di Sandro Moiso semantica

George Orwell fu sicuramente tra i primi a rendersi conto che, nell’evoluzione della politica autoritaria successiva all’esperienza delle dittature europee della prima metà del ‘900 e alla fine della seconda guerra mondiale, lo stravolgimento semantico del discorso sarebbe stato uno degli strumenti più importanti di governo e di acquietamento delle coscienze attraverso una disinformazione programmata. Infatti, a confronto dei Ministeri dell’Amore, della Pace e della Verità previsti nel suo romanzo più famoso, quelli delle passate dittature avevano avuto almeno il pregio di chiamarsi con il loro vero nome 1 .

Così, anche se abituati ormai da tempo a sentire definire le missioni militari all’estero come missioni di pace oppure a sentirci dire che soltanto con i tagli di posti di lavoro e di spesa pubblica l’economia tornerà a volare, negli ultimi tempi il ribaltamento di significato dei termini utilizzati negli articoli e nei provvedimenti inerenti alla costruzione della linea ferroviaria ad Alta Velocità tra Torino e Lione e alla sua contestazione ha raggiunto livelli di autentico parossismo.

Certo, anche su questo ha gravato l’effetto causato da uno dei peggiori presidenti del Consiglio della storia della Repubblica: sputare parole per promettere tutto senza mantenere nulla o, ancor meglio, soltanto per sputarle e muovere aria per attirare, come in un mercato medievale fiorentino, l’attenzione dei possibili clienti. Cosa abbondantemente testimoniata dai recenti insuccessi in sede Europea, del tentativo di ottenere proroghe e flessibilità nel raggiungimento del pareggio di bilancio, sbandierati come successi legati alla simpatia e al savoir-faire del nostro omino di marzapane.

Così come anche un grande elettore dell’attuale leader del PD ha dovuto espressamente ammettere: “Matteo Renzi e il paese che rappresenta sembrano viaggiare col vento in poppa. Sembrano e in parte è fortunatamente così; in altra parte è un gioco di immagini e di specchi, di annunci ai quali la realtà corrisponde molto parzialmente. La sola vera conseguenza è il suo rafforzamento personale a discapito della democrazia la cui fragilità sta sfiorando il culmine senza che il cosiddetto popolo sovrano ne abbia alcuna percezione“.2

Ma rimane comunque stupefacente come gli autori di articoli pubblicati sui principali quotidiani oppure di certi rinvii a giudizio riescano a stravolgere coscientemente i fatti e il significato delle parole. E la questione del TAV e del trattamento riservato alle lotte dei valsusini e di tutti coloro che gli si oppongono ne è diventata, contemporaneamente, banco di prova e terreno di provocazione.
Tanto che un giornalista ha potuto scrivere che, da parte dei promotori, finanziatori e difensori della linea ad alta velocità in Val di Susa, sarebbe in atto una vera e propria beffa ai danni dei No TAV. 3

Dimenticando che è già stato revocato metà del contributo europeo,4 in un autentico tripudio di parole in libertà di stampo futurista, ha così affermato che: “La parola d’ordine è: cambiare versante. Forse così la grande battaglia d’autunno non ci sarà. Lo scontro atteso e temuto da molti all’apertura del cantiere del tunnel di base della Torino-Lione a ottobre-novembre, il momento della verità in cui tutti gli oppositori al progetto tenteranno l’ultima spallata a Susa, potrebbe svanire nel nulla. Non perché, improvvisamente, sia tornata la ragionevolezza. Ma perché, più semplicemente, potrebbe non esserci il cantiere. L’idea, che circola da qualche settimana tra i tecnici, dovrebbe essere discussa tra pochi giorni nella riunione della Conferenza intergovernativa italo-francese in programma a Chambery: scavare anche i 12 chilometri di galleria del versante italiano partendo dalla Francia. In modo da poter rinviare per molto tempo il momento in cui si dovranno espropriare i terreni del futuro cantiere vicino a Susa, la cittadina che il 25 maggio ha fatto vincere per otto soli voti il sindaco No Tav Sandro Plano. Cambiando il versante di attacco del lavoro delle talpe, il cantiere di Susa potrebbe aprirsi anche tra 4-5 anni mentre nel cuore della montagna le macchine lavorano indisturbate. Nel frattempo, scavando dalla Francia, l’impatto dei lavori sulla valle potrebbe diminuire”.

semantica 1 La possibile rinuncia alla realizzazione di un’opera inutile e infattibile dal punto di vista politico, come afferma la stessa Piattaforma del Corridoio Torino-Lione, se non sarà fatto “ tutto il possibile affinché quella esistente torni a essere la principale arteria di trasporto in seguito ai lavori di ampliamento nel traforo ferroviario del Fréjus/Moncenisio” e a seguito del sopracitato taglio dei contributi europei, viene rivestita da intelligente ed astuta misura per aggirare la resistenza NoTAV che, al contrario, potrà invece fin da oggi ritenersi ancora più forte nella sua lotta contro l’immondo e costosissimo progetto.

Ma non ancora contento, il nostro eroe, fidandosi del parere espresso anche dal Ministero degli Interni, si è lanciato in un’altra impegnativa affermazione: “Tecnicamente l’operazione sembra fattibile. Dei 57 chilometri di galleria di base solo 12 sono sul lato italiano. Le talpe francesi inizieranno tra qualche mese a scavare i primi 45 chilometri di loro competenza. Le macchine cominceranno a lavorare da tre diversi punti: lo sbocco del grande tunnel sul versante francese a Saint Jean de Maurienne e i punti di incrocio tra il tracciato del supertunnel e le tre gallerie di servizio francesi a 8 (Saint Martin la Porte), 17 (La Praz) e 29 (Modane) chilometri dall’ingresso transalpino. Proprio dalla galleria di servizio di Modane, quella più vicina al confine, potrebbero partire le talpe che scavano verso l’Italia e che potrebbero sbucare 28 chilometri più a est a Susa, 16 ancora in territorio francese e 12 in Italia”.

Spostando tunnel, tracciati, percorsi e cantieri come se fossero noccioline, ma dovendo poi ricordare che ”l’insidia principale per il futuro del progetto non viene dai No Tav ma dal governo francese. Che, a differenza di quello italiano, non ha ancora messo a bilancio i 2,2 miliardi di euro necessari a pagare la quota di Parigi nell’opera.[…] È un fatto che oggi i francesi sembrano avere più problemi dell’Italia nel rispetto dei parametri finanziari europei. E dunque qualche problema in più del passato a trovare le risorse”. E senza tener conto del fatto che anche un sindacato di polizia come il Siulp, attraverso la voce del suo segretario Eugenio Bravo, ha chiesto al Prefetto e al questore di Torino un “sopralluogo urgente” al tunnel di base della Torino-Lione, a Chiomonte in Valle di Susa, per valutare i rischi derivanti dalla inalazione delle polveri per i poliziotti in servizio al cantiere. Facendo, in questo modo, sorgere spontanea una domanda: “Chi potrà nel prossimo futuro farsi beffe di chi?

Se le beffe sono leggere, però, le accuse di terrorismo sono più pesanti e qui, purtroppo, si scende su un terreno più accidentato. Non soltanto dal punto di vista semantico. Infatti, mentre la Procura della Repubblica ed il Tribunale di Torino sostengono nel qualificare quale atto di terrorismo il danneggiamento di un compressore poiché sarebbe la causa dei ritardi accumulati e le conseguenti riduzioni di finanziamento, da parte della Commissione Europea, la Cassazione lo scorso 15 maggio, ha detto no agli arresti con l’accusa di terrorismo nei confronti dei quattro attivisti No Tav, Claudio Alberto, Niccolò Blasi, Mattia Zanotti e Chiara Zenobila per un attacco contro il cantiere avvenuto nella notte tra il 13 e il 14 maggio 2013.

E sono proprio le motivazioni con cui la Sesta sezione penale ha disposto un nuovo esame al Tribunale di Torino, ad essere interessanti poiché in esse si afferma che “la connotazione terroristica dell’assalto di Chiomonte non può essere efficacemente contestata in base alla generica denuncia di una sproporzione di scala tra i modesti danni materiali provocati e il macroevento di rischio cui la legge condiziona la nozione di terrorismo” e si dovrà pertanto “verificare se per gli effetti direttamente riferibili al fatto contestato sia stata creata una apprezzabile possibilità di rinuncia da parte dello Stato alla prosecuzione dell’opera Tav, e di un grave danno che sia effettivamente connesso a tale rinuncia, o comunque, all’azione indebitamente mirata a quel fine“.

La Cassazione ricorda poi ancora che perché possa scattare la contestazione di terrorismo ci deve essere “un grave danno per un Paese o una organizzazione internazionale” e si comprometta “il sereno svolgimento della vita pubblica, il fisiologico esercizio del potere pubblico, la stabilità e l’esistenza stessa delle istituzioni di una società pluralistica e democratica“.

Inoltre, per quel che riguarda il delitto di attentato, la Cassazione manda a dire al giudice del rinvio che “non sussisterebbe se non fosse provato che il lancio degli ordigni era univocamente diretto ad offendere il diritto alla vita e all’integrità personale degli operai di Chiomonte“.

E per non lasciare alcun margine al dubbio, la Suprema Corte critica l’ordinanza del Tribunale di Torino del 9 gennaio scorso per avere “assunto una ricostruzione dei fatti non sufficientemente argomentata, per poi desumerne comunque conseguenza giuridicamente scorrette“. Rimarcando, infine, la grave “confusione (o meglio contraddizione) che segna finanche, nel loro complesso, le osservazioni difensive sull’andamento dei fatti” in cui sarebbe incorso lo stesso Tribunale.5

Questioni di semantica dunque, ma non solo poiché potrebbe esistere una correlazione tra il contenuto dell’articolo delle beffe e le motivazioni della Corte di Cassazione al fine di aggirare le stesse. Nel frattempo la lotta continuerà come sempre, mentre nella confusione dovuta al rovesciamento di significato di ogni discorso pubblico sembra ormai destinata ad affogare una parte della stessa classe dirigente. Incapace di rendersi conto che l’unica libertà concessa dalle banche e dalla finanza internazionale ai governanti italiani è soltanto quella di giocare con le parole.


  1. Nel romanzo1984, il Ministero della Verità è destinato a modificare continuamente l’ordine e il significato dei fatti per fare trionfare sempre il pensiero del governo, quello della Pace è destinato a preparare la guerra, mentre quello dell’Amore ha la funzione di diffondere sistematicamente l’odio e la paura tra la popolazione  

  2. Eugenio Scalfari, Quant’è bravo il premier, ma chi ripara gli errori che sta facendo?, La Repubblica, 29 giugno 2014, in cui si afferma ancora che “Ascoltando il leader appena tornato dalle esibizioni di Ypres e di Bruxelles sembra che la partita della flessibilità economica sia stata guadagnata. Pienamente guadagnata, dopo aver mostrato i muscoli alla Merkel e avere poi concluso con un sorriso, un abbraccio e solide promesse. Il pareggio del bilancio sarà rinviato al 2016, gli investimenti per la crescita saranno consentiti, la fiducia cambierà in meglio le aspettative, le riforme strutturali – che sono la condizione richiesta dalla Germania – saranno fatte anche perché (Renzi lo dice e lo ridice) il premier ci mette la faccia. Più chiaro, più netto ed anche più irresistibile di così non ce n’è un altro. Un vero fico che la sorte ha regalato all’Italia e – diciamolo – al Partito socialista europeo e all’Europa intera. Però…
    Però non è proprio così. Intanto per quanto riguarda la flessibilità.
    Il pareggio di bilancio non è stato rinviato al 2016, ma in realtà al 2015 il che significa che bisognerà porne le condizioni nella legge di stabilità di quell’esercizio, che sarà in votazione dell’autunno di quest’anno. Si intravede una manovra di circa 12 miliardi e forse più.
    Nel frattempo la domanda, cioè i consumi, sono fermi anzi leggermente peggiorati; la “dazione” degli 80 euro, almeno per ora, non ha dato alcun segnale. È certamente presto per giudicare, aspettiamo i dati di giugno e di luglio; ma per ora non ci sono segnali di ripresa. Semmai ci sono segnali di ulteriore aumento della disoccupazione, giovanile e non
    “.  

  3. Paolo Griseri, Beffa ai no-Tav: “Scavi solo dalla Francia”, La Repubblica, 26 giugno 2014  

  4. Nel marzo 2013, la Commissione Europea ha ufficializzato la revoca di parte del contributo assegnato al progetto Torino-Lione passando dai 671,8 milioni di euro inizialmente concessi a 395,3 milioni. Il ridimensionamento riguarda tutto il programma, il cui importo complessivo passa da 2,09 miliardi di euro a soli 891 milioni con una riduzione del 57%  

  5. Tutte le citazioni dalla sentenza della Corte di Cassazione sono tratte da “No TAV: non è terrorismo se lo stato non deve rinunciare all’opera”, La Repubblica, 27 giugno 2014