di Jack London

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[Il 7 marzo 1916, otto mesi prima di suicidarsi, lo scrittore Jack London abbandonava il Partito socialista americano, in cui aveva militato fin dalla giovinezza, dopo una breve esperienza nel più radicale Socialist Labor Party di Daniel De Leon. La sua era stata una militanza molto attiva, sia sul piano organizzativo che su quello letterario, e non era mai venuta meno nemmeno quando, nei suoi romanzi, era parso lontano dagli ideali egualitari. London giustificava opere come Martin Eden o L’ammutinamento dell’Elsinore come messe in guardia contro l’individualismo quale risposta ai mali sociali. Più probabilmente, però, l’individualismo era in lui radicato tanto quanto la critica sociale, e aveva spinto London a vedere nelle classi subalterne una sorta di superuomo collettivo, nel quale i due atteggiamenti potevano ricomporsi in un’unità superiore. Quando quel superuomo fu reso fiacco dalla stessa forza politica che avrebbe dovuto rappresentarlo e guidarlo alla lotta, la certezza di London si incrinò. E, come si vedrà dalla lettera di dimissioni, riemerse in lui la nostalgia per le ruggenti battaglie di gioventù, assieme alla consapevolezza amara che quei tempi erano trascorsi e la causa era perduta. Rimasto solo con se stesso, London non sopravvisse a lungo a quella perdita di identità.] (V.E.)

Miei cari compagni,
ho appena terminato la lettura della lettera di dimissioni dalla sezione, recente ma non datata, del compagno Edward B. Payne.

Con la presente, rassegno da parte mia le dimissioni dalla sezione di Glen Ellen e per una ragione diametralmente opposta a quella che adduce il compagno Payne. Io mi dimetto dal partito socialista a causa della sua mancanza di ardore e di combattività, perché non insiste abbastanza sulla lotta di classe.
Ero, all’inizio, membro del rivoluzionario Socialist Labor Party, pronto a superare le sue manchevolezze pur di combattere. Da quel momento, e fino a oggi, sono stato un membro attivo del Socialist Party of America. Malgrado il tempo trascorso, il mio stato di servizio di combattente per la causa non è ancora del tutto dimenticato. Sono stato trascinato alla lotta di classe, quale era insegnata e praticata dal Socialist Labor Party, con tutto ciò che vi è di più elevato nelle mie facoltà di giudizio. Ero convinto che la classe operaia, combattendo, non cedendo mai, rifiutando ogni compromesso col nemico, potesse emanciparsi. Dal fatto che, nel corso di questi ultimi anni, la tendenza del socialismo negli Stati Uniti sia stata tutta orientata alla pacificazione e al compromesso, mi accorgo che il mio spirito si ribella a vedermi rimanere membro del partito. Da qui le mie dimissioni.
Aggiungete, per favore, alle mie dimissioni quelle della compagna Charmian K. London, mia moglie.
Non aggiungerò che poche parole conclusive. La libertà, l’indipendenza sono beni supremi che non possono essere accordati o imposti a razze e classi. Se le razze e le classi non sono capaci di sollevarsi, di lottare con la forza del loro spirito e dei loro muscoli per la libertà e l’indipendenza del mondo, non riusciranno mai, quando verrà il momento, ad accedere a quei beni supremi — e se quei beni supremi saranno loro offerti con condiscendenza, su un piatto d’argento, da individui superiori, non sapranno che farsene, non se ne serviranno e resteranno ciò che sono sempre state in passato: razze inferiori, classi inferiori.

Vostro per la rivoluzione
Jack London
Honolulu, 7 marzo 1916