di Riccardo Valla

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Riassunto. Parigi, estate 2005. Il Conservatore del Louvre, Sommelier, è stato ucciso. Al museo, Madame Madeleine Pâtissière rivela di essere la madre di Valjean; il padre era l’ucciso. Si cerca il movente del delitto.

Londong si voltò verso il monaco per interrogarlo. — L’ha ucciso senza riflettere, vero? Una sorta di movimento riflesso.
— Proprio così — ammise Valjean. — Dovevo ucciderlo. Era giusto.
— Sì, la giusta punizione, ma non delle sue “porcherie”… vere o presunte, signorina Sophie. — Si girò verso di lei e scosse la testa. — Il movente è inconscio, ed è la punizione per un atto di cui non ha alcun ricordo cosciente, ma che resta inciso nella sua memoria, come tutto ciò che passa attraverso i sensi e giunge alla mente. Nessun ricordo va perso, mai. Gli ordini religiosi ereticali, il Priorato, il documento stesso non c’entrano. Il movente affonda le radici nella più intima psicologia del colpevole, in un’idea e non in un oggetto materiale. E il delitto di cui Valjean ha punito Sommeiller, suo padre, è quello di averlo abbandonato quando ancora si chiamava Gourmet ed era un oscuro adepto alchimista soffiatore!

Sorrise a Fouché. — Nel vedere Sommelier… e nonostante il tempo passato, i mutamenti di aspetto, lo stesso cambiamento di cognome… Valjean ha inconsciamente riconosciuto il padre che lo aveva lasciato. Siamo in pieno dramma edipico: spinto dalle sue pulsioni inconsce, André Valjean ha ucciso il padre per accoppiarsi con la madre!
Il monaco lo guardò a bocca aperta, Madame Madeleine si limitò a ridere: — Moi? Ma che cosa assurda! — Prese sotto il braccio Fouché: — Ha sentito che idee, caro ispettore? Io, coucher avec un garçon… un piccino, un “cinnò”!
— Una vera assurdità — convenne il poliziotto e le baciò la mano, galante. — Se c’è una cosa che odio più dei simboli, sono i discorsi sull’inconscio!
Sophie guardò Londong con fastidio: — Sei proprio un rompino. Te l’avevo detto di abbozzarla con la tua supercazzola freudiana con lo scappellamento a sinistra! — Si portò dall’altra parte del tavolo e, passando davanti al monaco, gli diede una sfruculiatina. — Oh — sussurrò — sei davvero figlio di tuo padre, cuginetto!
Il monaco le strizzò l’occhio.
— Anche questa spiegazione è una bella stronzata — si sdegnava intanto l’omaccione dalla faccia rossa. — Bene, per il momento non vi stacco ancora la testa, ma fate attenzione perché vi curo! Il documento?
— Lo tenevamo per dopo — disse Fouché — se vuole, guardiamo subito, ma solo perché lei mena. Lei diceva che è nella busta di Madame?
— Fa’ poco il furbo e tira fuori la pergamena — minacciò l’energumeno.
Madame gli consegnò la busta e Fouché aprì la graffetta. Conteneva alcune vecchie foto, un quaderno con immagini alchemiche dell’atanor e dell’androgino e la scritta “Nozze chimiche”, l’atto di nascita di Johannes Valentinus Andreae Gourmet e un foglio di pergamena ripiegato.
— Signori, ecco finalmente davanti a voi il cosiddetto “Coccige Da Vinci” — pontificò Teadrinker. — Un documento che nel corso dei secoli ha detronizzato re e imperatori, ha eletto papi e mandato sul rogo centinaia di innocenti. Una scia di ricatti, omicidi, violenze e distruzioni segna i suoi spostamenti, dal lontano giorno in cui il Sommo Leonardo ebbe la ventura di vergarlo. Sottratto per secoli alla conoscenza degli studiosi, pochissimi ne hanno conosciuto l’esistenza, ma ora verrà rivelato al mondo, e saremo noi a rivelarlo. Signori, siamo in un momento cardinale della Storia!
L’omaccione lo guardò con scetticismo. — È tutto vero quello che hai detto? — chiese.
— Be’, in casi del genere, qualcosina si aggiunge sempre… — si schermì l’inglese.

(17-CONTINUA)