avantporn2.jpgavantporn1.jpgChe cosa sia l’Avant-Porn, evidente calco deviante dall’AvantPop letterario, è arduo da definire. Proviamo a circoscrivere questa page che da qualche anno sta colonizzando design, fotografia, narrativa, filosofia e arte performatoria. Si tratta di un’estetica dai contorni più fumosi che sfumati: di qui, immense difficoltà e generalismi che sfiorano l’idiozia. Diciamo che, più che un’estetica, l’Avant-Porn è una sintesi di differenti estetiche: si va dal rétro liberty al lounge 50-60 fino al postmoderno e ovviamente all’avantpop, shakerati con vertiginosa e ipnotica furia, per fare compiere all’arte una svolta che tenga conto dei risultati degli studi di genere, della semiotica ottantina, del movimento di liberazione delle sessualità extravanilla, dal sadomaso al fetish. Il tutto, come è immaginabile, con una profonda attenzione rivolta al porno quale strumento di controllo mentale, momento emancipatorio della personalità individuale e collettiva, strumento di comunicazione sensoriale e ultrasensoriale. Di questo vasto coacervo estetico, What the Fuck: The Avant-Porn Anthology, l’antologia curata da Michael Hemmingson e prefata dal teorico dell’AvantPop Larry McCaffrey, è la bibbia assoluta, la mappa totale – e un eccezionale caleidoscopio narrativo.

Il libro, edito tre anni fa dalla solita accolita di geni di Soft Skull, è una bomba. Alcuni racconti dell’antologia sono davvero memorabili. Per esempio JFK2 di m.i. blue, dove si parla di un’erezione del cervello del presidente americano assassinato, che tenta di penetrare nella tomba di Marilyn Monroe. O Scratch di Nikki Dillon, che narra di come si scriva la biografia di Satana, si finisca a letto con lui e se ne venga puniti. O anche Without Pain, Without Death a firma Jasmine Sailing, variazione barocca su morte, piacere, purezza, dolore e fuoco. Una spanna su tutti i racconti, Our Hero Awakens di Robert Coover, il cui protagonista compie una sorta di percorso controiniziatico che lo trascina da un harem mattutino a una situazione da Cosmopolis di DeLillo.
What the Fuck: The Avant-Porn Anthology non è soltanto un libro sul sesso, sulla vita speziata e sui pruriti che dovrebbero libidicamente recuperare la pelosità alienata delle vite borghesi occidentali. Tutt’altro. E’ una sorta di atlante della psicologia di un’umanità che sta ponendosi domande fondamentali sulla potenza obnubilante del desiderio e sullo statuto reale di una liberazione integrale, in una transizione storica che non permette mobilitazioni collettive secondo le tradizioni di massa del Novecento. E’ questo un tratto tipico dell’AvantPop: l’attraversamento del contemporaneo al di là dei rifiuti preventivi, lo scavo del condizionamento alla ricerca del graal della liberazione presente, attuale, concreta, alla portata di tutti. L’estetica Avant-Porn precisa proprio lo statuto dell’oggetto estetico: mette in evidenza l’estetico a scapito dell’oggetto. Lo psicologismo che l’antologia curata da Hemmingson mette in crisi è proprio quello riduttivista e biologista che si sta preparando allo scontro fatale con la creatività umana, che da Dick a Ballard allo stesso McCaffrey (i numi tutelari di Hemmingson) si sta via via definendo quale cifra del nostro presente in divenire.