di Jean-Pierre Fontana

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Scrittore tra i più popolari della Sf francese, Jean-Pierre Fontana (che appare in queste foto) ha anche il merito di avere fatto conoscere per primo in Francia la fantascienza italiana, con due esaustive antologie. Pubblicare questo suo ampio saggio è per noi anche un modo di rendere omaggio a una personalità colta e gentile, le cui opere di esuberante fantasia attendono da troppo tempo una traduzione nella nostra lingua. Ma torneremo presto su Fontana e sulla sua produzione letteraria. (V.E.)

Se gli Stati Uniti d’America sono generalmente considerati la patria d’elezione della fantascienza moderna, bisogna almeno riconoscere alla Francia di avere, da molto tempo, ospitato forti correnti letterarie fondate sull’immaginario, dalle Utopie fino all’Anticipazione scientifica. E dato che la parentela dei generi è evidente e che ognuno di loro si manifesta con l’invenzione di un altro mondo — spaziale o temporale — o con il tentativo di elaborazione di un futuro, la storia che noi raccontiamo incomincia appena prima del Rinascimento.

l — PRIMO PERIODO : LE UTOPIE.
Bisognerebbe probabilmente entrare in argomento con le numerose Canzoni di Gesta che solcarono il Medioevo e che costituivano in se stesse vere Utopie. Ma ricorderemo qui un solo racconto per non appesantire un panorama che — lo vedremo — non mancherà di citazioni. I Voyages de Sir John Mandeville, composti prima in francese nel 1371, possono in ogni caso costituire una seria base di partenza del nostro itinerario cronologico perché uniscono nello stesso tempo la finzione romanzesca presentata sotto un’apparenza di verità all’invenzione geografica e sociologica, argomenti che ritroveremo quasi costantemente in seguito. Probabilmente ispirata da Le livre de Marco Polo, quest’opera è il resconto stravagante di una spedizione dell’autore in Oriente, in cui sono compilate mitologie e leggende delle quali i suoi tempi non ci si privava.
Con François Rabelais (circa 1494-1553), l’Utopia e la Satira legheranno particolarmente bene e permetteranno al celebre curato di Meudon di affrontare i grandi problemi del suo tempo, di esprimere l’orrore delle superstizioni e la fede in una scienza generatrice di progresso. Egli crea con Pantagruel (1532) e fino al Cinquième livre (1564 pubblicato dopo la sua morte), tipi immortali — Panurgo, Picrocollo… — e territori d’apparenze immaginarie — isole strane, paese d’Oltre, Lanternois, Entelechia o Regno della Quinta Essenza… — ed immagina perfino la partenza (di Pantagruel) per la Luna, ciò che realizzerà con la Satire Menippée nel 1594, più un libello politico che un resoconto di viaggio straordinario, diretto contro la Lega e frutto dell’associazione di parecchi autori fra cui il canonico Pierre Le Roy che ne fu l’ispiratore.
In ogni caso il Cinquecento francese mostra una grande curiosità per altri modi di vita, lo testimonia il codice fittizio di Raoul Spifame, Signore di Granges (morto nel 1553), intitolato Dicaerchiae Henrici, regis christianissimi, Progymnasmata (1556) ma scritto in francese. e che sostiene per esempio l’abolizione del lutto, il divieto di cumulo delle cariche e l’obbligo di lavoro per gli oziosi ; lo testirnonia ancora L’idée de la République (1583) e Le moyen de parvenir (1610 di François Vatable Beroalde de Verville (1556 — dopo 1623), un calvinista pentito diventato canonico il cui modo di scrivere gustoso e volentieri goliardico, nella pura tradizione di Rabelais, descrive dei regimi politici irnmaginari.
Ma è a partire dal Seicento che l’Utopia si svilupperà veramente. Les Hermaphrodites (1605) di certo Thomas Artus (morto dopo a 1614) racconta gli usi in vigore su di un’isola galleggiante dove il vizio e l’omicidio dettano legge. Tuttavia si tratta essenzialmente di una satira della corte di Enrico III. Ma la vera Utopia non si farà aspettare molto. Opera di un anonimo appare nel 1616 con il titolo : Histoire du Grand et Admirable Royaume d’Antangil e trae ispirazione dalla Repubblica di Ginevra, con un interesse particolare per le arti marziali.
Charles Sorel, Signore di Souvigny (circa 1600-1674), storiografo di Francia, affronta il genere utopico a parecchie riprese, prima con un racconto realistico, intitolato La vraye histoire comique de Francion (1623) in cui un romanziere chiamato Hortensius evoca le città erette sui nostro satellite, attraverso la parodia, poi con Le berger extravagant (1627). Scrive diversi romanzi pastorali in gran voga dopo L’Astrée (pubblicato a partire dal 1607), in cui si incontrano uomini della pelle “trasparente come carta oleata”. Ma è nelle sue Gazette et Nouvelles ordinaires de divers pays lointains (1632) che Sorel lascerà maggiormente correre la sua immaginazione, creando una donna artificiale rnetallica che conosce tutte le lingue. Del resto riannoderà i rapporti con esseri di metallo in Recueils de pièces en prose (1644 e 1658) in cui vediamo un fabbro inventare servitori e serve meccanici. Infine, in La Maison des Jeux (1642), Sorel racconta strani viaggi in luoghi non meno straordinari; e immagina una repubblica basata sul merito, nel 1659, in La Description de l’Ile de Portraiture et de la ville des Portraits. Il suo spirito indipendente gli fece perdere la pensione di storiografo nel 1663, e a partire da questa data dovette vivere del suo mestiere di scrittore, non senza difficoltà.
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Hector Savinien Cyrano de Bergerac (1619-1655), parigino e non guascone come che lo ha abusivamènte presentato Edmond Rostand (e con lui numerosi altri scrittori popolari), scienziato e non letterato, discepolo di Molière e di Gassendi, ha concepito un’Utopia — la più interessante del secolo — in cui espone audacissime idee in materia di filosofia, fisica, astronomia : L’autre monde (circa 1647). Pubblicato in due frammenti dopo la sua morte, uno intitolato Histoire comique contenant les Etats et Empires de la Lune (1657), l’altro Fragment d’histoire comique contenant les Etats et Empires du Soleil (1662), questo racconto sviluppa la visione dell’autore sulla natura e la politica, “afferma il movimento della Terra, l’eternità e l’infinità del mondo, l’intelligenza degli animali, la potenza dell’immaginazione e la costituzione atomica dei corpi; critica le prove dell’immortalità dell’anima e della Provvidenza, combatte la creazione e i miracolï, si conclude con una specie di panteismoo naturalista e, cammin facendo… dà la formula dell’aerostato, del paracadute e del grammofono” (René Pintard). Si può affermare che L’autre monde “è stata l’opera più efficace nel seicento per la diffusione del libertinaggio filosofico”, dice ancora Georges Dupeyron (Storia letteraria di Francia, Editions Sociales, 1966) che aggiunge: “Fu senz’altro il primo dei nostri scrittori che abbia avuto fiducia nell’immaginazione e nel sogno non meno che nella ragione. Li considera strumenti di scoperta intellettuale, di progresso scientifico, di liberazione in genere”.
Ma non abbiamo ancora finito con il Seicento. Uno sconosciuto, Jacques Guttin, redige Epigone, Histoire du siècle futur (1659) e dà all’anticipazione la sua prima opera importante. Si possono ancora citare : La Terre australe connue (1676) di Gabriel de Foigny (circa 1630-1692), un prete spretato poi pentito, un’opera in cui l’autore descrive una società ideale di tipo comunista e dalla religione unica e senza dogmi ; L’Histoire des Sévarambes (pubblicato dal 1675 al 1679) di certo Denis Veiras, su abitanti ipotetici di terre australi la cui la superiorità sugli Europei proviene essenzialmente da una migliore legislazione nella quale niente è contrario al diritto naturale; infine, Les aventures de Télémaque, fils d’Ulysse (1699) di François de Salignac de La Mothe Fénelon (1651-1715), periplo immaginario verso paesi di pura invenzione coma la Bétique o il Salente, nel quale Luigi XIV, re di Francia, pensò di riscontrare una critica del suo regno, e altre trasfigurazioni narrative “delle massime atte a far regnare nella società la ragione, la giustizia, 1’umanità” (Il Larousse). Esiliato nella sua diocesi, Fénelon, arcivescovo di Cambrai, si dedicherà da allora fino alla morte a opere di carità e pubblicherà, in particolare, le Fables e i Dialogues des morts, composti per il suo allievo, il duca di Borgogna.
Osserviamo che la maggior parte delle opere utopiche che vanno moltiplicandosi in quell’epoca costituiscono una reazione alla miseria e all’ingiustizia e propongono società ugualitarie. È il caso della Histoire de Calejava, ou de l’Isle des Hommes raisonnables (1700) di Claude Gilbert (1652-1720) che inaugura in qualche modo il Settecento. Ma l’autore distruggerà le copie dell’opera alla sua pubblicazione, nel timore di persecuzioni. In compenso, Simon Tyssot de Patot (1655-1728 circa) si volge più verso l’avventura con i due volumi : La vie, les aventures de Jacques Massé (1710), che si svolgono ancora una volta nelle terre australi decisamente molto di moda, e La vie, les aventures et le voyage de Groenland du révérend Père Cordelier Pierre de Mésange (1720) in cui si parla, ci dice Pierre Versins (nella sua Enciclopedia dell’Utopia e della Fantascienza, L’Age d’Homme, 1972) di città sotterranee e di piccole creature dalla faccia umana, nude e alate come pipistrelli. “Il mito della Terra cava fu cosi inventato, per quel che riguarda la Francia”.
Fin dall’anno seguente un anonimo se ne appropriò di nuovo per redigere una Relation d’un voyage du pôle arctique au pôle antarctique par le Centre du Monde ; avec la description de ce périlleux passage et des choses merveilleuses et étonnantes qu’on a découvertes sous le pôle Antarctique. Il titolo, che basta da solo, prefïgura i romanzi della seconda metà dell’Ottocento. “Ne scaturisce”, dice ancora Pierre Versins nella rimarchevole antologia Outrepart (La Proue — la Tête de Feuilles, 1971), consacrata ai testi congetturali di prima del 1787, “un realismo che molti scrittori posteriori tenteranno di ritrovare, generalrnente invano”.
Nel 1725. Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux (1688-1763), autore drammatico, diede un’opera intitolata L’île des Esclaves in cui la situazione di questi ultimi è scambiata con quella dei loro padroni. Il celebre autore di Trame dell’Amore e del Caso tornerà a parecchie riprese al genere utopico, nel 1797 con L’Ile de la Raison ou les Petits Hommes, ispirato dal primo dei Viaggi di Gulliver di Swift, e nel 1729 con La Nouvelle Colonie ou la Ligue des Femmes, dramma recitato una volta soltanto e in cui le donne prendevano il potere, anche se per poco tempo.
Con Lamékis ou les Voyages extraordinaires d’un Egyptien dans la Terre intérieure, avec la découverte de l’île des Sylphides (1735-1737), si assiste al ritorno al tema della Terra cava, scritto questa volta da Charles de Fieux, cavaliere di Mouhy (1701-1784), promotore dei processi contro Voltaire prima di entrare al servizio — poco confessabile — del Maresciallo di Belle-Isle. Un oscuro Cavaliere di Bethune firma verso il 1750 la Relation du monde de Mercure, che avrebbe scoperto grazie all’occhiale filosofico di un saggio indù e in cui vediamo abitanti di quel mondo, provvisti d’ali e quasi immortali, organizzare matrimoni di prova e fabbricare case. con l’aiuto di stampi. È un ritorno allo spazio che confermerà nel 1752 il Micromégas di Voltaire, uno degli spiriti più lucidi e più perspicaci del suo tempo. Ricordiamo soltanto che questo racconto narra la visita di due extraterrestri nel nostro mondo.
L’anno seguente esce il Naufrage des Iles Flottantes ou Basiliade du célèbre Pilpai di Morelly, un filosofo che ha notevolrnente influenzato Babeuf. La sua opera descrive una società fondata su principi comunisti e tenta di dimostrare che il progresso tecnico e delle arti non genera per forza il progresso morale. L’autore, del resto sconosciuto, riprenderà questi argomenti nel Code de la Nature ou véritable esprit de ses lois, de tout temps négligé ou méconnu (1755), che pone il dilemma della società industriale : “Puo una civiltà tecnicamente complessa essere anche moralmente elevata, se si è avuto cura di edificarla su leggi giuste?” (Jean Servier in Histoire de l’Utopie, “Idées” N.R.F., 1967). Annunciatore delle grandi riforme della Rivoluzione, Morelly farà largamente scuola.
Charles François Thiphaigne de la Roche (1729-1774) consacrerà una buona parte della sua produzione alla congettura. Si avvicina considerevolmente alla fantascienza nella sua forma moderna, che “al riparo di una finzione, tende a insegnare le scienze” (Pierre Versins). Citiamo in particolare : Amilec ou la graine d’hommes qui sert à peupler les planètes (1754, 3′ ed.), Giphantie (1760), opera piena d’invenzioni quali la fotografia a colori e la comunicazione audiovisiva, L’Empire des Zaziris sur les Hummains ou la Zazirocratie (1761) sul tema, spesso ripreso da allora, della manipolazione degli uomini da parte di entità superiori, Histoire des Calligènes ou Mémoires de Duncan (1765), utopia comunista e maltusiana.
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Due opere, ristampate dalla Ed. France Adel nel 1977, interessano nello stesso tempo il genere utopico e la fantascienza propriamente detta. La prirna, L’an 2440, è dovuta a Louis-Sébastien Mercier (1740-1814), tragediografo e cronista che benefïciò, fino alla Rivoluzione, della protezione di Maria Antonietta, regina di Francia. In questo libro, l’autore descrive lo stato francese sotto il regno di un sovrano filosofo e sviluppa una visione idilliaca di Parigi. La seconda, La découverte australe par un homme volant, ou le Dédale français (1781), è opera di Nicolas Restif de la Bretonne (1734-1806). Figlio di contadini, diventato tipografo e scrittore, Restif de la Bretonne fu uno degli uomini più frequentati e apprezzati del suo tempo. Con questo racconto, l’autore si avventura nel campo delle ipotesi sulle origini e il divenire dell’uomo, che pensa dipendano dal progresso scientifico. Disegna a questo scopo un itinerario attraverso isole abitate da creature stupefacenti quanto gli usi che praticano. Ma bisognerebbe citare quasi tutto di questo scrittore prolifîco, in particolare Les vingt épouses des vingt associés (1781), narrazione di un’esperienza comunitaria retta da regole di uguaglianza.
Un’astronave elettrica vede la luce nel 1775 sotto la penna del chimico Louis-Guillaume de la Follie (1739-1780) : Le philosophe sans prétention. Jean-Jacques Casanova de Seingalt, autore delle Memoires scende a sua volta al centro della Terra nel suo Icosameron ou Histoire d’Edouard et d’EIisabeth qui passèrent quatre-vingt-un ans chez les Mégamicres habitants aborigènes du Protocosme dans l’intérieur de notre globe (1788), i cui eroi tentano di ricreare la civilità della superficie nelle profondità del globo. Infine, il secolo termina con la pubblicazione del Crocodile ou la Guerre du Bien et du Mal (1799) di Louis-Claude de Saint-Martin, ancora un libro zeppo d’invenzioni come le parole gelate che bisogna leggere spostandosi nello spazio.
Nel 1800 esce Olbie ou essai sur les moyens de réformer les moeurs d’une nation, di Jean-Baptiste Say (1767-1832), economista, discepolo di Adam Smith, e che ebbe a che dire con l’imperatore Napoleone I. L’anno 1805 ci porta Le dernier homme ou Omegarus et Syderia di Jean-Baptiste Cousin de Grainville (1746-1805). Questo viaggio verso il futuro, anche se non è sostenuto da concetti scientifici e mischia mitologia e allegoria all’aventura e agli sviluppi filosofici, annuncia tuttavia un importante numero di temi della fantascienza d’oggi, e occupa, a questo titolo, un ruolo cerniera. Lo storico americano della fantascienza Brian Ash, non si è del resto sbagliato e inizia giustamente la cronologia di The Visual Encyclopedia of Science-Fiction con questo testo.
Tre anni dopo, 1’utopista Charles Fourier pubblica la Théorie des Quatre Mouvements. L’opera di questo filosofo, che si estende su di una quarantina d’anni, è smaltata “di quadri in cui la finzione si introduce a titolo di esempi vivi del pensiero” (Pierre Versins). Delle scene futuriste che dipinge, quelle forse più sorprendenti, annunciate nel 1808 con il titolo di Dialogues de l’an 2200, non sono purtroppo mai state pubblicate. Nel 1833, Charles Nodier (1780-1844), uno dei grandi del Romanticismo, pubblica il dittico : Hurlubleu, Grand Manifafa d’Hurlubière, ou la Perfectibilité, Histoire progressive, sequito da Leviathan-le-Long, Archikan des Patagons de l’Ile savante, ou la Perfectibilité. Pour faire suite à Hurlubleu, histoire progressive. Si tratta di un viaggio verso l’avvenire che inizia nel 1933 (e non nel 1833 !) e termina dopo 10.000 anni grazie a un lungo sonno che prefigura l’ibernazione. Se quest’opera può essere messa sul conto delle utopie, bisogna tuttavia osservare che vediamo qui apparire la preoccupazione per l’ipotesi tecnologica, preoccupazione che andrà aumentando durante gli anni seguenti.
E mentre Edgar Poe s’appresta, oltreatlantico, a pubblicare le Avventure di Arthur Gordon Pym, un’importante ucronia, (“utopia applicata alla Storia, logicamente storia rifatta tale quale avrebbe pututo essere e non è stata”, Larousse dixit), termine inventato da Renouvier nel 1876, vede il giorno nel 1836. S’intitola Napoléon et la conquête du Monde. 1812 à 1832. Histoire de la Monarchie universelle ed è firmata Louis Geoffroy (1803-1858). In questo romanzo Napoleone I, dopa l’incendio di Mosca, continua ad avanzare invece di battere in ritirata come si sa e, dopo l’Europa, intraprende e porta a termine la conquista del mondo. Muore nel 1832 alla fine di un regno pieno dei benefici di una legislazione esemplare e dei successi della scienza.
Passiamo rapidamente su La chute d’un ange (1838) di Larnartine (1790-1869), un ampio quadro di “poesia antidiluviana primitiva, orientale e biblica” (Maurice Levaillant) e scopriamo Le voyage en Icarie (1839) di Etienne Cabet (1788-1856), una delle ultime grandi Utopie francesi, che ancora una volta sbocca nel comunisrno, e che l’autore tenterà invano di organizzare, nel Texas prima e poi nell’Illinois. Morirà a Saint Louis, disperato per il suo scacco.

Da www.noosfere.com