di Paolo Chiocchetti
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Nel suo articolo “Fifty Fantasy and Science-Fiction works that socialists should read” Miéville riporta la caratterizzazione del romanzo di Brust e Bull “Freedom and Necessity” come “il primo steam-punk marxista” e “un fantasy per giovani hegeliani”. Le suggestioni implicite in queste citazioni hanno evidentemente percorso molta strada nella fervida mente del giovane narratore londinese, che con Perdido Street Station ci dona un magistrale esempio di romanzo fantastico pervaso dalle sensibilità di un materialismo dialettico interpretato con eccezionale vigore e freschezza creativa. Un metodo inusuale e certo innovativo, che sta alla radice tanto della grandiosa ricchezza tematica e stilistica del romanzo quanto dell’audacia della sua visuale descrittiva, al tempo stesso straniante, poetica, sorprendente e intellettualmente stimolante.


Protagonista assoluta del romanzo è l’ipertrofica megalopoli di New Crobuzon, crogiuolo impazzito di stratificazioni architettoniche, fabbriche, istituzioni disciplinanti, sprazzi di natura selvaggia e milioni di corpi di umani, razze aliene e esseri viventi di ogni tipo. Per mezzo di tour de force descrittivi mozzafiato Miéville ci trasporta continuamente da un capo all’altro della città, immersa in una sorta di rivoluzione industriale ottocentesca fondata sul vapore ma con residui magico-alchimistici e picchi avanzati nella cibernetica e nella manipolazione totale dei corpi, attraverso le nervature della rete ferroviaria, tranviaria e aeroviaria, le ininterrotte catene di merci scambiate nei suoi mercati, il lento flusso dei suoi corsi d’acqua tossici e fangosi, il movimento continuo e caotico di organismi per le strade come per l’aria o il sottosuolo, le reti organizzative di governo, gruppi cospirativi, chiese impazzite, comunità etniche, mostrandoci un paesaggio metropolitano in continua trasformazione, dove il mutamento ed il meticciato sono gli attributi costitutivi di ogni cosa.
Sono ibride (forse l’esito di ancestrali esplosioni radioattive) le razze xeniane, come gli uomini-cactus, gli acquatici vodyanoi, le donne-coleottero khepri, i burleschi dragomini che svolazzano nei cieli lanciando insulti ed escrementi sui passanti, i nobili uomini-uccello garuda. Immigrate da ogni parte del globo, esse si radunano in ghetti del disprezzo, giuridicamente discriminate e oggetto di una xenofobia strisciante e semi-istituzionalizzata, sospese in una difficile tensione tra assimilazione e chiusura identitaria. Ma ibridi, questa volta artificialmente creati, sono anche i mostruosi Rifatti, devianti che il crudele sistema giudiziario ha riplasmato e innestato di parti meccaniche in base ad un principio di contrappasso per condannarli ad una vita di scherni e di sottoclasse salariata reietta e conveniente. Ed ibrido è perfino il paesaggio urbano, sospeso tra natura primordiale e ultramodernità, pianificazione amministrativa ed auto-organizzazione spontanea e sconnessa delle successive ondate di abitanti, traboccante di forme comunicanti un senso di carnalità, organicità, continua decadenza ed adattamento.

All’interno di questo mondo sbalorditivo si snoda l’avvincente vicenda di Isaac Dan der Grimnebulin, scienziato anticonformista e bohemien alla ricerca di una teoria unificata delle forze fisiche. La comparsa nel suo studio di un garuda dalle ali recise, ossessionato dal folle bisogno di poter tornare nuovamente a volare e disposto a mettere a disposizione a tal fine una somma di denaro illimitata, è la molla che porterà Isaac a dare il via ad una mirabolante ricerca sui fondamenti ultimi del volo e della materia che scatenerà processi incontrollabili, con l’insorgere di una minaccia mortale per la sopravvivenza stessa di New Crobuzon e la messa a nudo e la rottura dei suoi delicati equilibri politico-economici. La vita di Isaac e della sua cerchia di amici e conoscenti verrà quindi risucchiata all’interno di una titanica partita a scacchi con l’orrore nei recessi più oscuri della metropoli ed accanto agli esseri più impensabili, che troverà il proprio redde rationem nel nero cuore della città: Perdido Street Station.

In oltre 700 pagine cariche di tensione, potenza narrativa e grazia poetica, Miéville riesce a centrare tutti gli obiettivi della grande letteratura fantascientifica: un’avventura avvincente, complessa e piena di sorprese; uno sguardo appassionato e innovativo; una grande allegoria critica sulle nostre società e sul nostro essere umani. Così l’autore ci trascina nel suo universo fantastico attraverso un maestoso sciopero interrazziale spezzato dall’intervento della milizia governativa; tesse le due line di trama principali attorno al complesso rapporto tra capitalismo e scienza e capitalismo e arte; sperimenta il sorgere della coscienza dalla materia inanimata e la scoperta della possibilità di attingere dalla materia una universale ‘energia di crisi’; scandaglia i meccanismi politici di dominio, repressione e creazione del consenso, la funzione del razzismo, le forme di organizzazione rivoluzionaria, la complessità del fenomeno religioso; indaga la natura del potere politico e dei suoi rapporti col mondo economico legittimo e malavitoso; infine, con illuminante sensibilità di antropologo, ci conduce in viaggio attraverso affascinanti sistemi sociali e (l’aspetto più originale) attraverso i loro diversi stati di mutazione sotto l’azione dell’incontro, scontro e contaminazione reciproca.

Un romanzo da leggere, gustare, imitare.

China Miéville
Perdido Street Station
Roma: Fanucci Editore, 2003

Di China Miéville Carmillaonline ha recentemente pubblicato il racconto ‘natalizio’ ‘Tis the season. Lo puoi trovare qui.