La procura di Aosta, si sa, è molto invisa all’avvocato berluscòn Carlo Taormina, che difende gli interessi di Annamaria Franzoni, principale indagata per il delitto di Cogne. L’assalto alla procura di Aosta viene di giorno in giorno condotto da Taormina con esasparata violenza mediatica. Taormina chiede il trasferimento dell’inchiesta a Torino. Non sarebbe la prima volta che un’importante inchiesta viene sottratta alle competenze della procura aostana. Pochi ricordano, per esempio, il caso Phoney Money: un’inchiesta aperta dal pm di Aosta David Monti, che fu tolta a Monti da Maria Del Savio Bonaudo (attuale protagonista del caso Cogne) e trasferita in seguito a Roma, quindi archiviata. I bene informati dissero ai tempi: si era sull’orlo dell’abisso, si stava per scoprire una nuova P2. Tutte bazzeccole, come ha decretato il tribunale di Roma. Monti, un ex affiliato alla massoneria, stava indagando su una presunta lobby politico-affaristica che faceva perno attorno al consigliere italoamericano Enzo De Chiara, Lorenzo Necci e l’ex-amministratore della Stet Enzo Pascale. C’entrava anche Chichi Pacini Battaglia: uno bene informato, come dimostrarono le intercettazioni ambientali che pubblicò il Corriere della Sera, con uno scoop attualmente introvabile nell’archivio. Rileggiamoci un’intervista che Monti rilasciò a Panorama il 12 dicembre 1996. E’ un godibile ritratto dell’Italia…
QUI SI RISENTE ODOR DI P2
di Marcella Andreoli
da Panorama, 12 dicembre 1996
“Complotti orditi dalle procure? Suvvia, non scherziamo. Di compiotti ne vedo tanti, ma in senso opposto a quello denunciato dal senatore Giovanni Pellegrino”.
Cosa vuole dire?
“Che ancora oggi, a 15 anni dalla scoperta della loggia P2, i poteri occulti sono vivi e vegeti e sono loro ad organizzare, se non veri e propri complotti, pericolose interferenze”.
Per esempio?
“Per esempio, riuscendo a bloccare inchieste considerate scomode”.
Sta dicendo che lei è stato fermato da quegli stessi poteri che stava inquisendo?
“Diciamo che in alcuni settori ancora oggi è difficile indagare”.
Il sostituto procuratore di Aosta David Monti, il promotore dell’inchiesta Phoney money, sta affilando le armi in vista dell’audizione, prevista per martedì 17 dicembre, al Consiglio superiore della magistratura. In quella sede il magistrato lancerà le sue accuse contro coloro, a cominciare dal procuratore capo di Aosta, che gli hanno sottratto le indagini (aperte la scorsa primavera, dopo aver scoperto un coiossale traffico di titoli falsi) su una lobby occulta. Punterà l’indice molto in alto. È convinto, Monti, che “poco sia cambiato nel nostro Paese perché sono ancora operanti associazioni segrete con capacità trasversale molto diffusa”.
Ha sostenuto che esiste una trama per mettere in difficoltà il presidente della Repubblica. Lo conferma?
“Ho raccolto dati in questo senso. O meglio, informazioni” spiega.
Informazioni nel senso che ha scoperto dossier riservati sul capo dello Stato?
“Diciamo informazioni raccolte da servizi deviati”.
Solo sul conto di Oscar Luigi Scalfaro?
“Anche su altri personaggi di rilievo. Purtroppo, poco è cambiato nspetto agli anni Ottanta. I poteri occulti sono sempre presenti”. All’opera, dunque, sia nella Prima che nella Seconda repubblica, “magari in sonno quando le indagini riguardano fatti semplicemente corruttivi, ma pronti a intervenire quando la magistratura sonda i meccanismi segreti del potere”.
Parole pesanti, dottor Monti: frutto di sue deduzioni o di prove raccolte?
“Stavo aprendo dei cannocchiali di visibilità”.
Per scoprire che cosa? “Che nella formazione del gabinetto Berlusconi, un capo della polizia (Vincenzo Parisi, ndr) si era mosso su una forza politica (la Lega, ndr) perché optasse per il ministero della Difesa anziché per quello dell’Interno. Ora anche un bambino capirebbe che il prefetto Parisi, personaggio di grandissimo rilievo, non avrebbe mai fatto un simile intervento con personaggi minori”.
E dunque?
“Visto che quei personaggi rispondono ai nomi di Enzo De Chiara e Mario Ferramonti, da me indagati, posso sostenere che il loro ruolo non è da sottovalutare”.
Ferramonti, leghista della prima ora, è però un piccolo faccendiere…
“Quanti, agli inizi degli anni Sessanta, pur conoscendolo bene, davano peso a Licio Gelli, capo della loggia P2?”.
Sta dicendo che esiste ancora quella loggia?
“Quando, nel marzo 1981, i magistrati di Milano ordinarono una perquisizione negli uffici di Castiglion Fibocchi, Gelli telefonò agli ufficiali della Finanza per ammonirli: ‘Guardate che io dirigo una organizzazione molto importante legata ai vertici della Repubblica’”.
Ma non è acqua passata?
“Non so se quella che io ho indagato sia la stessa identica organizzazione. Però ci sono punti di contatto”
Vuole fare un esempio?
“Facciamo prima una premessa: non vedo come si possa pensare che le associazioni segrete siano sparite da questo Paese quando, proprio recentemente, si è conclusa la vicenda giudiziaria legata alla P2 con una sentenza assolutoria della Cassazione”.
Forse perché le prove della presunta cospirazione non hanno retto fino alla sentenza definitiva.
“Però anche le inchieste amministrative sugli appartenenti alla P2 si sono concluse con un nulla di fatto”.
Allora lei è stato un ingenuo ad aprire un’indagine su una questione cosi difficile e controversa.
“Forse”.
Quando ha capito che sarebbe stata un’impresa ardua? Dopo aver iscritto nel registro degli indagati personaggi di primo piano come l’amministratore del colosso Stet o il vicecomandante della Finanza?
“Avevo trovato documenti importanti, avevo scoperto un collegamento tra le indagini sulla lobby occulta e un colossale traffico di titoli falsi. Questo tipo di traffico è sempre servito per finanziare le logge massoniche”.
Come fa a sostenere una simile accusa?
“Ci sono stati anche clamorosi casi giudiziari, vedi la vicenda Martelli-Kolbrunner (un presunto giro di titoli falsi che aveva come epicentro delle indagini l’ex guardasigilli Claudio Martelli e una sua collaboratrice ndr)”.
Cos’altro, dottor Monti?
“Perché non si va a rileggere gli atti della commissione parlamentare sulla P2? Pure in quei faldoni troverà la pista di un traffico di titoli falsi. Ne aveva parlato un personaggio molto noto negli anni Settanta, Mario Foligni, che era al centro di un dossier chiamato M.Fo.Biali. Ecco, quella trama cbe risale a 20 anni fa l’ho ntrovata nelle mie indagini”.
E con Foligni era apparso un trafficante libico, Omar Yaia, ora riemerso nell’inchiesta dei magistrati di La Spezia…
“Vero. Allora come ci si può meravigliare del fatto che certì personaggi siano ancora in circolazione e che i poteri occulti siano tuttora all’opera? Una constatazione: quel dossier M.Fo.Biali prese corpo perché l’allora ministro alla Difesa, Giulio Andreotti, aveva incaricato il responsabile di un settore chiave del Sid, il generale Gianadelio Maletti, di indagare appunto su Foligni il quale, a metà degli anni Settanta, stava formando il Nuovo partito popolare in contrapposizione alla Dc. Da quella vicenda emergeva anche un robusto traffico di petrolio con la Libia, diventato in seguito la base di partenza della famosa inchiesta giudiziaria chiamata ‘scandalo dei petroli’ che avrebbe poi travolto il vertice piduista della Guardia di finanza”.
Dottor Monti, siamo un po’ alla preistoria…
“Però i personaggi sui quali stavo indagando sono i nipotini di quel caso”.
Vuole dire che i suoi imputati sono legati a doppio filo a una trama mai spezzatasi?
“Se leggiamo l’ordinanza con cui è stato arrestato a La Spezia un personaggio molto noto nei nostri anni Novanta, Pierfrancesco Pacini Battaglia, scopriamo cose interessanti. Parlando con Emo Danesi, già appartenente alla P2, Pacini esprime grande interesse per la prospettiva che Lorenzo Necci (imputato a la Spezia ma anche indagato dal PM Monti, ndr) possa assumere un incarico di rilievo nel gabinetto Maccanico. ‘Mi ha telefonato Lorenzo e ha detto che va’ confida Pacini. Quindi c’era un interesse particolare ad avere un amico in un posto chiave”.
Forse è un po’ poco per sostenere un intreccio perseguibile penalmente. A meno che lei, che ha seguito da vicino il tentativo di formare il governo da parte di Antonio Maccanico mettendo sotto controllo alcuni telefoni, abbia raccolto elementi non ancora venuti alla luce.
“Non posso dire nulla”.
Eppure, interrogando alcuni testimoni, lei ha posto domande sulla appartenenza di Maccanico alla massoneria.
“Anche su questo punto sono tenuto al segreto”.
Circola voce che lei sia, diciamo, troppo emotivo, che volesse interrogare pure il presidente Clinton…
“Azioni di pura delegittimazione della mia indagine”.
Il senatore Giovanni Pellegrino accusa i magistrati di dipietrismo, Luciano Violante denuncia l’esistenza di una repubblica giudiziaria. Il Pds, partito cui appartengono i due uomini politici, vi ha abbandonato?
“Primo, non sono un imitatore di Antonio Di Pietro. Secondo, mi rallegro che i magistrati non abbiano appoggi, né a destra né a sinistra”.
Vogliamo definire il potere occulto?
“Un intreccio di membri di associazioni segrete e di appartenenti a istituzioni perfettamente legali che si incontrano in punti off shore, cioè territori al di fuori della giurisdizione italiana. Non esislono solo le società off shore che proteggono i flussi finanziari illegali, ma anche le off shore massoniche, veri punti nevralgici”.
Qual è il loro ruolo?
“Non di cospirazione, ma di interferenza, che significa spesso condizionamento”.
Dottor Monti, lei da studente è stato iscritto alla massoneria.
“Una semplice curiosità”.
Cos’è il distintivo che ha sul bavero?
“Quello di Scotland Yard, che non è un’associazione massonica”.
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