di Marilù Oliva

Barbacetto1.jpgBarbacetto2.jpgÉ appena stato ristampato per la BUR “Il Grande Vecchio”. In questo libro vengono ricostruiti, attraverso le testimonianze dirette di magistrati, i tasselli fondamentali della strategia della tensione. É cambiato qualcosa rispetto all’edizione precedente?

É cambiato moltissimo. Innanzitutto il libro è stato riscritto perché sono passati quindici anni dalla prima edizione e sono cambiate diverse cose. La strategia della tensione, ovvero la stagione della storia italiana in cui forze sotterranee e occulte si sono incrociate o scontrate con forze politiche ed economiche, si è in parte complicata. Si sono susseguiti nuovi processi, nuove indagini, nuove sentenze, soprattutto per quanto riguarda la strage di piazza Fontana ma anche la strage della questura di Milano e quella di Brescia.

Oggi sappiamo molto di più in merito a quegli avvenimenti, anche se le sentenze non mettono dei punti definitivi e le verità processuali non si sono sovrapposte alle verità fattuali. In alcuni casi non sono stati fatti passi avanti, nel caso ad esempio della strage di piazza Fontana mancano ad oggi condanne e spiegazioni sensate. Non conosciamo i nomi dei colpevoli ma abbiamo individuato nella strategia della tensione un apparato intercambiabile di uomini — spesso assoldati nello stato — al servizio di un’idea precisa: la conservazione del potere rispetto a qualsiasi forma di cambiamento, cambiamento che in quel preciso periodo storico — dalla fine degli anni ’60 fino agli anni ’80 — veniva identificato nello spauracchio del comunismo.

Per chi non la conoscesse, ci rievochi l’immagine del Grande Vecchio?.

É una rappresentazione citata spesso nella storia italiana sia dalla destra che dalla sinistra. É la risposta semplice a una domanda complessa. Il Grande Vecchio altro non è che un sistema di poteri occulti che guidavano le fila degli avvenimenti. Nel quadro della guerra fredda e della sovranità limitata dell’Italia, alla legalità ufficiale si è sostituita una “legalità” sotterranea con regole inconfessabili che, al di là degli obiettivi iniziali, è cresciuta a dismisura: l’eversione di Stato ha nutrito la corruzione politica e si è saldata con la criminalità organizzata. Il Grande Vecchio, come dice il nome, è grande, quindi non decifrabile. Ed è vecchio, ovvero sedimentato in maniera pervasiva. Non si riduce a un’unica persona ma è un sistema di poteri che ha fatto dell’illegalità la regola. Proprio come contraltare all’idea dilagante di illegalità, nel mio libro ho scelto di far parlare i magistrati che hanno indagato sui grandi misteri italiani e di far raccontare loro la storia segreta del nostro paese.

Secondo te c’è un filo tra l’eversione nera degli anni ’70 in Italia e la situazione attuale?

Sì, alla fine del libro mi pongo questa domanda: com’è stato possibile ciò? Una spiegazione la dà il clima di guerra internazionale che aleggiava in quegli anni: l’occidente si sentiva legittimato a qualsiasi cosa pur di sconfiggere il comunismo. La legalità è stata sospesa, chi stava al potere poteva fare qualunque cosa e questo atteggiamento di totale licenza è rimasto in Italia oggi, al di là degli obiettivi iniziali, anche per ossequiare gli interessi più biechi e meschini. Da stragiopoli siamo passati a tangentopoli e infine a mafiopoli. La classe politica si è sentita legittimata anche a stringere accordi con organizzazioni mafiose e sistemi criminali. Il risultato è che la corruzione politica e la mafia si saldano tra loro e la legalità è svalutata da chi comanda, situazione, questa, che non esiste in nessun paese democratico al mondo.

Se incontrassi uno straniero completamente disinformato sulla situazione del nostro paese e ti chiedesse: Com’è il clima in Italia?, cosa risponderesti?

Gli risponderei che oggi l’Italia è un paese diviso in tre parti: una ha capito che Berlusconi è un pericolo per la vita civile e la democrazia.
C’è un’altra parte che ammira e ama Berlusconi per i motivi più vari, in primis perché lui è il prototipo dell’italiano, visto dal lato peggiore.
L’ultima parte si disinteressa ed è poco al corrente dei fatti — o li ignora — per colpa di un’informazione che viene meno al suo dovere. Quest’ultima fetta di popolazione si occupa d’altro e di solito predilige andare con chi vince o con chi offre un sogno o un’illusione.

E se lo stesso straniero ti chiedesse: Perché è stato votato?

Gli italiani l’hanno votato, è vero, si tratta di quei due terzi di cui parlavamo sopra. Ma è degno di nota che alle ultime europee l’abbiano votato meno persone rispetto alle elezioni precedenti. Oggi è innegabile una crisi del berlusconismo e di Berlusconi. Non mi riferisco a una crisi di governo e del centrodestra, intendo proprio una crisi personale del presidente del consiglio. Molti hanno capito che è coinvolto in storie personali poco raccomandabili. Resta comunque lo zoccolo duro di elettori, ovvero una parte importante del paese che lo vede simile a sé, un’Italia fatta di evasori fiscali, di furbetti del quartierino, di interessi gretti e personali, di scalate e baratti facili. I tempi sono cambiati: una volta in politica si tentava di far vincere il migliore e lo si misurava in caratura morale e stile di vita, oggi invece abbiamo il rappresentante italiano più in negativo.

Nel tuo blog stai rilevando quanto il premier dia segni di cedimento in merito a pazienza. In che senso la sua pazienza è lacunosa?

Lui ha capito che è stata registrata un’incrinatura del suo consenso e quindi s’è aperta la battaglia finale. É consapevole del fatto che non avrà un appello. Se perde stavolta, perde per sempre. Lui sa che questa è la partita finale e ha bisogno dei feltri, dei minzolini, dei vespa. Per restare in onda deve esserci ogni giorno uno scontro nuovo. Senza scontro lui muore, si paleserebbe il vuoto, nella polemica lui ha le sue chances, ha bisogno di un nemico per dire: Vedete? Lo batteremo! La guerra contro una fantomatica dissidenza pericolosa è il suo scudo, serve a nascondere la sua nullità politica.

La questione del “sultanato di Papi”, con harem di carne fresca e annessi, credi inciderà sulle prossime scelte di quello che è stato il suo elettorato?

Credo di sì perché una parte dei cattolici hanno capito che è politicamente disdicevole che un uomo di stato si occupi dei suoi affari anziché degli affari di tutti. Un’altra parte lo apprezza e s’immagina una dolcevita fatta di soldi, sesso, guadagni facili, non importa se ottenuti disonestamente. Lui ha sdoganato il vizio dell’andare a prostitute, ad esempio e c’è chi pensa che questo stile di vita sia non solo auspicabile, ma anche meritevole. Chi lo ha sempre fatto di nascosto e magari vergognandosi, adesso probabilmente si sentirà legittimato.

Passiamo all’argomento intercettazioni: vietandone o limitandone il ricorso, si può dire che — involontariamente o volontariamente — si favorisca una “copertura” della parte illegale del sistema?

Assolutamente sì.

Senza le intercettazioni i cittadini italiani non avrebbero saputo nulla di malversazioni, di illegalità, di ruberie varie di cui tu hai parlato in “Se telefonando” (Melampo 2009). Nello specifico, ci fai qualche esempio di cosa non avrebbero scoperto?

Fazio sarebbe forse ancora governatore della Banca d’Italia, Pollari direttore del Sismi, Moggi sarebbe ancora impegnato a stabilire griglie arbitrali per vittorie e sconfitte dei campionati calcistici, Fiorani avrebbe espugnato la Banca Antonveneta, Ricucci sarebbe un importante azionista del Corriere e Gianni Consorte della Bnl. E mentre Vanna Marchi sarebbe ancora intenta a smerciare i suoi intrugli e ad estorcere soldi a clienti creduloni, Fabrizio Corona sarebbe indaffarato a ricattare le sue vittime. E nella clinica Santa Rita di Milano, i dirigenti continuerebbero a stabilire cure e interventi chirurgici non tanto sulla base della salute del paziente, quanto su quella dei guadagni di medici e proprietario. Ora non si potranno più fare intercettazioni perché, per procedere, saranno necessari evidenti indizi di colpevolezza, un assunto che denuncia da sè la propria assurdità: le intercettazioni dovrebbero costituire le prove! Naturalmente molti reati non saranno più scoperti e i responsabili dormiranno sonni tranquilli sapendo di aver garantita l’impunità. Infine le intercettazioni non saranno più raccontabili e questa è una gravissima limitazione alla libertà di espressione.

É possibile che il nostro sistema politico subisca un’evoluzione in senso etico?

Io credo che questo sistema politico non sia riformabile. Manca un basamento pulito, manca cioè un presupposto imprescindibile. Perché venga ripristinata la moralità deve cadere un regime trasversale in cui esistono responsabilità ma non sono distribuite equamente: ci sono grandi responsabilità accanto a leggerezze, accanto a ottimismi illusori. Nonostante nel PDL ci siano alcune persone perbene è prevalsa una solidarietà di ceto. L’unica speranza è quindi il ricambio: dobbiamo aspettare la prossima generazione di politici e probabilmente anche di nuovi partiti. La politica è una cosa troppo importante per poterla far fare solo ai politici e il merito dell’informazione è rendere un apporto critico.