di Nico Maccentelli

«…non vogliamo dire che tutto quello che fa un governo sia sbagliato perché capitalista. Ma una sana diffidenza di classe è d’obbligo, perché la scienza non è neutra ma può essere usata per uno scopo o per un altro, così come la tecnologia. Occorre valutare caso per caso le misure prese da un dato governo, ponendosi sempre le domande: a chi giova? Perché?»

(Valerio Evangelisti, Roberto Sassi e Nico Maccentelli, 10 agosto 2021)

«Se la scienza ci portasse a una conoscenza assoluta della realtà, noi potremmo sostenere che essa è in un certo senso neutrale, perché le verità che ci procura – in quanto assolute – non dipenderebbero in alcun modo dal soggetto che conosce, né dalle condizioni sociali in cui egli opera, né dalle categorie logiche o dagli strumenti osservativi usati per conoscere. Se, viceversa, nelle scienze (e conseguente- mente nella concezione generale del mondo che su di esse si regola e si misura) non fosse presente un secondo fattore, e cioè la realtà che esse ci fanno via via conoscere sia pure in modo relativo e non assoluto, le scienze e la filosofia risulterebbero delle costruzioni puramente soggettive: costruzioni senza dubbio non neutrali, perché dipendenti per intero dall’uomo che compie le ricerche scientifiche e dalle condizioni sociali in cui egli opera, ma in ultima istanza non neutrali solo in quanto arbitrarie. Solo la conoscenza dei due anzidetti fattori – l’uno soggettivo, l’altro oggettivo – ci fa comprendere che la scienza non è né neutrale né arbitraria. E solo l’esistenza di un incontestabile rapporto dialettico tra tali due fattori ci fa comprendere che la scienza non è suddivisibile in due momenti separati (l’uno non arbitrario e l’altro non neutrale) ma è, nella sua stessa globalità, non arbitraria e non neutrale, cioè possiede questi due caratteri intrinseci e ineliminabili»1 

Questa riflessione del grande filosofo marxista nostrano Ludovico Geymonat ci porta a riflettere a nostra volta su quanto avvenuto negli ultimi tre anni, in cui il mondo si è trovato davanti a un’emergenza (creata? costruita? Anche questo fa parte della riflessione e dal reperimento di dati) come quella del Covid. L’epistemologia è saltata nel capitalismo, è una questione dibattuta sin dai tempi dell’avvento del nucleare. La scienza dunque vede la parte arbitraria emergere con disinvoltura dalle sperimentazioni che alterano il rapporto con la natura, i salti di specie e in relazione con le tecnologie dello sfruttamento intensivo, dell’alterazione su scala planetaria degli equilibri naturali e quindi del rapporto tra uomo e natura, nelle relazioni classiste tra uomini stessi.

Ludovico Geymonat

Una riflessione che non può che evidenziare da parte della maggioranza dei marxisti una completa assimilazione a questa arbitrarietà della scienza, per riconoscerne paradossalmente e implicitamente una neutralità fittizia, fasulla. Intere schiere di compagni si affidavano a sieri spacciati per vaccini, non si ponevano la domanda del perché ricercatori e medici non tentassero strade diverse, terapie che poi si è visto che c’erano sin dall’inizio.

Il punto di vista dominante ha attecchito di fatto laddove i marxisti se fanno vanto e cavallo di battaglia: la scienza, il materialismo dialettico come metodo scientifico di analisi della società e delle sue dinamiche, dei suoi rapporti con la natura.

Del resto ormai si è abituati alle vulgate, alle semplificazioni e alla superficialità. L’esempio del desiderata di superare la società dell’idrocarburo con qualche pala eolica senza vederne i limiti tecnologici attuali, il rapporto costi benefici, serve più come la Tumberg allo sviluppo di nicchie di mercato del tutto interne alle logiche del profitto e del modo di produzione capitalistico che al superamento di modelli economico-sociali desueti. Con il covid è stata la stessa cosa: la delega a una scienza classista, del vaccino e del controllo, l’atteggiamento supino di organizzazioni, sindacati anche della sinistra critica, ha fatto sì che anche un’analisi dello scontro sociale e della lotta di classe che questa emergenza con le sue restrizioni e obblighi ha determinato, fosse viziata e ignorata.

«L’idea di fondo è che se si vogliono evitare pericolosi e imbarazzanti conflitti tra scienza e etica, rischiando di riprodurre le condizioni che portarono al processo a Galileo, occorre partire dal presupposto che la morale, per svolgere veramente il suo compito, deve essere adatta, ossia proporzionata e calzante, a quanto l’uomo del nostro tempo vive e sente del mondo e di sé, e quindi allo stile di pensiero della nostra epoca. Gli elementi caratterizzanti di questo stile sembrano essere, in particolare, la dinamicità e la rivedibilità, per cui anche un’etica che voglia essere all’altezza delle esigenze del nostro tempo e il più possibile compatibile con esse dovrà armonizzarsi con questi principi base, rinunciando ad ogni pretesa di “giudice super partes”, che ambisca a esercitare un diritto di censura o di supervisione sul sistema globale della nostra cultura e civiltà in nome di non si sa bene quali principi irrevocabili. Da questo punto di vista, dunque, la morale e l’etica devono essere proporzionati al livello della nostra conoscenza scientifica; solo così esse potranno, a loro volta, avanzare identica istanza nei confronti di que- st’ultima, pretendendo che il suo sviluppo sia compatibile con i principi morali del- l’umanità. Solo così scienza ed etica potranno dialogare in modo proficuo; e solo da un confronto impostato a partire da queste premesse potrà emergere per l’uomo la possibilità di acquisire un punto di vista che cerchi di rendere il più possibile convergenti le esigenze e le istanze dell’una e dell’altra senza forzature e senza, soprattutto, che ne risulti compromessa l’autonomia di una delle due o, peggio ancora, di entrambe.»2

L’abiura di Galilei

In questo ottimo spunto di Silvano Tagliagambe, sul “sistema Galilei” (o meglio contro Galilei) viene ben evidenziato l’approccio di cui sopra e come invece per tutto il periodo della pandemia sia avvenuto esattamente l’opposto, ossia una feroce censura da parte dei centri di controllo politico-scientifico nel ministero della salute, nelle istituzioni sanitarie, nei vari organismi afferenti lo Stato e l’OMS, nei centri di ricerca tutti finanziati o integrati alle multinazionali del farmaco, nei vari paesi del mondo a partire da quelli occidentali. Una repressione fatta di radiazione dei medici che cercavano di curare al di là del ferreo protocollo imposto, tachipirina e vigile attesa. L’abiura galileiana propagandata dai media con un dogma falsamente scientifico, ma orientato ad affermare interessi specifici, ben lontani dalla salute e ben più vicini al profitto delle multinazionali, alla corruzione delle rotelle dell’ingranaggio statale e sanitario e a una gestione che penalizzava le piccole attività imprenditoriali a favore della produzione e circolazione di merci dellegrandi filiere multinazionali, pone in concreto la questione del rapporto tra scienza e etica. 

Ma tutto questo nei nostri marxisti massimalisti è stato acqua di rose, in una sorta di atto di fede verso la ricerca ufficiale, i dispositivi e i decreti che dettavano (imponevano) le linee di fondo sui sanitari, sui medici, sui cittadini, ben oltre lo stato di diritto fin qui conosciuto nelle democrazie liberali.

In specifico, questa pseudoscienza del profitto e del controllo sociale e biopolitico, al servizio della più bieca centralizzazione del capitale per una società-laboratorio delle teorie deliranti e para-naziste di Karl Schwab, ha travalicato con l’obbligo vaccinale e le restrizioni come il coprifuoco e il green pass, quel diritto che l’art. 32 della nostra Costituzione sancisce a tutti i cittadini, ma direi essere umani in quanto tali. L’espropriazione del corpo e di fatto della mente (obbligo, restrizioni e propaganda calibrata sulla censura e la falsificazione) come una sorta di accumulazione originaria nella distruzione creatrice draghiana di ciò che è ritenuto inutile e obsoleto a puro vantaggio della speculazione e concentrazione del capitale. Acqua fresca… basta solo distrarre la massa antagonista con un po’ di retorica sul lavoro.

La scienza di fatto considerata neutrale, oltre ai danni sociali ed economici sopra citati, che significano chiusura di attività, famiglie sul lastrico ha comportato una “scienza della salute” che ha privato cittadini del tutto sani di una vita libera e normale, con misure che non hanno evitato le migliaia di morti e che non c’entravano nulla con un sensato rimedio scientifico. Una scienza eretta a ragion di Stato che persino certi anarchici hanno riconosciuto come valida. Scienza della salute è forse impedire l’istruzione, lo sport, una crescita psico-fisica apprezzabile a milioni di minori? È forse reprimere la sperimentazione di nuove cure? Occultare gli effetti avversi dei sieri? Rendere ancora più lunghi i tempi delle terapie salvavita degli oncologici o dei cardiopatici, l’accesso alle terapie? Negare il lavoro con il ricatto delle sospensioni? Quanti articoli della Costituzione sono stati completamente aggirati, ignorati, calpestati?

Di fronte a questo passaggio epocale verso la sottrazione di diritti fondamentali ogni qual volta il regime delle oligarchie finanziarie e i suoi comitati d’affari negli apparati dello stato e dei media lo decidono, c’è stata la latitanza più ignobile da parte di certa sinistra. 

Persino sul terreno del lavoro con le migliaia di sospensioni, verso le quali i sindacati “conflittuali” hanno per lo più cercato soluzioni sporadiche, sotto pressione di qualche lavoratore  che aggirassero senza affrontarlo il cuore della questione, la contraddizione tutta interna anche al rapporto conflittuale tra capitale e lavoro.

Più comodo ridurre tutto a fascismo, rossobrunismo, terrapiattismo, a quel complottismo che però, guarda caso, nelle sue iperbole folcloristiche alla fine ci prende, per il semplice fatto che il complotto è, l’ennesimo. La storia è piena di complotti, ma oggi se si va a leggere l’opera di Karl Schwab, il Grande Reset, questi signori di Davos te lo dicono pure: è tutto scritto.

La resistenza pacifica ma determinata dei portuali triestini contro le restrizioni pandemiche

Con un approccio più materialistico-dialettico, ci si sarebbe accorti che qualcosa non quadrava nella gestione di regime della pandemia, che c’erano scopi diversi e anche confliggenti con la salute pubblica. E si sarebbe scoperto che la lotta di classe si andava sviluppando su una questione più generale: la sopravvivenza umana, dei soggetti e della comunità, sul piano relazionale, fisico, psicologico, economico, generazionale. Sopravvivenza: come il rischio nucleare, come la guerra, ossia le fasi in cui il semplice rapporto capitale lavoro e le sue contraddizioni sociali si allargano a tal punto di investire la sfera dell’umano. E non mi si venga a dire che questo è un approccio interclassista. Il rapporto capitale/lavoro infatti, lo puoi declinare nel puro economicismo e la storia è piena di tradunionismi anche lodevoli. Mentre milioni di persone e intere comunità ridotte a carne da macello nel rischio di malattie e gestioni sanitarie criminali non possono che riguardare la questione non di chi comanda in una fabbrica o in borsa, ma nell’intero sistema. Diviene la questione politica.

Per questo, anche se embrionalmente e con tutta l’immaturità per coscienza collettiva e progettualità, per la prima volta dopo decenni abbiamo visto sulla scena sociale un movimento squisitamente politico, così come il terreno del rapporto tra capitale/lavoro è stato investito di una carica sovversiva forte nelle lotte dei portuali e dei cittadini di Trieste un anno fa. Un momento di autonomia operaia che andava a colpire il capitale laddove la circolazione di merci è più esposta: un porto che serve il nord Europa. Ma che era anche autonomia sociale, perché una coscienza politica di sé in formazione portava migliaia di sodali da tutta Italia a compattarsi a Trieste: Una correlazione così forte tra soggettività della lotta di classe in lotta politica non si era mai vista. Lasciamo la vulgata dei crocefissi e delle preghiere a chi appunto ha mostrato tutti i limiti di un approccio materialistico-dialettico, di analisi concreta della situazione concreta, in chi ha ridotto questo movimento e la sua lotta politica a puro sociologismo. Il dito e la luna.

Oggi, nell’era in cui con un virus stravolgono i diritti acquisiti dai tempi dei citoyen nel 1789, brevettano il tuo dna, l’umano diviene merce assoluta e totale e non solo venditore di lavoro, anche la questione della scienza afferisce inevitabilmente la questione del potere. Trasformare la guerra imperialista in guerra civile sosteneva il bolscevismo ed ebbe ragione. Trasformare la guerra di oggi che è imperialista e di dominio, interna ed esterna, sui popoli e sulle classi subordinate per il loro totale asservimento alle logiche e alle crisi del capitalismo, in guerra sociale, ribellione generalizzata per mandare in tilt i loro centri di controllo, le loro filiere di sfruttamento e ribaltare così i rapporti di forza è il passaggio che volenti o nolenti ci troviamo ad affrontare. Ciò è il bolscevismo di oggi, la lotta politica.

E oggi si scoprono tutti i vermi che brulicavano nella gestione pandemica e che con scientismo religioso ancora oggi c’è chi non vede. Per i signori dei sieri imposti alla popolazione ci vorrebbe una nuova Norimberga e non v’è dubbio che la lotta su questo terreno di verità, man mano che studi scientifici si stanno facendo strada come fiori che spuntano dall’asfalto, è anche lotta per una scienza e un sistema conseguente che mette al centro la salute, che riporta l’arbitrio sul terreno di una non neutralità umana e non delle macchine, dei sistemi, dei meccanismi dell’accumulazione di capitale, dei piloti atutomatici, dell’economia sulla politica.

Questo è ciò che non si è capito a sinistra, anche nella sinistra più antagonista e si è perso tempo, occasioni, si è rimasti nella marginalità di un economicismo spacciato per lotta politica, in un menscevismo di ritorno. Non si sono collegati i fronti che si contrappongono alle diverse modalità con le quali il capitalismo esercita il proprio comando. E ogni lotta è rimasta parziale, monca, priva di qualsiasi autentica unità di classe, tra classi sociali sempre più liquide e orizzontalmente intrise di vasi comunicanti, con un ascensore sociale definitivamente interrotto ai piani bassi e un controllo sociale e disciplinare da far dire a Orwell: ve l’avevo detto. Un antagonismo che tratta la scienza come Focus.

Lidia Undiemi giustamente ci parla nel suo “La lotta di classe nel XXI secolo” de “L’uso strumentale della “«scienza» in politica: il governo tecnico”3.  (pag. 151) L’incapacità di compredere da parte di certa sinistra radicale e di classe l’usa tecnico della scienza, che sia economico-sociale o biologia, virologia, ecc. è alla base dei limiti diquesta stessa sinistra nel mettere in relazione le scienze borghesi tra loro e nel comprendere che il governo degli scienziati al servizio di big pharma ha le stesse dinamiche e finalità del governo dei “tecnici”, che sono al servizio degli stessi padroni del vapore: capitale finanziario e multinazionale e comitati d’affari ben interni ai partiti di regime.

Sicché, come è stato possibile far passare leggi e decisioni economiche sul lavoro, nel nome dell’interesse generale del paese, allo stesso modo è stato possibile imporre (entrambe sono imposizioni) con la pandemia restrizioni e obblighi teapeutici, o meglio pseudo-terapeutici nel nome della salute pubblica.

La “terza via” è l’ideologia della post-ideologia neoliberista, così come il dogma della terapia per la salute pubblica è l’ideologia (e quindi non una scienza) neoliberista nell’emergenza covid: una succosa opportunità per restringere gli spazi di libertà individuale e sociale in un contesto dove già il neoliberismo sul piano economico e attraverso istituzioni come quelle europee aveva già sferrato i suoi colpi attaccando con successo i diritti sul lavoro, i salari, il welfare.

Così come oggi le stesse istituzioni europee ci fanno passare la fornitura di carrarmati all’Ucraina come una misura umanitaria, se non la trattativa tra le parti, il cessate il fuoco, sul piano della sanità pubblica, dopo decenni di tagli per miliardi di euro, la soluzione non è rifinanziare la sanità pubblica, ma dare soldi a raglio alle multinazionali del farmaco per avere sieri nemmeno sperimentati, inibire la funzione di Ipocrate a migliaia di mediciche hanno accettato o subito i diktat dei protocolli di regime finalizzati ad autorizzare ciò che non aveva le carte per essere approvato.

Di emergenza in emergenza, dall’economia alla pandemia alla guerra, i media sono i certificatori del fatto che ogni decisione imposta è scienza infusa. Peccato per la sinistra radicale e di classe che ci è cascata e che ha lasciato un bel buco nero di comprensione e nelle possibili lotte dall’economia alla guerra. E il buco nero è la pandemia, proprio il passaggio in cui la democrazia borghese si è trasfigurata definitivamente in un totalitarsimo neoliberista di stampo neofascista (il neo non è riferito al neofascismo storico, ma esprime una nuova forma di fascismo). Alla faccia dell’antifascismo nostalgico e di maniera.

Non riconoscere i passaggi biopolitici autoritari di un neoliberismo che è sempre più strumento generalizzato delle classi dominanti, ossia delle élite transnazionali, non è da avanguardia di classe, ne converrete. Ma è proprio quello che è successo, e che ha ridotto parte dell’opposizione marxista in una sorta di cartello elettorale intriso di retorica del padrone, quando il “padrone”  non ha più il sigaro e il cilindro in testa, ma è tra le porte girevoli dei consigli di amministrazione di multinazionali, nei boiardi di stato, tra i tecnici e think tank vari, dai centri studi universitari ai media e che sono ben riconoscibili da Cernobbio a Davos, dal Bildelberg alla Trilateral al Gruppo Aspen.

Se di scienza si deve parlare oggi, quella che opera e impone, ebbene è scienza classista, al servizio del capitale a tempo pieno, che si tratti di economia o di sanità, di tecnologie tutte votate al controllo sociale delle persone e delle comunità e alla guerra. È una scienza dello sfruttamento e della guerra, della produzione di emergenze di ogni tipo, dell’uilità della malattia per la cura che dà profitti, mentre i costi sociali e umani sono scaricati sugli stati, le comunità i settori sociali subalterni, che subisco questo stato di cose senz avere diritto di parola o di replica. Così è se vi pare, e se non vi pare è lo stesso.

Bastava approfondire pensatori come Ludovico Geymonat per comprendere che l’atomo non è un atomo e basta, ma è importante la direzione che se ne dà e per quale fine. Ma si è preferito restare nel facile cencelli dei classici, ormai datati ai primi decenni del ‘900.

Abbiamo capito o no allora che casino ha combinato dalle nostre parti questo tipo di incomprensione?

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Note:

1 L. Geymonat, Scienza e realismo, Feltrinelli, Milano, 1977, pp. 117-118.

2. L’eredità culturale e politica di L. Geymonat, di Silvano Tagliagambe, in Il pensiero unitario di Ludovico Geymonat, convegno di Bologna, gennaio 2002, Edizioni Nuova Cultura 2004

3. Lidia Undiemi La lotta di classe nel XXI secolo, “L’uso strumentale della «scienza» in politica: il governo tecnico”.  (pag. 151), Ponte alle Grazie, 2021

Link di alcuni miei interventi sui temi posti in questo articolo:

Controinsurrezione e controllo sociale: https://www.carmillaonline.com/2022/02/18/controinsurrezione-e-controllo-sociale/

Collettivismo… forzato? : https://www.carmillaonline.com/2022/01/18/collettivismo-forzato/

Riotta Vs Riot: https://www.carmillaonline.com/2021/10/22/riotta-vs-riot/

Autointervista sulla gestione della pandemias da Covid-19: https://www.carmillaonline.com/2021/08/15/autointervista-sulla-gestione-della-pandemia-da-covid-19/

Riflessioni pandemiche: https://www.carmillaonline.com/2020/12/01/riflessioni-pandemiche/

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Infine, il documento con cui Valerio Evangelisti ha preso posizione sulla questione, insieme al sottoscritto e a Roberto Sassi, apparso su Contropiano il 10 Agosto 2021 e ripreso da altri blog e web di controinformazione come Sinistrainrete e di cui fa parte la citazione iniziale:

https://www.sinistrainrete.info/politica-italiana/21011-roberto-sassi-nico-maccentelli-valerio-evangelisti-lettera-aperta-a-contropiano-su-green-pass-e-dintorni.html