di Sandro Moiso

“Tutta l’Europa sta esplodendo,
dalla Valle a Barcellona,
le periferie insorgeranno,
e il G-qualcosa andrà in cantina…”

(New Eve of Destruction)

Questo è un intervento che non avrei voluto scrivere.
Non avrei voluto scrivere della fumosità e dell’inutilità dei discorsi dei ministri della disoccupazione riuniti al G7 di Venaria.
Non avrei voluto scrivere dell’insipienza delle loro trovate propagandistiche e del vuoto di slogan quali: “Industria, Scienza e Lavoro”.

Non avrei voluto scrivere delle inutili spese affrontate per ospitare i rappresentanti dell’Occidente della disoccupazione, delle ineguaglianze sociali, dell’ingiustizia e della corruttela politica dominante.
Non dello schieramento assurdo di forze del disordine a protezione di un fortino alberghiero posto esattamente al centro di Torino.

E nemmeno del disagio creato ad una città intera “per motivi di sicurezza” con traffico, trasporti pubblici e addirittura spostamenti pedonali o in bici bloccati per difendere il perimetro.
Un linguaggio da film di guerra di serie B, degno di essere trasmesso insieme a “Sharknado” oppure “Big Ass Spider” ma ancor meno dignitoso, utilizzato per giustificare una spesa milionaria nel cuore di una delle città italiane a più alto tasso di povertà.

Uno spettacolo miserabile eguagliato soltanto dai rappresentanti di una sinistra politica e sindacale morta e defunta che, durante la settimana, si sono riuniti ai Murazzi per una fuorviante iniziativa anti-G7: Proxima. Fuorviante, poiché tutta interna alle logiche che sottostanno alle miserie dei vari G+n: quelle del produttivismo e del lavoro salariato e sfruttato. Oltretutto appropriandosi inopinatamente del diritto di rappresentare il 99% (come recitava il manifesto in rosso e nero della manifestazione promossa da Sinistra Italiana).

L’ennesimo fallimentare tentativo di chi vuole anteporre la propria inidonea personalità alle proteste di chi scende in piazza e magari paga per le proprie scelte: Susanna Camusso, Sergio Cofferati, Maurizio Landini, Pippo Civati, Stefano Fassina, Gianīs Varoufakīs…solo per dire di alcuni partecipanti. Quasi che all’inizio di tutto il cammino nell’Europa dell’euro e della finanza non ci siano state le scelte operate, a favore dei sacrifici e dell’austerità, proprio dalle forze che i personaggi appena citati hanno diversamente rappresentato (o interpretato).

Ma, intanto, per qualcuno i pranzi di gala nelle regge oppure anche soltanto i manifesti colorati sui muri cittadini, mentre per altri lacrimogeni e manganellate. Per alcuni alberghi di lusso e visibilità pubblica, per altri fermi, arresti e celle del carcere delle Vallette.
Ma non avrei davvero voluto scrivere di tutto questo, anche per non dare ulteriore visibilità a strutture inutili, farlocche e condannate dalla Storia e dall’evolvere degli eventi, che dovremmo imparare ad ignorare e abbandonare al proprio ridicolo destino.

Sono stato costretto a scrivere, però e soprattutto, da una scoperta sensazionale nel campo dell’economia e della società. L’intuizione geniale di un alto dirigente dello stato, un questore, che l’avrebbe proclamata nel congratularsi con gli agenti per il lavoro svolto: la scoperta di quella che è la vera risorsa della Nazione!
I giovani? No.
Il lavoro? No.
La terra? No.
L’intelligenza? No.
La conoscenza? No.

La vera risorsa del Paese sarebbe costituita proprio dagli agenti di polizia. Soprattutto da quelli che manganellando come fabbri contribuiscono all’aumento del Prodotto Nazionale Lordo di sangue.1
Una follia? Una barzelletta? Un delirio? Un errore di comunicazione? Un disturbo sulle linee delle radio della Polizia? Ancora una volta NO.

E pare che questa bella trovata economica sia destinata ad essere pienamente condivisa in questa Europa che sta andando a pezzi e si comporta davvero come un gigante dai piedi di argilla.
A partire dal primo ministro Rajoy-gan, che ha spinto immediatamente la Guardia Civil a dare di più, di più, molto di più. Come i catalani hanno imparato a loro spese.
Perché nell’Europa che si vorrebbe patria della democrazia a regnare è il manganello, mentre il diritto dei popoli ad esprimere le proprie ragioni e la propria volontà sembra destinato ad essere definitivamente soppresso.

Questo articolo, però, è stato anche scritto per Andrea Bonadonna, militante No Tav e animatore di bellissime iniziative culturali e musicali (che si spera abbia potuto lasciare il carcere in queste ultime ore, anche se pur ancora sottoposto ad un provvedimento di obbligo di dimora), e per tutti coloro che sono stati malmenati, fermati, feriti e arrestati in questi giorni, da Torino alla Catalogna.

Per dir loro che non sono soli.
Per affermare che anche tutti noi ci riterremo offesi e prigionieri finché esisteranno carceri e provvedimenti destinati a limitare la libertà di espressione e di movimento di chi lotta. Che saremo tutti schiavi finché esisterà un padrone, un banchiere oppure un ministro desideroso soltanto di usare il pugno di ferro.
Che saremo tutti senza diritti fino a quando i diritti non saranno frutto dell’espressione della volontà popolare.

Ma è stato scritto anche per dire che, se siamo partiti insieme, insieme torneremo ad essere liberi: dall’oppressione, dal lavoro salariato e dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’ambiente.
Così è stato scritto anche per le due giovanissime manifestanti che, pur con gli occhi gonfi per i lacrimogeni, mi hanno dato un po’ della loro acqua mescolata a Maalox per lenire gli effetti del gas (probabilmente) al peperoncino.
E per tutti gli altri, giovanissimi o meno, che hanno partecipato alle manifestazioni di giovedì, venerdì e sabato.
E ancora, in particolare, per il Nucleo Pintoni Attivi No Tav.
Perché a seppellire definitivamente i nostri avversari sarà una risata.
Fragorosa, liberatoria e grande come il mondo.


  1. cfr. Jacopo Ricca, Per gli scontri e i tafferugli durante il G7 finisce in manette leader di Askatasuna, Repubblica.it, 30/09/2017  

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