di Davide Candeli

sarseconomist.jpgChe cosa c’entra la Sars con lo sviluppo economico cinese? Tutto, proprio tutto. E’ necessario fare un breve, incompleto ma significativo excursus sul boom commerciale cinese. E’ ormai qualche anno che negli ambienti economici si guarda alla Cina come allo spauracchio del nuovo millennio, il gigante giallo che spezzerà gli equilibri-squilibri tra occidente e resto del mondo instauratisi dopo la fine della guerra fredda.
A testimonianza di questo ci sono dati inconfutabili che mostrano come l’economia cinese sia la prima tra quelle in rapida crescita nel mondo, seconda ai soli Stati Uniti nel ricevere investimenti esteri diretti, senza contare l’obiettivo prefissato di unificazione pacifica con Taiwan dopo essersi già ripresa Hong Kong. Racconta Lin Ling (in un articolo di qualche anno fa che potete trovare qui), il quale è Professore di Economia presso l’Università di Nankai in Cina nonché Vice Presidente dell’Associazione cinese di Economia Industriale, della diffusa convinzione che la forza economica cinese raggiungerà quella degli Stati Uniti, diventando entro il 2020 la più grande nazione sotto il profilo economico e commerciale.

Tale boom, iniziato verso la fine degli anni 70, vede proprio negli investimenti di capitali occidentali e soprattutto statunitensi, attratti dallo sterminato potenziale di questo mercato di circa 1,2 miliardi di persone, una delle spinte fondamentali verso quello che oggi s’è trasformato da El Dorado a Minaccia. Così capita sempre più spesso di sentir parlare di Contenimento dell’economia Cinese, opinioni che lo stesso Lin Ling definisce “pericolose e spiacevoli”. Perché in questa crescita smisurata, continua Ling, “per storia e cultura, la Cina non è mai stata una nazione aggressiva” e ancora “la Cina non ricerca mai l’egemonia ma si sforza di giocare un ruolo positivo negli affari internazionali”.
tibetcina.jpgPiccola parentesi: in Tibet oggi vivono 7 milioni di cinesi e 6 milioni di tibetani. Sono ormai 50 anni che prosegue questa colonizzazione del Tibet ad opera della Repubblica Popolare di Cina che sta gentilmente distruggendo un popolo ed una cultura millenaria sostenendo tranquillamente che il Tibet le appartiene da sempre, falso storico facilmente smascherabile. Evidentemente il giovane “capitalismo” cinese, o come lo si vuole chiamare, ha già imparato qualcosa dal maestro USA in termini di espansionismo economico, deve solo affinare la tecnica e chiamare queste operazioni “Liberazione” da governi nemici.
Il problema per l’Occidente è nato nel momento in cui i figli di Mao hanno cominciato ad esportare all’estero elevati volumi di prodotti a prezzi ridotti, non attuabili dai concorrenti occidentali, sfruttando un costo della manodopera interna nettamente vantaggioso. Visto lo scarso potere d’acquisto posseduto dal cinese medio, la Cina è diventata presto una terra sì d’investimento di capitali esteri, ma non di volumi di vendita eccezionali per i nostri imprenditori. S’è creato così un forte squilibrio tra esportazioni ed importazioni nel paese, che ha posto le basi per quel boom economico che vediamo oggi. Il sogno dell’Occidente di dar vita ad un mercato sterminato a suo uso e consumo è presto evaporato lasciando in piedi una creatura che oggi fa paura.
L’hai fatto ancora dottor Frankestein, l’hai fatto ancora.
sarseconomist2.jpgArriviamo quindi alla Sars, che ad oggi ha ucciso 250 cinesi infettandone circa 1500. Ricordiamo che in Cina vivono 1,2 miliardi di persone, calcolatrice alla mano i morti per Sars sono lo 0.00002% della popolazione. Com’è che da un mese a questa parte la gente ha il terrore anche solo di sedere su un autobus accanto ad un cinese che viva in Italia? Questa situazione non è sicuramente circoscritta al nostro Paese, il bombardamento mediatico che ha preso il volo appena terminato quello un po’ meno mediatico sull’Iraq sta avendo i suoi effetti devastanti sull’economia cinese. E’ soltanto l’inizio. Moltissime le aziende che hanno annullato i propri viaggi di lavoro da quelle parti, senza contare il turismo o la semplice importazione di prodotti made in Cina. Gli esperti prevedono una contrazione dell’economia cinese del 2% solo nella seconda metà del 2003 rispetto al primo semestre.
E torniamo al nostro signor Ling, che ha anche illustrato l’adeguamento della Cina alle leggi economiche mondiali, la creazione di infrastrutture prima inesistenti per permettere ulteriori investimenti dall’estero. Con l’ingresso nell’Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO) del 2001, i connazionali del professor Ling si sono adoperati per la promulgazione e l’abrogazione di leggi ed ordinamenti, per la rettifica delle leggi e degli ordinamenti esistenti non conformi alle regole del WTO e per la preparazione delle istituzioni amministrative e giudiziarie per il WTO. Davvero encomiabili questi cinesi, diciamocelo, se lo sono meritati questo boom economico. Viene quasi voglia di chiudere un occhio sul Tibet e sulle armi di distruzione di massa che, si dice, abbiano venduto al signor Saddam Hussein. Ma nel suo articolo Lin Ling ha un cruccio: la funzione dell’industria dell’informazione nel quadro dell’integrazione dell’economia cinese con quella mondiale. Infatti in Cina nel 2000 esistevano 140 milioni di telefoni (circa 1 ogni 10 abitanti) in gran parte derivanti da investimenti Motorola, 80 milioni di tv via cavo e solo 3 milioni di computer, di cui 300-400 mila posseduti da privati. Internet in Cina è una parola praticamente sconosciuta, l’inglese pure. Credo che ognuno di noi sia in grado di confrontare questi dati con quello che rappresenta oggi lo strapotere mediatico americano (dalla CNN a Hollywood), e più in generale occidentale, rispetto al resto del mondo.
L’economia cinese va troppo forte, un’epidemia poco conosciuta e ancora incurabile ha fatto 250 morti proprio in Cina: toh. Posso farlo sapere al mondo intero in un’ora, giusto il tempo di attendere il prossimo telegiornale locale. Se lo gonfio a dovere posso far nascere anche una psicosi collettiva, se poi la gente se la prende con la Cina, che in effetti ha atteso mesi prima di comunicare all’estero l’esistenza di questa epidemia anomala, francamente, ha ragione.
E questo è davvero soltanto l’inizio.

* Davide Candeli è un ricercatore economico che si occupa di Cina. Ci ha spedito questa analisi dopo che il carmillo Paolo Chiocchetti aveva pubblicato il pezzo di Yuri Castelfranchi, Un’epidemia da paura.