di Mauro Baldrati

notavRick e Max erano appoggiati con la schiena al muro del bar nell’area di servizio, lontano dalla porta, per non dare nell’occhio. Avevano scavalcato la recinzione, dalla campagna, ed ora cercavano di individuare un camionista straniero dalla faccia simpatica che avrebbe potuto dare loro un passaggio fino alla frontiera con la Slovenia. Avevano amici a Ljubljana, che li avrebbero nascosti e protetti per qualche tempo. Dalla polizia, ma soprattutto dai militanti del Partito Democratico, che aveva ramificazioni in tutta Europa, ma scarse in Slovenia.
Cercavano di reprimere il senso di prurito che li costringeva a grattarsi la faccia, con la barba di tre settimane. Avevano deciso di lasciarla crescere, insieme ai capelli, per essere meno riconoscibili. Il motivo era duplice, ovviamente: erano rimasti nascosti in un casa colonica semidiroccata, nutrendosi di ortaggi rubati nella campagna, qualche gallina razziata nei pollai chiusi per la notte, e non avevano rasoi, né schiuma da barba. Intanto la televisione e i principali quotidiani diffondevano le foto dei due “pericolosi terroristi” evasi dal carcere e ricercati in tutto il paese.

L’evasione era riuscita per un miracolo. Max non trovava un’altra spiegazione. I detenuti politici, gli unici che restavano in galera senza usufruire degli sconti che permettevano ad assassini, stupratori, corruttori e corrotti di uscire al massimo dopo due o tre anni, erano particolarmente sorvegliati. Oltre che oggetto di ogni genere di angheria, violenza e furti da parte dei secondini per il semplice fatto che non godevano di protezioni. Anzi, erano prede succulente da offrire in pasto alla vorace emotività del popolo drogato dalla televisione.
Mentre erano seduti nel cortile del carcere, sulla panchina posta di fianco al cancello, Rick aveva notato che un secondino era uscito senza chiudere la porta di plexiglas antisfondamento. La serratura elettronica non era scattata. Ormai conoscevano ogni vibrazione di quel meccanismo, dopo tre anni di detenzione. Si erano guardati sbalorditi. Dunque era rimasta aperta. Possibile? Perché non tentare? Cos’avevano da perdere? Mancavano ancora 27 anni. E li avrebbero scontati tutti, fino all’ultimo minuto. Se fossero stati in grado di resistere ovviamente. Il che non era per nulla detto. Solo un mese prima Rick era stato pestato dai secondini con la collaborazione dei detenuti mafiosi perché aveva protestato col direttore per l’ennesimo furto di un pacco di cibo e di soldi mandato da sua madre. Il risultato era stato un ricovero di due settimane in infermeria e gli sghignazzi dei secondini col dito medio alzato che ovviamente non avevano subito alcun provvedimento disciplinare.

La loro condanna era stata pesantissima, e aveva inaugurato il pugno di ferro contro il movimento NO TAV. Loro due erano le cavie perfette. Militanti già fermati e schedati, dopo l’ennesima manifestazione repressa dalla Celere in assetto di guerra, alcuni si erano staccati dal corteo e avevano lanciato bottiglie molotov contro il parco macchine. Una molotov era caduto su un compressore, un macchinario di piccole dimensioni che serviva per azionare i martelli pneumatici. Dal nulla erano spuntati quattro poliziotti che li avevano atterrati, massacrati con pugni, calci e manganellate e sbattuti sul furgone cellulare. Il processo era stato per direttissima, con grande risalto dei media e una condanna a 30 anni per terrorismo. C’erano le leggi speciali per questo, da applicare con assoluta discrezionalità. Bastava un testimone, uno solo, ed era finita.

Fatto sta che quel giorno erano usciti da quella porta. Così, semplicemente. Avevano trovato anche le altre porte aperte, perché alcuni secondini chiacchieravano tra loro e non li avevano notati. Incredibile ma vero, erano passati tra i secondini camminando lentamente, rilassati, senza che nessuno li fermasse. Talvolta l’impossibile diventava possibile, su questo Rick aveva una teoria. Erano eventi che si realizzavano raramente, una o due volte in un secolo, per una straordinaria coincidenza dei diversi piani spazio-tempo che collimavano perfettamente. Max non capiva, erano le idee new-age di Rick, roba inutile. Però il miracolo era avvenuto. Ed erano ancora liberi, con qualche speranza di farla franca, se fossero riusciti a trovare un passaggio verso la Slovenia.
Sempre che potessero sfuggire alla caccia, coi militanti del Partito Democratico che avevano ricevuto un go-on non ufficiale da parte delle forze dell’ordine. La priorità era catturarli, ad ogni costo, per mostrarli in televisione, e così tranquillizzare l’opinione pubblica teledipendente. Dunque perché non usare l’organizzazione capillare del Partito Democratico? Era una gigantesca rete di informatori.

superbone“Merda, non si vede un camionista neanche a pagarlo” disse Rick. Era nervoso, era sempre nervoso. Viveva il carcere come un incubo senza fine e senza speranza, nonostante la sua new-age. Max cercava di tranquillizzarlo, perché nella loro situazione era fondamentale il sangue freddo. Di fatto alcuni camion con targhe straniere erano guidati da autisti dalle inconfondibili facce italiane. I soliti sistemi per evadere le tasse. Aziende di trasporti delocalizzate in paradisi fiscali, dove la gente moriva di fame e le aziende rastrellavano miliardi. Era il destino dell’Italia del resto. Bastava lasciare lavorare il nuovo governo liberista guidato da “Superbone” (la definizione derivava da un antico fumetto) sotto la tutela degli uomini dell’ex Cavalier Burlesquetti, che, dopo avere privatizzato anche la luce del sole, aveva già creato milioni di poveri assoluti, accanto a ricconi che ogni giorno cantavano le lodi del regime sugli schermi della televisione amica.
“Ci vuole un po’ di pazienza” disse Max, “e poi dobbiamo essere sicuri. Nessuno deve riconoscerci. Meglio i rumeni, i cecoslovacchi, i turchi, degli europei. Se ce la vediamo brutta continueremo a piedi. In una settimana, camminando di notte, possiamo farcela.”
“Cazzo, ma ti rendi conto? Basta uno stradino del partito che ci riconosce e siamo finiti.”
“Macché. Gli stradini non esistono” ribatté Max. “Nessuno fa più manutenzione alle strade, tantomeno di notte, dopo l’eliminazione delle province.”
“Sarà. La fai facile tu. E se ci riconosce un contadino? O un ciclista?”
“Rick, pensa ai tuoi piani spazio-temporali e taci. Non abbiamo nulla da perdere. Dobbiamo giocarci il tutto per tutto, agendo con calma e con prudenza. Il nervosismo e la paura giocano contro di noi.”
“Sì, sì, però lo sai che…”
Si interruppe per fissare un camionista alto e massiccio che attraversava il piazzale accendendosi una sigaretta. Non era italiano, i capelli, i lineamenti squadrati, quel nonsoché che ogni italiano riconosceva nei suoi simili era assente. Tedesco forse, vista la pancia da bevitore di birra. Ma poteva anche essere dell’Est. I camionisti in fondo si assomigliavano tutti.
“Proviamo?” disse Rick, muovendo un passo. Ma fu fermato da Max.
“No, Sono in due, guarda. E’ troppo rischioso.”
Accanto al camion, un gigantesco autoarticolato con una targa che da lontano sembrava olandese, c’era un altro uomo che lo aspettava. Salirono insieme nell’abitacolo e dopo una lentissima manovra l’automezzo partì.
“Porca vacca di una sventronata impestata!” esclamò Rick. “E mi sta pure venendo fame. Quanto è rimasto?”
Max aprì il portafogli con la chiusura lampo che avevano sottratto da una casa dove erano riusciti a entrare senza scassinare la porta.
“Circa diciotto euro.”
“Una miseria, ma possiamo prenderci due pizze.”
Pizze da asporto. Era l’unico cibo che potevano permettersi. Le prendevano dai pachistani e le mangiavano imboscati.
Si mossero verso una panchina circondata da mucchi rifiuti. Un posto poco adeguato. Sembravano barboni, e i barboni davano nell’occhio, perché potevano essere dei topi d’auto. Ma avevano bisogno si sedersi. Erano stanchi, disidratati, malnutriti. Rimasero in silenzio per molti minuti, immersi nei propri pensieri, nelle proprie ansie per la tenebra che avevano di fronte.
“Dico” esordì di nuovo Rick, seguito da un sospiro di Max. Conosceva quel tono. Grondava nevrosi, aggressività, ansia. “Ma lo sai cosa fanno i renziani quando catturano un oppositore ricercato?”
“Bah. Immagino che lo riempiano di botte.”
“Peggio, molto peggio. Stupro di gruppo. Capisci? Io non intendo farmi inculare da quelli là. Piuttosto mi ammazzo.”
“Ma dai Rick. Sarà lo salita leggenda metropolitana. Cosa vuoi che gliene freghi di sodomizzare dei disgraziati luridi, magri e terrorizzati?”
“Invece è vero ti dico. Ho informazioni sicure. Quando li catturano arriva quel parlamentare, quello che sembra il sosia di Riccardo Schicchi, che pretende lo ius primae noctis e se li fa per primo. Come si chiama pure?”
“Cazzo ne so di come si chiamano quelli. Ma perché lo farebbero?”
“E’ come un marchio a fuoco. I catturati devono stare bassi, umiliati e inculati. Ordine di Superbone in persona. E ovviamente gli sbirri sono d’accordo.”
“Non ho dubbi. Anche ammesso che sia vero…”
“Ma è vero ti dico! Negarlo non ti servirà! Se ti catturano i renziani ti fanno il culo, questo è un fatto.”
Max fissò una lattina schiacciata coperta di polvere che aveva tra i piedi.
“Va bene. E questo non è un motivo valido per tornare in campagna e camminare fino alle montagne, per trovare un varco?”
Rick sembrò afflosciarsi, rimpicciolire, come se implodesse nel suo corpo disidratato e secco, avvizzito.
“Il fatto è… che non ce la faccio più. Sono esausto. Anche moralmente. Voglio tornare a casa. Da mia mamma.”
“Moralmente?” ribatté Max, sforzandosi di esprimere quella sicurezza di cui in realtà non disponeva. “Se torni da tua madre la metterai nei guai. Guai seri. Sai che non scherzano. E poi quale sarebbe il risultato? Il carcere sicuro. Per l’eternità. Devi farti forza.”
Rick cercò di respirare, di stirarsi. Ricominciò a fissare il piazzale.
“Hai ragione. Ce la farò. Penso a tutti quei compagni che marciscono in galera… sì, ce la faremo. Intanto, come ti pare quello?”
Un autista controllava i tiranti del telone di un vecchio camion con una targa irriconoscibile, sembrava vagamente polacca. L’uomo era anziano, scarmigliato, deformato da anni di immobilità sul sedile di guida, senza dormire.
Max non rispose subito. Doveva riflettere, ponderare. Era suo, e solo suo il ruolo del tipo equilibrato, anche se non si sentiva tale. Poteva andare bene. O male. Potevano tentare. Tanto, in fondo, non vedeva grosse opportunità davanti a loro. Troppe incognite. Troppi pericoli. C’era la tenebra. E per il momento non si vedeva la luce. Nessuna luce. Eppure non era una buona ragione per lasciarsi prendere dal panico, come faceva Rick, il new-age da strapazzo. Se volevano la luce quella tenebra andava penetrata, fino in fondo.
E chissà, uno di quegli incontri dei piani spazio-temporale, o quello che diavolo era, si sarebbe verificato di nuovo.
Forse bastava solo crederci.

[Le vicende qui narrate sono finzioni letterarie. In esse compaiono nomi e circostanze reali in qualità di pure occasioni narrative. I nomi di personaggi e di enti del mondo della politica vengono usati soltanto ai fini di denotare figure, immagini e sostanze dei sogni collettivi che sono stati formulati intorno ad essi, e si riferiscono quindi a un ambito mitologico che non ha nulla a che vedere con informazioni o opinioni circa la verità storica effettiva degli avvenimenti o delle persone su cui questo racconto elabora una pura fantasia]

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