Mi ricordo che quand’ero bambino iracheno soffrivo di forti mal di testa.
Una volta, tornando a casa, tra i bagliori delle esplosioni e i tormenti delle sirene, ho avuto la netta sensazione di avere un groviglio di corda annodata al cervello, passata nella pece densa e gocciolante

Sentivo un fitto colore scuro tirare sotto la nuca e scorrere lungo la spina dorsale. Tirava le tempie e i muscoli dietro le orecchie in un tormento che strappava i tendini del collo fin sopra le spalle.
Una pesante macchia sormontava la mia testa e la avvolgeva in un panno bagnato di dolore. Mi chiudeva gli occhi come una lama rovente premuta sulla fronte. Tremendo!
Ora, quei forti mal di testa sono passati, e posso anche immaginare da cosa dipendessero. Come ha detto il mio amico psichiatra, professionista serio e indiscutibile, quei dolori, col tempo, si sono concentrati in una cervicale che mi dà appuntamento ad ogni umidità e un dolore alla base della schiena mi ricorda che la colonna vertebrale ha gli ultimi anelli che si toccano stridendo tra loro. Certo, l’aver perso una gamba su una mina, perché sono un tipo distratto, non aiuta. Ma niente di grave, dice il mio amico psichiatra,… poco male, rispetto alla presenza crudele che immaginavo aleggiasse sulla mia esile vita di piccino. Adesso tutto è passato. Il presidente ci ha spiegato che va tutto bene, il peggio è passato.
Oramai sorrido, ripensandomi al ritorno verso casa, rivedendomi percorrere la strada sterrata quasi sbandando sul ciglio, con il terrore di essere travolto dalle esplosioni vicine.
Il mio amico dice che mi fa bene sorridere e allora mi viene proprio da ridere perché mi rivedo da lontano e vorrei essere più spensierato, come mi consiglia spesso, vorrei con un piccolo tocco delle dita far rotolare la mia minuscola testa sull’asfalto. Laggiù’ nel passato.
Così: ‘plic!’
come una biglia colorata che si perda nei ricordi.