di Daniela Bandini

Ignazio Rasi, Ernesto Villa, Io e Yvonne, Dario Flaccovio Editore — Gialloteca, pp.366, € 16,00. Prefazione di Andrea G. Pinketts, postfazione di Gaetano Savatteri.

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Ancora un’opera della Dario Flaccovio Editore che merita una giusta considerazione, grazie anche allo straordinario lavoro di coordinamento prodotto dalla curatrice Raffaella Catalano. Io e Yvonne è un romanzo scritto a quattro mani, da due scrittori — uno palermitano, l’altro milanese – che non si sono mai personalmente incontrati, quasi una sfida a colpi di e-mail dagli antipodi della penisola.
Ne risulta un romanzo gradevolissimo, ironico, infarcito di dialetto e di humour nella parte di Rasi, molto più severo e destinato a sbrogliare i nodi della matassa, nella parte di Villa. Ambientato senza esserlo realmente in una Sicilia che ancora sogna il mare, scritto quasi come tributo al giallo d’epoca, Io e Yvonne è il romanzo di un detective che si innamora di un amore paterno e protettivo di una baby prostituta di cui vorrebbe riscattare non solo la sua, ma anche la propria infanzia. Ci vorrebbe un buon jazz d’epoca, come sottofondo, ma non languido e disperato, bensì cabarettistico – quel genere di colonna sonora che ci aspetteremmo entrando in un vecchio casinò – per accompagnare l’esordio e il procedere del romanzo…


Mimì, il detective, quando apprendista barman arrivava alla porta di Via del Cigno 11, con in mano un vassoio con quei due caffè, due cornetti alla crema e due bicchieri d’acqua, e davanti alla porta a vetri vedeva la scritta “Frankie Adamo & Johnny Celso, detectives”, era colto da un senso di sacralità che non avrebbe mai più ritrovato e che avrebbe costantemente ricercato come genesi morale. Un segno del destino. E Frankie, Il Detective, vedrà in lui quello che un vecchio parroco riconosce come eletto nella sua gregge: il predestinato. E lo vorrà come socio.
Ma torniamo al nostro romanzo. Tra i mille lavoretti spesso antitetici alla morale comune ma che fanno quadrare il bilancio a fine mese, come spiare e documentare tradimenti, o stanare sbilenchi cagnolini perduti in chissà quali meandri, ecco che arriva IL caso. Apparentemente ineccepibile, con una graduale motivazione a risolverlo, si rivela intrecciato alle vicende personalissime di un amore stile “io ti salverò” che non offre grandi garanzie di successo.
Yvonne, nome che non è d’arte ma che è stato imposto per assegnargli un destino, vede proprio nel suo nome l’impossibilità di un passato e di un futuro da persona “normale”. Yvonne tenerissima, Yvonne da proteggere, Yvonne che nella vita non può fare altro, Yvonne che ama guardare i delfini allo zoo, Yvonne che devia lo sguardo del suo detective dalle vetrine lussuose nel centro per non metterlo in imbarazzo alla vista delle cifre riportate sui capi firmati… Yvonne che vuole saltare l’adolescenza e ripartire da bambina alla scoperta di un passato che è emozionalmente ancora intatto. Yvonne in un mare di guai, più grandi, molto più grandi di lei.
E anche più grandi del detective. Questi vive in un ambiente per l’appunto da detective. Ecco il suo studio: “Il pavimento è consunto e quasi sempre macchiato d’inchiostro e di caffè, la scrivania è grande ma molto provata dai miei gomiti e dai miei tacchi, le pareti avrebbero bisogno di una mano di vernice e la biblioteca alle mie spalle, se mi troverete seduto, contiene una dozzina d’enciclopedie scadenti acquistate a basso costo almeno una decina d’anni fa. Forse troverete simpatica soltanto l’iscrizione che c’è sulla porta, appena sotto lo spioncino: Domenico La Torre, Esperto in osservazioni, Protezione e recupero crediti”.
Dimenticavo l’immancabile bottiglia di gin da scolare rigorosamente a collo, ma il detective non disdegna whisky con ghiaccio. Della sua Sicilia, coglie nell’aria l’aroma dei caffè e delle paste, roba da bar o rosticceria al massimo.
Nel caso c’è qualcosa che non torna. Un padre dichiara di non avere più tracce della figlia, e fin qui si è nella prassi. Ma tutto all’improvviso gira storto, o meglio gira troppo bene. Sembra proprio che tutto combaci, e che risulti chiaro per poi annebbiarsi nuovamente appena si gira la schiena. Ogni personaggio dell’intricatissima vicenda è una cosa e rappresenta un’altra realtà, doppia e potentissima, tranne alcuni disgraziati che ci rimetteranno la pelle per essere persone troppo coerenti con la loro anamnesi sociale.
C’è chi si dispera per un tradimento immaginario, ed ecco che escono la commedia e la piazzata, l’esagerazione, la teatralità delle periferie. Ma anche il vestito buono e le scarpe firmate, da esibire in certi bar all’aperto. di certe categorie di professionisti che vogliono emergere. C’è quello che uno si aspetta e c’è l’amore, che scompiglia sempre tutte le certezze, quello da proteggere e quello che sfiderebbe il mondo intero.
Si arriva finalmente alla soluzione del caso. Non è un caso isolato. Sono decine le ragazze scomparse, ci si trova di fronte a una sorta di setta satanica dedita alle uccisioni sacrificali. I responsabili confessano, ma inaspettatamente si impiccheranno la notte stessa in cella. Ed erano sorvegliati, anzi, sorvegliatissimi. Ma quella notte accadrà di tutto: un principio d’incendio, una rissa tra le guardie… E cosa c’entrano adesso i servizi segreti militari, per non parlare di una potentissima agenzia multinazionale del farmaco? E perché, gira e rigira, ci si imbatte sempre in qualcosa di poco chiaro? Eh già: l’eredità di una ex prostituta e il sogno di un villino sul mare… Per il detective e per Yvonne, naturalmente.