un po’ di tempo la marcia forcaiola si è fatta più opprimente, è diventata un leitmotiv che affascina i giovani e infervora i vecchi boia. E’ la fanfara mediatica, il suono delle trombe dei network, che ci continua a regalare una realtà che ha un solo punto di vista, orba come il Cristo flagellato di Gibson, che ci dipinge terribilmente un Italia sull’orlo del reciproco sospetto: non sono più tranquilli i nostri viaggi in metrò, ci spaventa il magrebino che vende radioline gracchianti sui nostri marciapiedi e siamo intolleranti verso il vicino che, così si racconta, ha votato per un altro partito, per outsider che mai governeranno. Spendendo 22 Euro (“The Passion” + “La Forza della Ragione”) ritroveremo la forza che ci permise nei secoli bui di vincere qualche crociata, libereremo il sepolcro di Cristo dagli infedeli ed avremmo la suggestiva carica teologica (il film di Gibson) e l’estratto della ragion pura (il libro della Fallaci) per giustificare la nostra eventuale discesa da casa, nei giorni a venire, col fucile sotto braccio pronti a far fuori chiunque non la pensi come noi o chiunque non voglia ammettere che la strada più comoda da percorrere per calpestare qualsiasi giustizia è quella dell’alibi religioso.
Quello di Cesare Battisti è un processo politico. Un processo che dovrà, però, attenersi agli umori dell’opinione pubblica e alla forza di chi ha il coraggio di manifestare il proprio dissenso, senza farsi influenzare da altre circostanze, da altre cronache. Mentre la TV ci regalala qualche altro dossier su questo mostro mediatico esule in Francia, qualcuno si inizia a chiedere quale sia la verità. Io gli consiglio di iniziare direttamente dal libro “Il Caso Battisti” delle Edizioni NdA, che serve ad annullare dentro di noi i pregiudizi tramite il mezzo più pulito che esiste: l’informazione libera dai regimi, il costruttivo dibattito culturale. E mentre siamo qui ad aspettare il verdetto dei giudici per Cesare, cerchiamo di non allinearci in fila per la nostra razione di (dis)informazione quotidiana, non facciamo l’errore di crederci giudici di diverse realtà, lontane nel tempo, che una fetta del quarto potere ci mostra come inscindibili, come una lunga storia di terrore, mischiando nel calderone fumante dell’ amnesia: la spiritualità, l’idealismo e il fondamentalismo.

A Cesare Battisti, sul suo capo, la corona di spine dei mass media italiani.