1. HO UCCISO BILLY THE KID
di Pat Garrett

billythekid.jpgNelle settimane che seguirono la fuga di Billy The Kid [nella foto a destra; sotto, a sinistra, Pat Garrett], ricevetti diverse critiche per il mio apparente distacco e disinteresse nei confronti del suo arresto. Ma io sono piuttosto egoista e preferisco occuparmi degli affari miei da solo, cercando di portare a termine i miei piani secondo un collaudato metodo personale.
Quindi, in realtà, non avevo smesso di raccogliere informazioni sul Kid, cercavo soltanto di tenere segreto il mio piano, occultato dietro un discreto silenzio. Non seguii Billy nei suoi soliti nascondigli, e non rivelai a nessuno i miei progetti. Rimasi a casa, dandomi da fare al ranch. Il mio obiettivo era depistare la gente e lasciare che il Kid si abituasse alla latitanza. Ero quasi certo che Billy fosse rimasto nei paraggi, probabilmente nascosto vicino a Fort Sumner.

pat_garrett.jpgEppure le mie certezze erano incrinate da alcune considerazioni: Billy non era affatto uno stupido, anzi era dotato di un’incredibile capacità di analisi e di una straordinaria freddezza, soprattutto per un ragazzo della sua età. E allora perché avrebbe deciso di rimanere nei Territori? Non c’era nulla che lo trattenesse; anzi, la taglia che pendeva sulla sua testa, la condanna che lo aspettava, e la fortuna che lo aveva assistito nella fuga avrebbero dovuto incoraggiarlo alla fuga. Perciò come primo passo avrei dovuto risolvere i miei dubbi.
[…] Infine decisi di incontrare Peter Maxwell, del quale ero certo di potermi fidare. Io e miei uomini cavalcammo fino ai confini della tenuta di Maxwell dove trovammo un tizio accampato e ci fermammo. Poe riconobbe quell’uomo: era un vecchio amico, con il quale aveva lavorato in Texas, un certo Jacobs. Ci fermammo al suo fuoco, bevemmo del caffè, quindi proseguimmo a piedi attraverso un frutteto che si estendeva fino a una fila di edifici, case di messicani più che altro, a meno di sessanta metri dall’abitazione di Maxwell. Quando arrivammo nei pressi delle case dei messicani, sentimmo delle voci spagnole. Ci nascondemmo, rimanendo in ascolto. Scorgemmo un uomo che era comparso tra i cespugli e gli alberi: era troppo lontano per poterlo riconoscere. Indossava un cappello bordato con frange, pantaloni e gilet nero e una camicia con le maniche rimboccate. Pronunciò qualche parola – che alle nostre orecchie giunsero come un mormorio incomprensibile – si avvicinò a un cancello: lo scavalcò e camminò dritto verso una casa.
Non lo avremmo mai sospettato allora, ma quell’uomo era Billy the Kid.
In seguito avremmo scoperto che Billy aveva lasciato i suoi compagni e si era rifugiato nella casa di un amico messicano. Lì si era tolto il cappello e gli stivali e si era gettato sul letto per leggere il giornale. Dopo un po’ aveva svegliato il suo compagno, l’aveva costretto ad alzarsi e preparargli del caffè. “Dammi un coltello” gli aveva detto. “Vado da Peter a prendere della carne, ho fame”. Il messicano si era alzato, aveva dato un coltello da macellaio al Kid, che — senza cappello né stivali — si era diretto a casa di Maxwell, distante solo qualche metro.
Quando Billy — ma ricordate, vi prego, che non lo avevo ancora riconosciuto — scomparve oltre il cancello, io tornai dai miei uomini: arretrammo di qualche metro per evitare le persone che avevamo sentito parlare. Scegliemmo un altro sentiero che ci avrebbe condotto a casa di Maxwell, aggirando le case dei messicani. Quando finalmente arrivammo alla veranda di Peter, ordinai a Poe e McKinney di fermarsi fuori, a una decina di metri, mentre io entravo a parlare con Maxwell. Era quasi mezzanotte e Peter era già a letto. Mi avvicinai a lui e mi sedetti sul materasso, vicino al cuscino. Gli chiesi subito se sapeva dove fosse Billy. Lui mi rispose che il Kid era stato nei paraggi, ma non sapeva se se ne fosse andato. In quel preciso istante un uomo si parò davanti alla porta, dandoci le spalle. “Chi c’è là fuori?” gridò in spagnolo un paio di volte. Non gli rispose nessuno e lui entrò in casa: non indossava il cappello e dal rumore dei passi sembrava che non portasse nemmeno gli stivali. Doveva essere a piedi nudi. Aveva un pistola nella mano destra e un coltello da macellaio nella sinistra.
Venne dritto verso di me. Prima che si avvicinasse al letto, riuscii a bisbigliare: “Chi è, Peter?”, ma Maxwell non mi rispose. Per un attimo pensai potesse essere Manuel Abreu, il cognato di Peter: forse aveva visto Poe e McKinney fuori vicino al cancello e voleva sapere cosa stesse succedendo. L’intruso si fece ancora più vicino: appoggiò entrambe le mani sul letto, quasi sfiorandomi il ginocchio, e chiese: “Chi c’è là fuori, Peter?”. Proprio in quel momento Maxwell mi rispose: “È lui”. Billy dovette percepire la presenza di una terza persona: alzò di scatto la pistola. Era a meno di trenta centimetri dal mio petto. Indietreggiò di qualche metro nella stanza buia: “Quien es? Quien es?” (Chi c’è? Chi c’è?, ripeteva). In realtà tutto avvenne in pochi secondi: io estrassi la mia pistola il più in fretta possibile e sparai, mi accucciai per un attimo, quindi sparai di nuovo. Il secondo colpo fu inutile: Billy era già a terra. Non disse nulla: uno spasmo, una contrazione, ansimava come se stesse soffocando. E in pochi secondi il Kid andò a far compagnia alle sue vittime.
Maxwell intanto si era precipitato in fondo al letto e stava raccogliendo da terra gli abiti per vestirsi. Io andai all’ingresso della casa, dove erano già accorsi Poe e McKinney. Maxwell mi raggiunse, anzi mi sorpassò correndo verso l’uscita. I miei uomini gli puntarono addosso i fucili, ma lui li implorò: “Non sparate, non sparate”. Io li fermai, dicendo che avevo preso Billy. Sembravano stupiti e mi chiesero se fossi sicuro di aver preso l’uomo giusto. Ma io conoscevo troppo bene il Kid per sbagliarmi: avevo riconosciuto anche la sua voce. I miei uomini invece non lo avevano mai visto prima: si erano accorti di quell’uomo che era entrato in casa di Maxwell. Vedendolo, McKinney era scattato in piedi, facendo un po’ di rumore con gli speroni. Il Kid si era voltato verso di loro: probabilmente aveva visto che erano armati; era scoppiato in una risata e si era diretto all’ingresso della casa, urlando “Chi c’è là fuori?”. I miei uomini lo avevano lasciato andare: in fondo non aveva né cappello né stivali e parlava spagnolo. Lo avevano scambiato per un contadino di Maxwell. Ecco perché pensavano che avessi ucciso l’uomo sbagliato.
Finalmente rientrammo in casa per esaminare il corpo. La pallottola lo aveva colpito proprio al cuore e doveva avergli trapassato il ventricolo. Poe mi chiese quanti colpi avessi sparato: gli dissi che avevo fatto fuoco due volte, ma che il secondo colpo non doveva essere andato a segno. A quanto pare i miei uomini avevano sentito tre spari, quindi Billy doveva aver risposto al fuoco.
Il Kid doveva aver sparato dopo di me, prima del mio secondo colpo, eppure non riuscimmo a trovare né un bossolo né il foro di un proiettile. Cercammo a lungo e con la dovuta attenzione — ma non trovammo niente, solo i fori dei miei due colpi. Dovevamo esserci sbagliati tutti e quattro. Per scrupolo controllammo anche la pistola di Billy, una calibro 41 semiautomatica. Nel tamburo c’erano cinque pallottole e un bossolo. Il cane riposava proprio sul bossolo: il che, in realtà, non prova proprio niente, perché molti cowboy usano questo sistema per evitare che gli scappi un colpo. Inoltre la pistola non aveva sparato di recente, almeno a giudicare dall’odore e dal bossolo.
Nessuno saprà mai se Billy the Kid mi ha riconosciuto. Se così è stato, di certo quella è stata la prima e unica volta in cui il Kid ha perso il controllo e non è riuscito a sparare per primo. Il ragazzo sapeva che se mi avesse incontrato avrebbe dovuto spararmi o arrendersi: aveva sparso la voce a Sumner che non aveva nulla contro di me, né voleva ferirmi. Ma gli piaceva ripetere che, se mi avesse incontrato, non si sarebbe mai arreso: non c’era scelta, lui mi avrebbe ucciso, oppure io avrei dovuto farlo fuori. Diceva sempre che se ci fossimo incontrati, lui avrebbe sparato per primo.
Il mattino seguente il becchino, Alejandro Segura, eseguì l’autopsia sotto la guida dell’onorevole M. Rudolph, di Sunnyside, portavoce dell’ufficio di medicina legale della contea. Firmarono una deposizione che dichiarava che William H. Bonney era morto in seguito a ferita da arma da fuoco: l’arma era di proprietà di Pat F. Garrett, la cui mano ha inflitto la suddetta ferita mentre il signor Garrett espletava il servizio di sceriffo. L’omicidio è pertanto lecito e giustificabile.
Il corpo venne pulito, composto in modo adeguato e sepolto nel cimitero di Fort Sumner il 15 luglio 1881. Al momento della morte Billy the Kid aveva ventun anni, sette mesi e ventun giorni.
Ho detto che il cadavere è sepolto a Fort Sumner, ma credo che si debba sottolineare che ancora vi giace intatto. Il teschio, le dita, gli alluci, tutte le ossa e tutti i capelli sono stati sepolti il quindici luglio, con buona pace dei dottori, cronisti e giornalisti che sostengono il contrario. Alcuni truffatori hanno esibito il teschio del Kid, altri le sue dita o altre parti del suo corpo. E un dottore è riuscito a far credere a una banda di idioti di essere in possesso dell’intero scheletro, ricomposto con cavi e tiranti. Non nego che da qualche parte negli Stati Uniti sia esposto uno scheletro proveniente dai Territori, o persino dal Rio Pecos: gli scheletri da queste parti non ci mancano. Le rive del Pecos, da Fort Sumner al Rio Grande, sono punteggiate da lapidi anonime, sotto le quali riposano scheletri di qualsiasi forma, età e colore. E qualsiasi truffatore o impresario spettrale (diciamo) può resuscitare un cadavere ed esporlo, battezzandolo Dick Turpin, Jack Shepherd, Cartouche o Billy the Kid. Nessuno può dire niente, ma non crediate che la gente di Rio Pecos si beva queste menzogne.
Lo dirò per l’ultima volta: il corpo di Billy the Kid riposa indisturbato nella sua tomba — e so quello che dico.

2. QUIEN ES, QUIEN ES? LA STORIA DI BILLY THE KID
di Francesco Caltagirone
[dalla rivista “Late For The Sky”, n. 47, luglio 2000]

La locandina del film PAT GARRETT AND BILLY THE KIDLe storie della frontiera possiedono i caratteri contraddistintivi dell’epica. Realtà e leggenda si compenetrano, fatti e personaggi che pur provengono da un contesto reale sono circonfusi da un alone favoloso. Le gesta degli eroi positivi e negativi che siano assumono connotati e proporzioni straordinarie. Un’aura di romanticismo pervade cronache di fatti che fuori da tale eccezionale contesto non rivelerebbero alcunché di prodigioso. I racconti del West solleticano l’immaginario collettivo, si alimentano gli uni degli altri, ingigantiscono nella pratica del racconto orale, della fioritura letteraria, qualche volta dell’iconografia fotografica. Billy The Kid, come William Cody, come Wild Bill Hickock, come il generale Custer o Cavallo Pazzo, appartiene a una galleria di personaggi mitici che sconfina dalle pagine dei giornali, dai resoconti del tempo, per divenire pura essenza mitologica.
Attorno alla vita di Billy The Kid germinò una pletora di scritti, più o meno tendenziosi, spesso non aderenti alla realtà, liberamente affidati al galoppare di sbrigliate fantasie. In qualche caso vi fu un grado di affidabilità maggiore che produsse stesure più verosimili, aderenti all’effettivo svolgersi dei fatti. Abbiamo cercato di raccogliere un po’ di dati per fare chiarezza e conoscere più a fondo la cornice di uno dei più affascinanti dischi della storia del rock. La fonte principale da cui derivarono varie biografie, buone o cattive, è “The autentic life of Billy the Kid”, diario dei fatti che proprio lo sceriffo Pat Garrett stilò di propria mano, affidando la stesura definitiva al giornalista Ash Upson. Henry McCarty nacque attorno al 1859 negli “slums” irlandesi, nei quartieri più poveri di New York. Nel 1873 sua madre, vedova, si risposò con William H. Antrim a Santa Fé, cognome che in qualche caso il ragazzo mutuò.
Da adolescente Billy frequentò dubbie compagnie che lo indussero a furtarelli, procurandogli una temporanea reclusione. La prima evasione della sua vita passò per la cappa di un camino. Allontanatosi definitivamente dalla casa materna, alternò un regolare lavoro presso fattorie a furti di bestiame, conducendo una vita libera e selvatica. Incline alla musica, buon parlatore e lettore, sensibile e brillante nei rapporti personali, di modi cortesi benché facile a scoppi d’ira, turbolento spirito libero, il 17 Agosto 1877 in Arizona, freddò un prepotente che probabilmente non aveva accettato di perdere al gioco d’azzardo, specialità nella quale il giovane “vaquero” sembrava eccellere.
Da qui iniziò una vita randagia, raminga, per pascoli e alture, al di sopra della legge, forte di un codice morale tutto personale che escludeva la rapina a treni e banche, lo stupro, l’omicidio che non fosse dettato dalle necessità della legittima difesa, della rappresaglia per un’azione uguale. Ma non era un Robin Hood, non rubava ai ricchi per dare ai poveri. Viveva la sua vita selvaggia, al di là del bene e del male. Come William H. Bonney, nome che assunse non si sa per quale ragione, si unì nel New Mexico alla banda dei Regolatori, finendo coinvolto fino in fondo nell’annosa e cruenta faida fra Ragazzi e Regolatori, durissimo conflitto che si protrasse dal 1878 al 1879 nella contea di Lincoln.
Sir John Henry Tunstall, emigrato dall’Inghilterra nel 1876, era un allevatore che aveva assunto alle proprie dipendenze Billy, entrando poi in acerrima concorrenza con Lawrence G. Murphy, commerciante senza scrupoli che, tramite malversazioni di ogni genere, si era costruito un piccolo impero. Le prepotenze di Murphy si esplicavano in oscure trame che impinguavano i suoi guadagni di agente indiano per i Mescalero, cui forniva carni e verdure. Controllava le proprietà altrui, trafficava in bestiame rubato, forte di collusioni governative che gli garantivano impunità. Si circondò di teste calde pronte a difendere i suoi privilegi, primo fra tutti James J. Dolan, uomo con la mano sempre pronta sulla Colt. Tunstall, che comunque non sembra essere stato uno stinco di santo, si associò all’avvocato scozzese Alexander McSween, un passato discusso e mani in pasta per ciò che concerneva il mondo dei cavilli legali. Il giovane possidente britannico fondò successivamente la Lincoln County Bank, ampliò il suo giro d’affari entrando in aperto scontro con un Murphy che aveva via via abbandonato gli affari, delegando il losco Dolan alla gestione del patrimonio. Le due fazioni entrarono in collisione quando Dolan, spalleggiato dallo sceriffo, decise di aggredire Tunstall e i suoi. Dick Brewer, non meno equivoco luogotenente del neo-banchiere, mise insieme una torma di tagliagole per vendicare sottrazioni di cavalli avvenute troppo frequentemente.
Il 18 Febbraio 1878, Dolan assassinò Tunstall e iniziò una sanguinosa reazione a catena. Gli appigli legali dell’avvocato McSween non poterono trattenere la furia dei suoi uomini, i “Regolatori”, tra cui Billy, legato da sincera riconoscenza a Tunstall. Venne ucciso uno dei sicari e trucidato assieme al suo sottoposto lo sceriffo Brady che aveva minacciato di arrestare McSween. Due settimane dopo si scontrarono le parti e Brewer perse la vita. La cittadina stava diventando un inferno e ciò che era nato come un comune regolamento di conti si stava trasformando nella cosiddetta Guerra della Contea. Gli scontri si susseguirono puntualmente, McSween venne scagionato dalle accuse, intervenne l’Esercito, il Presidente Rutheford B. Hayes si occupò in prima persona della questione. La situazione divenne incontrollabile ed esplosiva. Dolan fece eleggere un nuovo “marshall” che desse la caccia ai Regolatori, rastrellando outlaws mercenari pronti a battersi per un pugno di dollari. La piccola città di San Patricio fu distrutta. McSween non rimase a guardare e assoldò una squadra di cinquanta uomini che guidò a Lincoln, ai magazzini di Murphy. Cinque giorni durò la sparatoria fino a quando non sopraggiunse la Cavalleria. I Ragazzi incendiarono la casa di McSween e qualcuno dei Regolatori, fra i quali il Kid, riuscì a sfuggire. McSween fu raggiunto da una raffica di proiettili. L’incontenibile e truculenta lotta che nessuno sapeva fermare si protrasse per un anno e la contea di Lincoln divenne una jungla di fuorilegge, inchiodata al caos e all’arbitrio. Immerso in tale irrefrenabile bagno di sangue, si schierò definitivamente anche Billy, destinato a divenire uno dei capi dei Regolatori.
Esauritasi la vampa dell’odio per autoconsunzione, Billy sopravvisse con l’usata pratica del furto di cavalli. Tentò una conciliazione con la parte avversa organizzando una “fiesta” con gli antichi rivali. Ma un uomo venne ucciso da Dolan e Billy si offrì di testimoniare contro l’irriducibile nemico in cambio di una moratoria sui suoi carichi pendenti. Dolan sfuggì tranquillamente alla legge e il Kid ritornò all’abigeato, non mancando di farsi notare in qualche sparatoria. I delitti a lui attribuiti ammonterebbero a quattro, nonostante qualcuno gliene abbia ascritti ventuno. Un giornalista lo definì per la prima volta “Billy the Kid”, furono spiccate taglie (500 dollari la più alta) e la leggenda trovò legna da ardere. Anche i trascorsi di Pat Garrett, vecchio amico di Billy, eletto sceriffo per eliminare il pericoloso bandito, non erano granché, essendo anch’egli noto alle autorità locali a causa di un’antica attrazione per il bestiame altrui. Con un accanimento implacabile e la velenosa costanza, caratteristica di chi tradisce un amico in nome di una causa ritenuta superiore, Garrett si mise sulle piste del vecchio compagno, braccandolo con scientifica precisione. Lo scovò una prima volta a Fort Sumner, dove Billy protetto dall’omertà dei peones che in lui avevano incarnato un piccolo eroe locale, andava a svernare, già stanco di una vita a rischio che lo teneva lontano dalle “senoritas” e dal buon tempo.
Fu l’antivigilia del Natale 1880. Cascarono nella rete il Kid e altri quattro compagni. Charlie Bodrie restò sul campo, gli altri si arresero. Billy fu processato e condannato all’impiccagione, con sentenza da eseguirsi nell’Aprile 1881. Ma riuscì a cavarsela ancora una volta, dopo due settimane di detenzione, lasciandosi la prigione alle spalle e i corpi di due custodi stesi per sempre. La caccia senza quartiere continuò implacabile. La notte del 14 Luglio 1881, Pat Garrett lo colse nell’abituale rifugio di Fort Sumner. Danno da pensare le scarse cautele che Billy prese per tutelare la propria vita. Era come calamitato da un destino già scritto. Di questa ineluttabilità il Kid possedeva un’imperscrutabile coscienza. Una stanza buia nella quale Pat si era appostato. Penetrando l’oscurità, Billy avvertì una presenza estranea. “Quien es,? Quien es?” ripeté, forse presagendo la fine. La risposta immediata furono due pallottole, una delle quali lo raggiunse al cuore. Garrett tornò dal suo committente compiuta la missione. Billy dimenticò la Colt “Thunderer”41 e gentilmente bussò alla porta del cielo.