di Gioacchino Toni

pittura_visione_borghese_seicento_fiammingo_olandeseEugenio Riccomini, La luce segreta di Vermeer. La ragazza con l’orecchino di perla e gli altri capolavori della pittura fiamminga e olandese del secolo d’oro, Pendragon, 2014, pp. 125, € 8,90.

Nonostante l’immagine di copertina ed il titolo, il testo di Riccomini non è un saggio su La ragazza con l’orecchino di perla. Non è un testo sulla “reliquia magica”, ormai “giocondizzata” dal marketing. La trattazione, pur concedendo al dipinto la copertina e le pagine iniziali, risulta meglio identificabile dal sottotitolo interno: “La pittura e la visione borghese in Olanda e nelle Fiandre”. Perché è di questo che si occupa la pubblicazione, ed è all’interno di questo contesto che compare, brevemente, con discrezione, la giovane con la perla sul lobo.

Il testo, che riprende una conferenza tenuta dall’autore nel 1997 presso il Palazzo dei Congressi di Bologna, con una narrazione fluida, chiara e serrata, mette a confronto la produzione pittorica olandese e fiamminga a partire dalle differenze materiali e culturali dei due paesi. Due diverse modalità pittoriche per due diverse strutture economiche, sociali e culturali. La società olandese secentesca non ha un’aristocrazia paragonabile a quella italiana, spagnola o francese, non è caratterizzata dal latifondo, né ha una presenza invadente della Chiesa. Si tratta di una società ancora legata a valori medievali che non ha conosciuto ammodernamenti di stampo razionalistico, resta sostanzialmente fondata sull’autonomia delle sue corporazioni delle arti e dei mestieri, delle gilde.

pieter_janssens_elingaLa cultura olandese vede nel guadagno la verifica di valore dell’individuo e la ricchezza deriva dalla fortuna dei commerci, dai rischiosi lunghi viaggi in mare aperto, è inevitabile che l’abitazione venga vista come rifugio a cui far ritorno. La dimora non è luogo di ostentazione e di cerimonie, come invece avviene per i nobili italiani o francesi, è piuttosto il luogo della vita privata, della famiglia. Risultano numerosi i dipinti che mostrano l’ambiente domestico abitato da una figura femminile nei pressi di una grande carta geografica; non è difficile cogliere l’allusione al legame mantenuto tra la donna, che abita le mure domestiche, ed il marito in giro per il mondo per affari. La società Fiamminga presenta invece caratteristiche differenti; il suo benessere è di derivazione terriera e manifatturiera, è cattolica, suddita della monarchia spagnola. Con tali premesse, risulta chiaro che le produzioni artistiche olandesi e fiamminghe non possono che essere diverse, dovendo dare immagine a materialità e culture differenti; all’intimità ed alla riservatezza degli uni fanno da contraltare l’ostentazione e l’esuberanza degli altri. Attorno a questa differenza ruota la trattazione ed i due mondi possono essere confrontati a partire dal diverso modo in cui questi vengono tradotti in immagini nelle tele dell’olandese Rembrandt van Rijn e del fiammingo Peter Paul Rubens.

Rubens_Deposizione_partAd una pittura dell’olandese per certi versi “in punta di piedi”, silenziosa, intima, quasi riservata, tanto da sembrare, in alcune circostanze, privata, si contrappone la “pittura amplificata” del fiammingo, pittura straripante, fragorosa, che celebra ed ostenta la carne viva, non di rado gaudente.
Nell’argomentare tali differenze il testo propone diversi confronti, tra questi la celebre Deposizione (1611-14) di Rubens, realizzata per la Cattedrale di Anversa, e quella di Rembrandt del 1633, o, ancora, la Sacra Famiglia rembrandtiana del 1630, ora alla Alte Pinakothek di Monaco, e la coeva versione rubensiana dello stesso soggetto, con l’aggiunta di Sant’Anna, conservata al Museo del Prado di Madrid. Se nell’olandese la Sacra Famiglia è “abbassata” ad immagine familiare, casalinga, nel fiammingo prevale un tono trionfale, vibrante. Rembrandt è pittore di luce, al punto da renderla protagonista in tante sue opere, mentre Rubens celebra la propria capacità di comporre. The descent from the cross, by RembrandtStilisticamente, Riccomini contrappone il corrodersi delle cose, lo sgranarsi della materia e della luce, in opere come Ecce Homo, del 1634, ora alla National Gallery di Londra, dell’olandese, alla vitalità turgida, esuberante e compiaciuta del fiammingo, come ad esempio nel Cristo in croce tra i due ladroni, del 1619-1620, ora conservato presso il Koninklijk Museum Voor Schone Kunsten di Anversa.

Dopo aver concesso alcune pagine d’apertura a quella che davvero ormai è diventata la “Gioconda del Nord”, indubbiamente anche grazie ai successi del romanzo di Tracy Chevalier e della pellicola di Peter Webber, a cui deve essere aggiunta, per l’Italia, l’esposizione-evento Bolognese, con annessa invadente  operazione di marketing, il testo dedica la sua parte finale al suo autore, Johannes Vermeer. Viene ricostruito il contesto artistico in cui si muove il pittore di Delft, sottolineando il diffondersi, tra gli artisti, delle apparecchiature ottiche (camere oscure, lenti, schermi quadrettati). Tra i pittori che fanno ricorso a tali mezzi, viene ricordato Carel Fabritus, allievo di Rembrandt, autore di opere in cui si amalgamano distorsione ottica e precisione di ciò che viene mostrato, oppure Pieter Saenredam, di cui il testo riporta lo straniante, quanto affascinante, Cappella di Sant’Antonio nella Chiesa di San Giovanni a Utrecht, del 1645, conservato presso il Central Museuum di Utrecht. Opera talmente particolare da far scrivere a Riccomini che è contraddistinta da “esattezze e le distorsioni tipiche di chi usa il cannocchiale e di precisione geometrica che è insieme capolavoro di prospettiva e di ottica e una nudità di concezione che fa pensare che anche Mondrian sarà Olandese e calvinista severissimo”.

Vermeer_GeographerUn ruolo importante nella formazione del giovane Vermeer spetta sicuramente a Emanuel de Witte, giunto a Delft nel 1641, soprattutto per quanto riguarda le opere d’interno.
Il testo, in conclusione, sottolinea come le scene d’interno dipinte da Vermeer risultino caratterizzate dalla concretezza dello spazio, dalla misurabilità ma, oltre a studiare “ogni posa dentro l’obiettivo della camera ottica”, suggerisce Riccomini, il pittore di Delft, si rifà anche “all’obiettivo della propria mente”.

L’arte olandese del Seicento ha saputo mirabilmente legare, attraverso le immagini, mondi lontani, quotidianità ed interiorità, attraverso una pittura fatta di luce e silenzio, per certi versi all’opposto della coeva proposta fiamminga sicuramente d’intonazione più fragorosa.

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Opere (dall’alto al basso):

Pieter Janssens Elinga, Interno con gentiluomo (o pittore), donna che legge e domestica (1668 ca.), 83.7×100 cm, olio su tela, Städelsches Kunstinstitut und Stadtische Galerie di Francoforte sul Meno

– Peter Paul Rubens, Deposizione di Cristo dalla croce (1611-1614), Particolare – Pannello centrale del trittico, olio su tavola, Onze-Lieve-Vrouwekathedraal di Anversa.

– Rembrandt van Rij, Deposizione di Cristo (1633), Particolare, olio su tavola, Alte Pinakothek di Monaco di Baviera

– Johannes Vermeer, Geografo (1668-1669), olio su tela, 52×45,5 cm, Städelsches Kunstinstitut und Stadtische Galerie di Francoforte sul Meno