futurecombat.jpgdi Marco Deseriis

Potrebbe essere la scena madre di un film di fantascienza ad alto budget: uno sciame di robot si muove sul campo di battaglia, come fosse una cosa sola. Presto invece potrebbe diventare un fatto di cronaca. Ad annunciare la messa in produzione degli swarm robots (sciami di robot) è la iRobot, azienda di stanza a Burlington, in Massachussets, che produce robot militari nell’ambito del Future Combat System, il programma di ricerca militare del Pentagono che punta a trasformare l’esercito americano nella forza combattente del XXI secolo.

Rispetto ai robot “tradizionali”, gli sciami di robot si muovono sul terreno in modo coordinato grazie a un sistema di comunicazione a infrarossi che permette loro di localizzarsi a vicenda, individuare gli ostacoli e inviarsi messaggi a 125 KB al secondo. Lo sciame (una metafora mutuata dalla scienza dei comportamenti emergenti) viene controllato a distanza tramite un’interfaccia centralizzata – ribattezzata “l’alveare” – che permetterà ai militari di gestire i movimenti dei robot e assegnare loro diversi compiti.
Tra le possibili applicazioni, c’è il dispiegamento di mine da campo, l’individuazione di possibili minacce nucleari, batteriologiche o chimiche, la sorveglianza, e l’esplorazione di altri pianeti. Sul primo fronte, il programma non è nuovo in assoluto. Dal 2001 infatti, la Darpa, Defence Advanced Research Project Agency, sta sperimentando il self-healing minefield, un campo minato anticarro in grado di autoripararsi attraverso un sistema wireless di connessione tra le mine. In pratica, se dei carri armati nemici tentano di aprirsi una breccia nel campo le mine ancora intatte vanno a coprire automaticamente i punti rimasti scoperti.
“Siamo molto interessati alla tecnologia dello sciame o dell’alverare”, ha dichiarato Dennis Muilenberg, supervisore del Future Combat Systems alla Boeing, nel corso di una recente conferenza tenutasi a Cambridge, in Massachussets. Secondo Muilenberg, una brigata dell’esercito americano del 2010 potrebbe essere formata da 3000 soldati, 900 veicoli e “centinaia di robot”, alcuni dei quali armati, tutti collegati in rete.
Ma se l’uso disinvolto di metafore mutuate dai comportamenti di specie animali (le api) che basano il loro sistema di vita sulla cooperazione e non sulla guerra, può lasciare interdetti, nella robotizzazione dell’esercito gli americani fanno sul serio. Lo dimostra il fatto che sono appena arrivati in Iraq i primi robot da combattimento, gli Swords o Special Weapons Observation Reconnaissance Detection Systems. Prodotti dalla Foster-Miller, altra azienda del Massachusetts, e finanziati sempre dal Future Combat Systems, gli Swords sono dotati di cingoli, telecamere, visori a infrarossi e di una mitragliatrice da 750 colpi al minuto. Tuttavia non sono autonomi, ma vengono teleguidati da un soldato con un computer portatile situato in un raggio di 800 metri dal robot stesso.
Il programma Future Combat Systems, fortemente voluto dal ministro della Difesa Donald Rumsfeld, fornirà all’esercito 18 nuovi sistemi di cielo e di terra integrati tra loro secondo la dottrina miliare del C4I (comando, controllo, comunicazione, computer e intelligence) per schierare le prime 15 brigate completamente rinnovate nel 2010.
Eppure i costi della prima fase di sviluppo hanno già superato di 25 miliardi di dollari – necessari allo sviluppo dell’infrastruttura comunicativa – il budget iniziale di 145 miliardi. Né prevedono il fatto che le prime 15 brigate da 3000 uomini sono solo un terzo delle truppe che l’esercito intende schierare nell’arco di vent’anni. In molti quindi sospettano che l’operazione serva innanzitutto a finanziare con i soldi dei contribuenti l’industria americana, a dispetto di un debito pubblico che continua a crescere a ritmi vertiginosi.
A queste critiche i militari rispondono che, al di là della (presunta) superiorità strategica garantita da questi sistemi, i costi della macchina bellica americana si ridurranno. Si calcola infatti che il costo totale medio di un soldato per l’esercito sia di 4 milioni di dollari. Un robot combattente, non stipendiato e senza pensione e assistenza sanitaria, costerebbe circa un decimo. E poi se non torna a casa nessuno chiederà delle spiegazioni politiche.
Gli ufficiali del Pentagono dichiarano persino che la guerra perfetta sarà quella combattuta solo tra macchine. Peccato che per ora, in questo reality wargame, il giocatore sia solo uno: quello che può permettersi di spendere un budget di 419 miliardi di dollari l’anno.

[da ‘la Repubblica’, 11.6.05]