di Al Goldstein

IGoldstein.jpg[Al Goldstein è stato per trent’anni una voce importante della cultura underground statunitense. Ha creato e diretto il settimanale pornografico Screw, uscito dal 1968 al 2003 (esce ancora, ma con altra proprietà). Sulle pagine della rivista, formato tabloid e molto più volgare delle concorrenti patinate, da Playboy a Hustler a Penthouse, ha attaccato quasi ogni valore della società americana: il capitalismo (in nome dell’anarchismo), la famiglia, il militarismo, tutte le religioni, tutte le personalità di grido, tutti i presidenti e i nomi noti del mondo degli affari. Ne sono scaturiti innumerevoli processi, molti di più di quelli subiti dal suo amico Larry Flynt. Le copertine di Screw, disegnate da artisti come Robert Crumb e Wally Wood, sono entrate nella leggenda.
Attualmente Al Goldstein, ricoverato in ospedale, tiene un suo blog molto frequentato. Ne riportiamo un eccentrico saluto alla presidenza di Barack Obama, cui peraltro non ci associamo del tutto, per innata diffidenza verso i presidenti americani.] (V.E.)

L’insediamento di Barack Hussein Obama, figlio di un africano, ha
trasformato il mondo.

Sono un povero morboso bastardo ebreo, un negro bianco. Tirato su da una
madre che cornificava il mio vecchio, sono stato educato sulle strade di
Brooklyn… Mi sono arruolato al tempo della guerra in Corea perché non
avevo i soldi per l’università… Ho vissuto nei bassifondi di quella
classe media che conservava un tenue barlume di speranza nell’era del
dopoguerra. Per buona sorte ho ricevuto un’educazione libera, che mi ha
distinto dagli altri mal-allevati-giudei, le cui famiglie avevano ancora
macchie rosse sul loro muso a forza d’ingoiare zuppe di barbabietole.
L’istruzione mi ha dato la possibilità di realizzare il sogno americano.
Il mio era un sogno bagnato: fighe bagnate, troie bagnate, passere dalle
labbra bagnate. Ho fatto un sogno (figa, figa, figa) e il mio sogno è venuto… sì, è “venuto”… al mondo.

Barack Obama: hai realizzato i sogni di milioni di negri spiantati, la
classe subalterna e oppressa che per più di trecento anni ha tenuto
duro. Hai tolto le catene a ogni uomo, donna e bambino nero, a ogni
perseguitato dall’uomo bianco. Lode a te.

Mr. Obama, ti ho visto in tv alle Hawaii, fiero e senza camicia. Ho
visto quel turgore nei tuoi bermuda. Così grosso, così africano, così
spaventoso agli occhi di un bianco. Per diventare il leader del Mondo
Libero non hai usato solo i tuoi anni di Harvard: hai usato e
pavoneggiato quel cazzo da Mandingo per sottomettere l’establishment
bianco. Ha funzionato… e io ho sempre sostenuto la teoria che un uomo
per raggiungere il successo in questo mondo può usare solo tre cose: 1)
i soldi, 2) la forza bruta (per esempio, dei guerrieri ricoperti di
muscoli), 3) la capacità di trovare figa (e un cazzone in questo senso
aiuta!).

In senso darwinista, hai usato ogni mezzo necessario per arrivare nel
posto in cui ti trovi. Dovrebbero prendere un calco del tuo cazzo (come
hanno fatto con la faccia di Lincoln e con le mani di Rachmaninov) e
colarlo in bronzo. Dovrebbe stare nello Smithsonian Institute, vicino
alla dentiera di Washington.

Se ti serve una mano mentre sarai al servizio di questo paese, non
esitare a passare dal Brooklyn VA Hospital. Di solito non rispondo, ma
basta che il tuo segretario generale faccia riferimento al “negro di
turno”. Aspetto la tua chiamata. Cazzo, sei un grand’ uomo!

Ti amo, Obama!

Baci,

Al Goldstein

[Per saperne di più su Al Goldstein, si visiti il sito della sua candidatura alla presidenza degli USA, nel 2008, oppure si guardino i molti video che gli sono dedicati su YouTube.]