di Paolo Lago

Luigi Weber, Navi nel deserto, Il ramo e la foglia, Roma, 2023, pp. 370, euro 19,00.

Navi nel deserto di Luigi Weber mette in scena una peculiare e interessante rappresentazione letteraria dello spazio liscio (il deserto solcato dai nomadi) e dello spazio striato (quello sedentario della città) di cui parlano Deleuze e Guattari in Mille Piani: secondo i due studiosi, infatti, il nomade forma il deserto non meno di quanto il deserto formi lui, dal momento che lo stesso nomade appare come un “vettore di deterritorializzazione”. Egli aggiunge il deserto al deserto, la steppa alla steppa, in un movimento continuo di deterritorializzazione. L’azione narrativa si svolge in uno scenario fantastico e distopico, una Terra del futuro simile al pianeta Arrakis di “Dune”, ricoperta da un unico immenso deserto. Qui, su delle piste appositamente costruite, si muovono le “Navi”, dalla forma tradizionale ma dotate di ruote, descritte come giganteschi mostri metallici che ci fanno pensare a enormi mercantili o portacontainer e che possono rimandare all’immaginario steampunk degli ‘anime’ di Hayao Miyazaki (ricordiamo Il castello errante di Howl ma anche Conan, il ragazzo del futuro, in cui vediamo la grigia metropoli Indastria e cupe navi di ferro). Le navi seguono un vero e proprio “tragitto nomade” il quale, come scrivono Deleuze e Guattari, agisce in modo contrario al percorso sedentario perché “distribuisce gli uomini (o gli animali) in uno spazio aperto, indefinito, non comunicante”.

A bordo delle navi ci sono i “Mobili”, cioè coloro che hanno abbandonato la vita sicura e stanziale delle rocche, città cinte da alte mura che sorgono nell’immensa spazialità del deserto. Se quest’ultimo è lo spazio liscio abitato dai nomadi, le rocche sono lo spazio striato irrigidito nel rispetto del nomos, della legge geometrica creatrice di griglie e divieti. Le rocche sono dominate da un greve pensiero oscurantista che considera turpe e squallida la vita dei naviganti, i “Mobili” che come nomadi si spostano continuamente nello spazio liscio del deserto. Le città, arroccate nel loro sistema chiuso, sono l’emblema dell’economia e del commercio, dalla quantificazione monetaria dell’esistenza: “Da buoni commercianti quali sono, i Cittadini parlano, e pensano, il linguaggio dell’equivalenza, della chiara quantificazione monetaria”. Irrigiditi nelle aride leggi dell’economia e del mercato, essi non possono fare altro che odiare chi conduce una vita libera e fuori dalle regole come i Naviganti ma soprattutto chi – pure se stanziale – vive al di fuori dello spazio striato delle rocche: gli abitanti delle Oasi. Sarebbe meglio dire le abitanti perché le Oasi sono popolate soprattutto dalle “Isolane”, donne e ragazze che scelgono una vita fuori dalla convivenza e dal matrimonio: proprio per questo sono viste come pericolose sovvertitrici dell’ordine morale “giacché si sa che le donne sono naturalmente madri e mogli, e che senza una prole da allevare e un marito a cui obbedire la vita femminile è del tutto priva di senso”. E quando le “isolane” vengono accolte all’interno della rocca di Banka, per salvarle dal pericolo delle razzie piratesche, la stanza che le accoglie, nell’ottica dei funzionari cittadini, si trasforma in un “antro” saturo di un’atmosfera “molle e corrotta, tentatrice”, che si oppone alle linee rette dell’ordine cittadino; un antro che accoglie ingannevoli e “orride” “sirene”. Perché, se il deserto e i suoi abitatori sono esteticamente connotati dalla sinuosità delle forme circolari e dalla difformità delle dune, le rocche sono intrappolate in rigide forme geometriche.

L’impianto avventuroso su cui è costruito questo interessante romanzo di Weber non poteva d’altronde escludere la presenza dei pirati, appartenenti a una lunga tradizione letteraria e cinematografica. Lungi dall’essere solamente personaggi leggendari appartenenti alle Terre del Nord (secondo voci diffuse nelle rocche), i pirati, efferatissimi e sanguinari, irrompono, sotto la guida del terribile capitano Schomberg, nel lembo di deserto in cui si svolge l’azione narrativa. Guardando alla tradizione letteraria piratesca, è possibile rilevare alcune somiglianze fra i pirati di Navi nel deserto e quelli della Trilogia dei pirati di Valerio Evangelisti e, nella fattispecie, di Tortuga (2008), primo romanzo della trilogia. In quest’ultimo, i pirati, al comando del diabolico capitano De Grammont, rappresentato come un oscuro demone infernale capace di inenarrabili efferatezze, compiono crudeli torture sui nemici vinti. Schomberg e De Grammont hanno in comune non soltanto una crudeltà che si spinge al di là di qualsiasi immaginazione (le torture descritte in Navi nel deserto lasciano iperbolicamente senza fiato) ma anche una raffinatezza e un’eleganza nel portamento e nell’aspetto che sembra stridere con l’immagine dei pirati come rozze belve assassine assetate di sangue. I comandanti pirata possiedono una “nobiltà di spirito” che sembra ignota ai cinici e meschini funzionari delle rocche.

Il romanzo possiede inoltre un suggestivo e affascinante impianto ipertestuale in quanto rimanda all’universo letterario di Joseph Conrad. Se nel corso delle vicende incontriamo spesso personaggi che portano il nome di quelli conradiani (da Jim a Mahon e Kurtz), una figura chiave del racconto si chiama proprio Joseph Conrad, il capitano, fresco di nomina e con poca esperienza, della nave Kairos. Conrad assume delle connotazioni particolari perché non appartiene all’universo dei naviganti ma è l’abitante di una Rocca che ha scelto di abbandonare la sedentarietà degli spazi striati per darsi interamente allo spazio liscio del deserto. Conrad appare come una figura di transizione, non appartiene interamente a nessun contesto sociale, né a quello dei Naviganti né a quello dei sedentari e neppure a quello delle Oasi. Egli è l’espressione del “pensiero del fuori” come è teorizzato da Foucault e da Deleuze e Guattari: secondo questi ultimi, mettere il pensiero in rapporto immediato con il “fuori” e con “le forze del fuori” può contribuire a fare del pensiero stesso una “macchina da guerra” che agisce contro l’irreggimentazione sedentaria delle leggi e dei divieti. D’altra parte, il piccolo Conrad, durante la sua vita nella città, ascoltava la madre che gli insegnava a non aver paura dei Naviganti, generalmente considerati come mostri o demoni infernali: “Guardali bene la prossima volta, sono gente come noi… hanno solo scelto una vita diversa, e non è né migliore né peggiore. Anche nelle Città ci sono persone che si comportano molto bene o molto male, cosa ti credi?”.

In relazione alla presenza dell’ipotesto conradiano, Navi nel deserto – che passa spesso dalla modalità narrativa in prima persona alla terza persona del racconto più freddo e distaccato – presenta una suggestiva citazione di una sequenza narrativa di Il compagno segreto (The Secret Sharer, 1909) nel momento in cui Conrad, di notte, sul ponte, incontra un misterioso personaggio in fuga che gli chiede di essere nascosto sulla propria nave. Senza svelare ulteriormente la trama, si può affermare che questo incontro è modellato su quello presente nel racconto conradiano: un incontro notturno fra il giovane capitano al suo primo comando e il misterioso Leggat, un ufficiale di una nave inglese in fuga che sale di notte sull’imbarcazione del protagonista io narrante. Sia in Il compagno segreto che in Navi nel deserto, il capitano della nave si trova alla sua prima esperienza di comando, in un ambiente in cui gli altri membri dell’equipaggio sono invece più esperti e stanno insieme da lungo tempo. Inoltre, in entrambi, una inquietante somiglianza fisica (che finisce per sfiorare le ossessioni del doppio) accomuna il giovane capitano e il misterioso fuggitivo.

La letterarietà del romanzo emerge in modo interessante anche nella sua capacità di passare disinvoltamente da uno stile all’altro: nell’istanza narrativa tradizionale sono inseriti spesso lacerti di intonazione più poetica, dalle tonalità elegiache ma anche e soprattutto brani in cui emerge uno stile a pastiche che libera un linguaggio dalle tinte arcaiche e parodistiche. Ad esempio, in un momento di forte tensione, in cui Conrad e i suoi ufficiali sono impegnati a cercare una via di fuga per allontanarsi da un imminente attacco dei pirati, il misterioso ospite, nascosto nella cabina del capitano, inizia a leggere un vecchio libro nel quale si trova una storiella salace e piccante (che può ricordare la novella del fanciullo di Pergamo del Satyricon di Petronio) che, con uno stile dall’impianto parodico, racconta i sotterfugi erotici fra un falegname e una ragazzina, coperti dalla complicità del fratello. Si potrebbe anche pensare all’impianto di carattere milesio e boccaccesco che pervade la narrazione di L’imitazion del vero di Ezio Sinigaglia, in cui Mastro Landone, per mezzo dell’inganno, riesce a godere delle grazie del giovane Nerino.

Anche la novella inserita appare come un’espansione del “pensiero del fuori” di cui si è parlato, macchina da guerra nomade che sfugge ad ogni tentativo di inquadramento poiché perennemente in transizione. In un momento di estrema tensione ed angoscia (la paura per un imminente attacco dei pirati), il libretto trovato dal misterioso ospite squaderna una narrazione en abîme che si pone in netta antitesi con il racconto primario: la novella salace sembra provenire dal “fuori” e rappresenta una magica via di fuga dall’angoscia, dal pericolo e dalla paura. È il “fuori”, è l’“Esterno” che nell’ottica dei cittadini rappresenta solo distruzione e morte ma che in realtà è l’espressione più diretta dello spazio liscio perché, persino di fronte a Schomberg, quando scende dalla nave e si avventura nell’Oasi, “l’Esterno era terribile: non si lasciava ghermire, non si inginocchiava, non lacrimava né supplicava, non soffriva. L’Esterno si faceva beffe della sua volontà, occhieggiava dappertutto eppure sfuggiva tra le dita”. E dall’Esterno sembra provenire anche la narrazione di Navi nel deserto, intrisa di una dimensione letteraria che spalanca porte a svariati generi, dal fantasy all’avventura e alla fantascienza, che rifugge gli incasellamenti e gli stili definiti. Una narrazione che apre al fascino dell’avventura e allo spazio liscio solcato da indomiti e liberi Naviganti letterari.