hfb.jpgL’ultima bufala ha un nome inquietante e dolce: Hunting for Bambi (il sito è irraggiungibile quattro volte su cinque. Se desiderate ragguagli, Emanuela Audisio ne ha scritto su Repubblica). Si tratterebbe di una caccia militare a semiprostitute biotte che fanno da preda nei dintorni di las Vegas, per una battuta paramilitare a pagamento. Tutto falso, nonostante il sito paraerotico a sostegno. Stefano Porro, tra i fondatori di QuintoStato, ha riassunto su La Stampa una storia alternativa: quella delle bufale di Rete. Pubblichiamo l’intervento di Porro.

INTERNET? TUTTA UNA BURLA
di Stefano Porro

stefano.jpgE chi si dimentica più della morte di Papa Woytila, della raccapricciante storia dei gatti Bonsai, o della cospirazione di Star Wars? Per non parlare del mistero dell’aereo mai caduto sul Pentagono, del terrorismo mediatico di Luther Blissett, e del trucido assassinio di Bill Gates. Tutte notizie implausibili e bufale attentamente preconfezionate, che negli anni scorsi, dopo essere apparse su Internet, sono state rilanciate su tv e giornali alla stregua di scoop esclusivi. La storia delle panzane divulgate sulla Rete è densa di aneddoti, molti dei quali hanno assunto fama planetaria.

Da quando il Web si è diffuso massicciamente, bastano un po’ di creatività e una minima competenza tecnologica per creare siti, blog o mailing list dal contenuto mistificatorio, e lo scherzo online è fatto! Un espediente pratico ed efficace per prendere in giro quante più persone possibili, mistificare la realtà o semplicemente divertirsi.
Era proprio questo l’intento dello studente del Mit che realizzò Bonsai Kitten (www.bonsaikitten.com), sito di una fantomatica azienda che vendeva piccoli gatti, ovviamente vivi, chiusi all’interno di barattoli di vetro. La professionalità con cui era stata realizzata l’interfaccia del sito, completo di foto e spiegazioni tecniche su come costruirsi in casa il proprio gatto-bonsai, rese la bufala talmente credibile da far scoppiare un vero e proprio putiferio. In Rete circolarono per mesi mailing list impazzite che chiedevano l’hackeraggio del sito o l’intervento delle autorità competenti.
In Italia, dopo l’appello televisivo della conduttrice Licia Colò, si giunse persino a un’interrogazione parlamentare. Il caso fu brillantemente risolto, pensate un po’, dall’Fbi, che scoprì che il modello Orson Welles era uno studentello universitario spaventato per il clamore che aveva provocato.
Del tutto propagandistico fu invece l’episodio dell’assassinio di Bill Gates (per riassunto alla url www.billgatesisdead.com), notizia che apparve improvissamente su una miriade di siti americani, provocando il panico nelle borse di mezzo mondo. Dopo un brutto quarto d’ora, gli analisti finanziari scoprirono che si trattava in realtà di una trovata pubblicitaria per propagandare un video comico sulla morte del boss di Microsoft. Uno scherzo virtuale aveva causato danni finanziari reali.
E che dire dello strano Luther Blissett (www.lutherblissett.net), misterioso personaggio collettivo facente capo a un gruppo di intellettuali bolognesi il cui intento dichiarato era provocare del terrorismo mediatico?
Gli esempi potrebbero continuare a lungo, dalla mistificazione della tragedia del Pentagono dove nessun aereo si sarebbe mai schiantato allo scienziato Nikolai Tesla che spiega come gli episodi di Star Wars contengano messaggi subliminali per condizionare la mente degli spettatori.
Qualche volta, poi, ci si mettono pure i giornalisti: memorabile fu il caso della notizia della morte del Papa diffusa (erroneamente, ma vallo a sapere) dal sito di Rai News 24 (www.rainews24.it).
Una notizia che in pochi minuti fu rilanciata da tutte le agenzie di stampa, costringendo il responsabile dell’errore a chiedere scusa. Un rapporto molto stretto, quello tra Web e bufale, come dimostrato anche dal recente caso di Hunting for Bambi.
Forse la Rete non fa che amplificare la tendenza dell’uomo a lasciarsi appassionare dalle storie più contorte e intriganti. In altre parole: mettete in Rete una panzana, qualcuno che ci casca lo troverete sempre.

[da La Stampa, 18.7.03]