di Alessandro Bencivenni

hawkecover.gifhawke.gifNon vale. Ethan Hawke è giovane, bello, ricco, famoso e sposato con Uma Thurman. La consolazione per noi comuni mortali sarebbe che un tipo con tante fortune fosse un figaccio senza cervello. Invece Ethan Hawke non solo è tra i migliori attori di Hollywood, già gratificato da una nomination all’Oscar per Training Day, ma per di più è uno scrittore, uno scrittore coi fiocchi già al suo secondo romanzo, uscito in Italia per i tipi di minimum fax col titolo Mercoledì delle ceneri. E’ la storia di una giovane coppia, delle loro nevrosi, dei loro slanci, delle loro paure, della crisi di crescita che si scatena quando prendono la decisione di sposarsi e di avere un bambino.

Il tutto raccontato dal punto di vista alternato di entrambi i protagonisti ed arricchito da un sorprendente senso del sacro, che dà al passaggio dalla giovinezza alla maturità anche il significato e lo spessore di una resurrezione morale. E senza nessuna retorica, ma con una profondità e una acutezza che sembrano agli antipodi delle dorate futilità di un attore hollywoodiano. Potete averne un assaggio dall’incipit del romanzo…

«Ero al volante di una Chevrolet Nova 370 del ’69, quattro cilindri con cerchi in lega e doppio tubo di scappamento. È una macchina coi controcoglioni. Le ho tolto la marmitta, e adesso romba come una Harley. La gente la adora. Mi stavo guardando dal finestrino nello specchietto sul lato del guidatore; lo faccio in continuazione.Guardo dentro qualunque superficie che rifletta. Non èuna dote di cui andare fiero, e vorrei essere capace di evitarlo, maè più forte di me. Sono vanesiocome un pavone. È disgustoso. Il più delle volte quando mi guardo allo specchio lo faccio per controllare se ci sono ancora; oppure immagino di essere qualcun altro, un bandito messicano o roba del genere. Perché ho i baffi. Quasi tutti gli uomini coi baffi sembrano un po’ froci, ma io no.Però me li tocco troppo. Sto sempre atoccarmeli. Non so neanche perché vi sto raccontando questo, adesso. È che mi guardo in continuazione allo specchio e vorrei evitarlo. Non mi dà assolutamente nessun piacere.
Avevo le dita congelate intorno al volante. Albany a febbraio è un’unica lastra di ghiaccio, nera e fuligginosa. La voce di donna alla radio annunciò l’ora e la temperatura: le otto e quarantadue, meno cinque gradi. Io e Christy avevamo rotto quindici ore prima ed ero in tilt. Avevo indosso la mia uniforme, quella di gala; è fantastica. Le divise militari ti fanno sentire qualcuno, ti fanno sentire di avere uno scopo, anche se non ce l’hai. Ti senti speciale, parte della tradizione. Non sei una persona qualunque, un civile: sei nobile. Ma tutto questo orgoglio ha un rovescio della medaglia: sono soltanto balle. Questa è la mia storia.»