decarolis.jpgcolombo.jpgLa carriera giudiziaria di Massimo De Carolis, come si è potuto constatare dalla lettura della prima e della seconda puntata di questo dossier in tre parti, è degna di soggetto romanzesco che, forse, un magistrato scrittore come Giancarlo De Cataldo potrebbe includere nell’Italian Tabloid a cui sta lavorando (De Cataldo è autore dell’eccezionale Romanzo criminale che, tra P2 e banda della Magliana, scivola in palustri àmbiti nei quali il Nostro, come è stato accertato, si è nutrito per anni). L’illecito come stile di vita, sebbene emani un’attrazione di carattere narrativo, è punito ai sensi della legge: è quanto sta capitando a Massimo De Carolis da anni, e che culmina negli infausti eventi del 2001…

Cominciamo da Gianni Barbacetto, il giornalista del Diario che ha studiato a fondo il “caso De Carolis” e che si è recentemente occupato della new wave di Tangentopoli: l’intricata selva di malaffare che, nonostante le inchieste di Mani Pulite, ha continuato a prosperare all’ombra del Duomo. Nel reportage sulla Nuova Tangentopoli che Barbacetto ha pubblicato su Micromega (gennaio 2001), il nome di Massimo De Carolis ricorre in due punti – entrambi significativi. Ecco quanto afferma Barbacetto: “La nuova Tangentopoli silenziosa e invisibile, dunque, ha un migliaio di imputati a Milano e hinterland, decine di municipi perquisiti, quintali di documenti sequestrati, oltre 30 miliardi di tangenti già recuperate. Le inchieste più clamorose, quelle che sono riuscite a ‘bucare’ la soglia dell’indifferenza di direttori e capiredattori, spesso inutilmente assillati da cronisti sensibili e precisi, sono quelle che riguardano l’ex presidente del Consiglio comunale di Milano, Massimo De Carolis, di Forza Italia, accusato di aver offerto a un’impresa informazioni riservate sulla gara d’appalto per il depuratore Milano Sud, in cambio della promessa di un compenso di 200 milioni; e quella che nell’ottobre 1998 ha portato all’arresto di Giovanni Terzi, architetto e consigliere comunale di Forza Italia, presidente della Commissione urbanistica del Comune di Milano, per tangenti pagate per un affare immobiliare a Bresso, cittadina alle porte di Milano”. fossa.jpgBasterebbe già questo, ma Barbacetto ci informa che c’è dell’altro: “E’ sotto indagine la joint-venture per gestire 33 aeroporti argentini siglata dalla Sea (la società che gestisce gli aeroporti milanesi, quella che, sotto la guida di Fossa, a Natale non ha saputo resistere a dieci centimetri di neve). In questa vicenda, fra l’altro, è coinvolto anche Massimo De Carolis, che secondo l’accusa si è dato da fare per oliare l’affare, compenso promesso: mezzo miliardo)”.
Concentriamoci sulla prima trama. Il 2001 è, se si vuole poeticizzare, l’annus horribilis di Massimo De Carolis: gliene capitano di tutti i colori. Ecco una ragionata cronologia personale con la quale De Carolis può almanaccare l’infausta annata, utilizzando una fonte ufficiale, l’agenzia di stampa ANSA:
18 gennaio – Comincia davanti alla quarta sezione penale del Tribunale di Milano il processo in cui Massimo De Carolis, l’ex presidente del Consiglio Comunale di Milano e attuale presidente della Commissione Stranieri, e’ imputato di corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio nella vicenda dell’appalto del depuratore Milano Sud. De Carolis che, a differenza degli altri cinque imputati ha chiesto il giudizio immediato, e’ accusato dai pm Gherardo Colombo e Ilda Boccassini di aver ricevuto 25 milioni – una parte dei 200 che gli sarebbero stati promessi – per favorire la Compagnie General des Eaux e altre sue collegate nelle “prequalifiche dell’appalto”. Per l’accusa De Carolis avrebbe ricevuto il denaro da Alain Maetz, dipendente della Otv, una societa’ specializzata nell’ ingegneria e nella gestione degli impianti per il trattamento delle acque che, insieme alla Compagnie General e ad altre societa’, fa capo ad un’unica holding. Maetz in cambio, nel settembre del ’98, avrebbe ottenuto l’elenco delle imprese che avevano fatto domanda per partecipare alla gara, e una “continua assistenza”. L’elenco doveva rimanere segreto. De Carolis si e’ sempre difeso sostenendo la sua estraneita’ a qualsiasi irregolarita’ perche’ non ebbe alcun ruolo nelle procedure d’appalto. L’accusa di corruzione riguarda anche Luigi Franconi, Ezio Cartotto e Luigi Sirna: avrebbero messo in contatto De Carolis e Maetz. Agostino Schiavio, il rappresentante di Passavant Italiana, e’ invece imputato in violazione del segreto d’ufficio in concorso con Nicola Colicchi, rappresentante di Aerimpianti, e De Carolis. Il difensore di De Carolis, Francesco Isolabella, oggi ha chiesto la nullita’ del capo di imputazione e di tutti gli atti precedenti alla sua formulazione: “E’ stato violato il diritto di difesa – ha detto l’avv. Isolabella – in relazione agli interrogatori, alle intercettazioni, al deposito atti e alla richiesta di un’ulteriore istruttoria”. A tale richiesta in sostanza si sono associate tutte le difese. I giudici del Tribunale scioglieranno la riserva il 6 febbraio, data della prossima udienza.
20 gennaio – Il presidente della Commissione stranieri del Comune di Milano, Massimo De Carolis, dichiara di essere stato aggredito da due esponenti dei centri sociali che stavano manifestando all’esterno della tensostruttura dove si stanno svolgendo gli Stati Generali del Comune di Milano. “Appena sono uscito dalla macchina – ha detto De Carolis, consigliere comunale di Forza Italia – uno di questi si e’ avvicinato definendomi ‘bastardo fascista’ e poi mi ha sputato in faccia. Subito dopo, un altro mi ha tirato due calci su una gamba. E’ stata la polizia a tirarmi fuori da questa situazione e ad accompagnarmi dentro”. “Questi – ha commentato ironicamente De Carolis – sono i positivi fermenti giovanili tanto apprezzati dalla sinistra milanese”.
25 marzo – Sulle pagine di Repubblica esce un bell’articolo di Piero Colaprico (che è anche un bravo scrittore di noir). Eccone il testo integrale:
“Non è che Massimo De Carolis venga considerato un nemico, ma ‘quella persona’, come la chiama senza nominarla mai il sindaco di Milano Gabriele Albertini, ‘non può stare sotto le stesse bandiere dove sono anch’io, a far campagna elettorale. Se gli danno un posto da ministro, o sottosegretario, non avrei nulla da obiettare, non avrei titolo. Ma in lista no e gliel’ho detto da tempo anche a Berlusconi’. Non ci sono colpi di testa, ma una precisa, lunga e meditata strategia per difendere lo stile dell’amministrazione. E non solo apparire, ma essere contro ‘quella strana cosa che io chiamo il partito degli affari. Mi sono accorto della sua esistenza, l’ho percepito e non lo voglio’. Queste sono le segrete confidenze che in questi giorni il primo cittadino va facendo ai suoi più stretti amici e collaboratori, seduto sulla sedia ergonomica al primo piano del Comune. ‘So – dice – che avrebbero potuto essere costretti a scegliere, per tante ragioni, anche legittime, tra uomini del partito degli affari e me. Lo capirei… Ho promesso a Berlusconi, senza che nessuno me l’avesse chiesto, che me ne sarei andato via senza polemiche. E senza fare liste civiche. Se non ci sono le condizioni per andare avanti, io torno alla mia fabbrichetta. Questa è la mia scelta definitiva, il leader di Forza Italia la conosce’. Sembrano parole di pace, ma sono parole di una guerra già vinta. Nessuno infatti, ai vertici di Palazzo Marino, crede veramente, seriamente, alla ‘resurrezione’ politica di ‘quella persona’. Insomma, Cesare Previti avrà il suo collegio a Roma. Marcello Dell’Utri, per essere sicuro dell’elezione, sarà inserito nella quota proporzionale. Ma di traverso alle speranze del milanese De Carolis – 61 anni, ex democristiano, ex leader della Maggioranza silenziosa, vecchia conoscenza di Silvio Berlusconi e, come lui, un tempo in buoni rapporti con Licio Gelli, capo della loggia massonica P2 – s’è piazzato, inamovibile come uno di quei panettoni di cemento antitraffico, il sindaco uscente. Il quale minaccia di non essere più rientrante. ‘Sia chiaro: se il 9 aprile c’è quel candidato in lista, io non mi ripresento come sindaco. Ma non credo sia possibile. Berlusconi mi ha dato una risposta precisa, escludendo chance per quella persona. Dunque, problemi zero’, confida il sindaco ai suoi amici. Secondo lui, la questione De Carolis è morta e sepolta. Nonostante abbia avuto, qualche giorno fa, quello che Albertini definisce, in privato, ‘un colpo di coda’. Intervenendo in una tv locale, Telelombardia, è stato proprio l’ex dc con carriera politica di alti e bassi, già bruciata una prima volta negli anni Ottanta, a riattizzare la polemica. Ha alzato il dito, sostenendo, con ampia certezza, la sua candidatura ‘al Senato, nel mio vecchio collegio, Milano-Pavia’. L’ha affermato, stando agli amici di De Carolis, grazie alle ‘riassicurazioni’ ricevute a sua volta da Berlusconi. E, a dar retta a un politico molto vicino sia a Berlusconi che Albertini, è così: ‘So – confida – che il collegio a De Carolis era stato promesso davvero. Ma forse alla fine andrà a Roma, come sottosegretario’. Può essere che tra i due ‘nemici’, Berlusconi non abbia scelto, dando un colpo al cerchio e uno alla botte? ‘Nei prossimi giorni – spiega a Repubblica lo stesso De Carolis – mi occuperò meglio e personalmente di questa vicenda, che non è solo mia, ma è politica. Non lancio ultimatum al partito, ma nemmeno faccio passi indietro. Ero certo di un collegio senatoriale, starò comunque alle decisioni di Forza Italia, e cioè alle decisioni di Berlusconi’. Argomenti forti, che non paiono far vacillare il credo albertiniano: ‘Siamo al colpo di coda di chi si sente escluso. Dopo aver ottenuto le firme di Silvio Berlusconi e di Umberto Bossi in calce al mio patto di maggioranza, forse – spiega ai più vicini – si poteva pensare che mi avessero tacitato. E hanno riprovato ad andare alla carica’. Ora il sindaco ‘impolitico’, uomo di Federmeccanica e protetto da Cesare Romiti, non tollera la possibilità di essere scalfito, se pur solo nell’immagine, da un politico ‘vecchia maniera’ come De Carolis. Sono uomini di due mondi diversi, lontani e incomunicabili, anche perché esiste un retroscena ben preciso, che Albertini non ce la fa proprio a dimenticare. Era il 14 marzo di due anni fa: De Carolis parlava a telefono con il figlio Adrio. Gli diceva che Berlusconi lo stimava, gli diceva: ‘Tu sei la persona più in gamba che c’è sulla piazza’. Mentre ‘il sindaco è un pezzo di m. schifoso’. Quando Gabriele Albertini ha letto sull’Espresso la lunga citazione, se l’è legata al dito. E, da quel momento, ha deciso di non fare prigionieri, e di non stare più – queste le sue parole esatte – ‘sotto le stesse bandiere’ con De Carolis”.
11 maggio – Barbacetto pubblica su Diario un’inchiesta sulla P2. Il nome di Massimo De Carolis, ça va sans dire, ricorre ulteriormente: “Massimo De Carolis (tessera P2 1815, solo un numero in meno di quella di Berlusconi), negli anni Settanta era democristiano e leader della Maggioranza silenziosa, oggi è tornato alla politica sotto le bandiere di Forza Italia e grazie al rapporto diretto con Berlusconi ha ottenuto la presidenza del Consiglio comunale di Milano e la promessa di una candidatura in Parlamento. Le ha dovuto abbandonare entrambe, dietro la ferma insistenza del sindaco Gabriele Albertini, dopo essere stato coinvolto in alcuni scandali. È accusato, tra l’altro, di aver chiesto 200 milioni per rivelare notizie riservate a una azienda partecipante a una gara per un appalto a Milano. Ma il fatto curioso è che, insieme a De Carolis, nel processo in corso a Milano sia coinvolta un’altra vecchia conoscenza della P2: Luigi Franconi (tessera P2 numero 1778)”.
15 maggio – Il pm Gherardo Colombo chiede tre anni e sei mesi di reclusione per l’ex presidente del consiglio Comunale di Milano, Massimo De Carolis, accusato di corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio per la vicenda dell’appalto del depuratore Milano Sud. Ai giudici della quarta sezione penale del Tribunale di Milano, Colombo ha chiesto anche 2 anni e 7 mesi per Ezio Cartotto, ritenuto uno degli intermediari, e due anni e un mese per Alain Maetz, rappresentante di Otv, societa’ collegata con la Compagnie general des Eaux, oltre che per il consulente Luigi Franconi e per Luigi Sirna, anche loro considerati intermediari nella vicenda. Sono stati anche chiesti due anni di reclusione per Agostino Schiavio, rappresentante di Passavant Italia, per concorso in rivelazione del segreto d’ufficio, reato per il quale e’ stata richiesta l’assoluzione ex articolo 530, comma due (la vecchia insufficienza di prove) per Nicola Colicchi, rappresentante dell’Aerimpianti. La vicenda, rievocata da Colombo in piu’ di un’ora di requisitoria, risale al ’98. De Carolis, che a differenza degli altri imputati ha chiesto il giudizio immediato, e’ accusato di aver ricevuto da Maetz, tramite Franconi, 25 milioni (parte di una somma piu’ consistente) per favorire Otv, “nonostante fosse presidente del Consiglio Comunale e come tale – ha detto il pm – pubblico ufficiale, e avesse l’obbligo di imparzialita”‘. De Carolis ha sempre respinto l’accusa. Il pm ha invece sottolineato come sia dimostrato che Maetz “avesse intenzione di vincere la gara anche con comportamenti illeciti”, mentre De Carolis avrebbe dimostrato “con chiarezza assoluta la sua volonta’ di favorire Maetz proprio in relazione alla gara”. Il Comune di Milano, che si e’ costituito parte civile, tramite l’avv. Antonello Mandarano, ha chiesto a De Carolis mezzo miliardo di danni, 200 milioni a Maetz, a Cartotto Franconi e Sirna 100 a testa e a Colicchi 50 milioni.
18 luglio – L’ex presidente del Consiglio comunale di Milano, Massimo De Carolis, e’ condannato dalla quarta sezione penale del tribunale di Milano a due anni e dieci mesi di reclusione per la vicenda dell’ appalto del depuratore Milano Sud. De Carolis era accusato di corruzione e rivelazione del segreto d’ufficio. Come pena accessoria De Carolis – che non era presente al momento della sentenza – e’ stato interdetto dai pubblici uffici per la stessa durata della condanna. I giudici della quarta sezione penale, presieduta da Edoardo Davossa, hanno anche condannato per corruzione Ezio Cartotto a due anni e sei mesi di reclusione, Luigi Franconi e Luigi Sirna a un anno e sei mesi: tutti e tre, per l’accusa, hanno rivestito il ruolo di intermediari nella vicenda dell’ appalto del depuratore. Ad Alain Maetz, rappresentante di Otv, societa’ collega con la Compagnie General des Eaux, e’ stata inflitta, sempre per corruzione, la pena di un anno e otto mesi di carcere, mentre per Agostino Schiavio, rappresentante di Passavant Italia, otto mesi di reclusione per rivelazione del segreto d’ufficio. Nicola Colicchi, rappresentante di Aerimpianti, anche lui accusato di rivelazione del segreto d’ufficio, e’ stato assolto per non aver commesso il fatto. De Carolis, Cartotto, Franconi, Sirna e Maetz sono stati condannati inoltre al risarcimento di un miliardo nei confronti del Comune di Milano che si era costituito parte civile. “La mia persuasione che deriva dalla lettura degli atti e dalla conoscenza della vicenda, e’ che i fatti non ci siano”, ha dichiarato, dopo la lettura della sentenza, il difensore di De Carolis, l’avvocato Ludovico Isolabella, che ha annunciato il ricorso in appello. “Credo che quello delle intercettazioni telefoniche ambientali – ha proseguito – sia uno strumento delicato che pero’ ha indotto a individuare la non sussistenza del fatto”. Tutto cio’, ha precisato il legale riferendosi in parte alla situazione politica di Palazzo Marino negli anni scorsi, “aldila’ di questo grande clima di suggestivita’ che ha investito De Carolis: c’e’ come un’ombra che, nel corso del tempo, si e’ creata attorno a lui”. De Carolis commenta:”La quarta sezione del Tribunale penale di Milano e’ considerata da tutti un plotone d’esecuzione”. De Carolis ha detto a Telelombardia di attribuire la condanna al “nome del pm che ha gestito quindici, venti processi contro Berlusconi e contro altre persone di Forza Italia”. A proposito della decisione della Corte di trasmettere gli atti alla Procura per valutare se procedere o meno per il reato di falsa testimonianza contro l’assessore all’ Ambiente Domenico Zampaglione, De Carolis ha affermato : “E’ un atto assurdo, per giustificare la sentenza di condanna nei miei confronti il tribunale e’ stato costretto a dire dov’ era al’anello mancante: Zampaglione, che non avrebbe detto la verita’; ma l’assessore ha detto il vero, non vedo come sia possibile addebitargli la falsa testimonianza”.

A fronte di questo disastro della sorte, i cui rovesci sembrano abbattersi su De Carolis in un’annata non propriamente doc, ecco cosa ha comunicato ANSA qualche giorno fa:

“1 luglio 2003 – NO A PATTEGGIAMENTO, DE CAROLIS CHIEDE TEMPI PER ALLARGATO (ANSA) – Il Tribunale gli aveva negato il patteggiamento, per mancato accordo col pubblico ministero, e allora Massimo De Carolis, ex presidente del Consiglio comunale di Milano, ha chiesto i 45 giorni di tempo previsti dalla legge sul patteggiamento allargato facendo sospendere il processo. E’ accaduto davanti alla settima sezione del Tribunale Penale dove De Carolis e’ accusato di bancarotta in relazione alla gestione di una societa’ dichiarata fallita. Il collegio giudicante ha preso atto della richiesta e ha quindi rimandato ad ottobre a prosecuzione del processo che avverra’, malgrado il periodo di riflessione previsto dalla normativa sul patteggiamento allargato, col rito ordinario”.

Un’altra vicenda, questa, che risale al 1999. La miglior fonte, per descriverne i contorni, è la peggiore: La Padania. Ecco l’articolo che definisce i tratti dell’ulteriore ambigua faccenda:

Milano / Falso in bilancio e bancarotta: chiesto per il presidente del Consiglio comunale
“Processate Massimo De Carolis”
Illeciti contestati alla società “Dialogo”, che operava per la Centrale del latte
Il rinvio a giudizio per i reati di falso in bilancio e bancarotta per distrazione del presidente del Consiglio comunale di Milano Massimo De Carolis, è stato chiesto dal pm Alfredo Robledo al termine di una inchiesta sul fallimento nel 1992 della società Dialogo. Con De Carolis, degli stessi reati sono chiamate a rispondere altre nove persone. Al centro della vicenda, c’è la distrazione di capitali per circa un miliardo e 600 milioni dalle casse della società, che prima del fallimento operava per servizi per la Centrale del latte di Milano. De Carolis, che non ha mai rivestito cariche formali nella società, è stato ritenuto dagli inquirenti l’amministratore “di fatto” di Dialogo e il promotore ed organizzatore delle complesse operazioni finanziarie, avvenute tra il 1991 e il 1992, su cui si incentra l’ inchiesta. Il rinvio a giudizio è stato chiesto dal pm Robledo, oltre che per l’esponente politico, per quattro membri della famiglia Mantovani (Protasio, Giacomo, Carlo e Gianfranco), cui faceva capo la fallita Fratelli Mantovani spa, una donna originaria della Tanzania, Fatma Khan (che da anni risulta irreperibile), l’imprenditrice milanese Luisa Peroni ed altre tre persone che avrebbero avuto un ruolo di mediatori o prestanome (Maria Pia Gaino, Antonio Rosa, Carlo Persano). Al centro dell’inchiesta c’è l’attività di Dialogo, una società di logistica che dagli anni Settanta ha realizzato progetti di alto livello per clienti di primo piano (tra gli altri, Olivetti e Standa). Dialogo, finita nell’orbita del gruppo Mantovani, all’inizio degli anni Novanta si aggiudicò un appalto per la distribuzione di prodotti della Centrale del latte di Milano, ma i rapporti sfociarono in contenziosi legali. Dialogo risentì, nei primi mesi del 1991, della crisi del gruppo Mantovani, che nel maggio 1991 entrò in concordato preventivo. Nell’autunno 1991 si fece avanti De Carolis, che avrebbe organizzato l’acquisto per 490 milioni, mettendo Fatma Khan al vertice della società. Il 18 ottobre 1991 a De Carolis e alla donna sarebbe stata versata la liquidità della società (un miliardo e 50 milioni): i 490 milioni per pagare la Dialogo sarebbero stati prelevati, all’insaputa dei Mantovani, dalla stessa liquidità della società. Fatma sarebbe scomparsa dopo essersi impadronita di 65 milioni. Dialogo, trasformata in Srl, sarebbe poi stata rilevata per 20 milioni da Luisa Peroni, titolare della Taylor Made Promotion. Dall’inchiesta è però emerso che l’assegno di 20 milioni emesso dall’imprenditrice sarebbe poi stato incassato, pochi giorni dopo, dallo stesso De Carolis. Dopo essere stata svuotata complessivamente di 1 miliardo e 600 milioni, Dialogo è infine fallita. De Carolis fa sapere di essere tranquillo. “Non ho mai avuto fino a oggi richieste di rinvio a giudizio. Certo non mi fa piacere, ma non è un dramma. Il mio coinvolgimento è comunque marginale e sono sicuro che il problema si risolverà”.

Il problema non si è risolto. Massimo De Carolis continua, a tutt’oggi, a esercitare un fascino irresistibile per un autore hard boiled o noir che, come fece Ellroy con American Tabloid, desideri intraprendere un’opera di riassunzione narrativa della storia italiana negli ultimi trent’anni.