flaviocattaneo.gifdi Giuseppe Genna
Si sa che l’aglio spaventa i vampiri, ma che il Deaglio spaventasse i Cattanei non era cosa nota. Questo signore qui a fianco si chiama Cattaneo, come un filosofo di tanto tempo fa, peraltro a più riprese invocato quale padre spirituale dalla Lega, che dello spirito arriva semmai a utilizzi per conserva di ciliegie o uvette. Questo signore Cattaneo, con la Lega, ha anch’egli rapporti: è il direttore generale della Rai berlusconiana, infatti, e sta lì col consenso di Bossi. Altri, in Rai, hanno rapporti con filosofanze varie: Fabrizio Del Noce, ex inviato in ascottino a Baghdad durante la guerra in Iraq e diventato direttore del tg1 durante la guerra in Iraq (dieci anni dopo), è figlio del pensatore cattolico Augusto. Come il cattivo frutto discenda dalla buona pianta è questione anch’essa filosofica, che ha impegnato induismi, cristianismi, buddhismi e manicheismi da sempre. Come da una fiera di paese (la Fiera di Milano) ci troviamo ad avere un direttore Rai del genere, invece, è questione più spicciola, meno elevata. Ce lo ritroviamo per il suo berlusconismo.

Non è una constatazione privata, questa: lo dice il presidente Rai Lucia Annunziata, la sosia di Jimmy il Fenomeno e di Alvaro Vitali, che ha dispacciato all’Ansa un gravissimo atto di accusa nei confronti di Flavio Cattaneo: “Il direttore generale – dice Annunziata – deve smetterla di intendere il suo ruolo come quello di avvocato difensore della reputazione del presidente del Consiglio, che non ha bisogno di difensori”. Già: ne ha fin troppi, con tutti i processi in cui è coinvolto.
La questione è presto detta: nel corso de L’Elmo di Scipio, pallosissima trasmissione che egli guida con sorniona ed etilica bononia, Enrico Deaglio va a intervistare il direttore dell’Economist, che in estate aveva sferrato l’attacco internazionale più prestigioso contro Berlusconi, invitandolo a rispondere a dieci domande che dire che erano imbarazzanti, è come dire che è imbarazzante la pubblica notorietà di Amadeus: erano più che imbarazzanti, erano la verità di un crimine – anzi, di più crimini. Siccome Flavio Cattaneo vigila, ha messo sotto procedura di controllo Deaglio e i suoi eventuali (capirai) scoop. E l’Annunziata non c’è stata.
Giustamente. Dopo il caso RAIOT, un effetto si è spalmato omogeneo sull’assenza di civiltà in Rai: la censura è conclamabile. Guardate che si tratta di un fatto gravissimo: è stata sdoganata la censura. Non preventiva: quella in corso. Non sulle cosce delle Kessler come ai tempi di Bernabei, ma direttamente sulle idee, l’informazione, la circolazione di libertà di pensiero.
Il tutto, ça va sans dire, a senso unico. Vai tu a censurare Antonio Socci, preda di un’autentica crisi isterica come nelle protopazienti freudiane d’inizio secolo, il quale s’inalbera a Excalibur davanti a Melandri e Capezzone e, con coazione a ripetere da manuale clinico, richiedente perché i feti non si possono vendere e un’unghia sì.
E’ la crisi sottoculturale dell’Italia, questa, che viene misurandosi grazie a continue sperequazioni su dialoghi inesistenti e inconsistenti verifiche dei poteri. La sottocultura che Berlusconi ha irradiato nell’etere italiano, e poi nella cosiddetta comunità vivente del nostro Paese, conduce diritti nella morsa della censura. E’ stancante ripeterlo, ma va detto che i miei 34 anni mi concedono una buona scorta di adrenalina e di fare fronte senza fatica a quella stanchezza. Quindi, ripeto.
Che il direttore generale Rai faccia di tutto per sponsorizzare l’inesistente digitale; che si adoperi a misure censorie degne della Bulgaria degli anni Cinquanta; che sfoderi il sorriso durante la più vergognosa autocelebrazione sottoculturale degli ultimi cinquant’anni di televisione, che nasconde l’assenza di Enzo Biagi decretato autore del programma più popolare della storia televisiva medesima; che salga sullo scranno dopo che si era evitato che ci andasse l’ex amministratore delegato di MacDonald’s Italia; che si scontri a questi livelli con il presidente della sua azienda – tutto ciò stabilisce un quadro simbolico della devastazione civile intellettuale e amministrativa nell’Italia contemporanea.
E’ vergognoso che non intervengano intellettuali di prestigio a chiederne le dimissioni. Io, che non sono di prestigio, ma è certo che sono un intellettuale, ne chiedo le dimissioni.
Esistono movimenti di potere, certo. Non si può tuttavia prescindere continuativamente dalle persone che contribuiscono a dirigere il traffico di quei medesimi movimenti. Ci sono responsabilità personali: vanno verificati gli importi, i danni e le eventuali ignominie di quelle responsabilità.
Altrimenti, che si passi pure a fare quanto si fece alla Fiera di Milano. Allora l’amministratore delegato era Flavio Cattaneo e il presidente Flavio Cattaneo.