di Mauro Baldrati

BUNGAdvdxxx.jpgL’industria del cinema porno non poteva lasciarsi sfuggire la vicenda del bunga bunga. Festini a luci rosse, camionate di ragazze velina-style (o meglio motoscafate, con tanto di filmati), il potente che consuma la donna disponibile come un oggetto, lap dance, live show, tutta materia prima da usare a volontà. E infatti è prontamente uscito un film porno con questo titolo, dove non vengono fatti nomi e i riferimenti sono “puramente casuali”. È in chiave parodistica: il Presidente parla con pseudo accento milanese, dice continuamente “cribbio” e “mi consenta”. Rispetto al “riferimento casuale” ha circa la metà degli anni, è aitante e tatuato, ma nel porno non si va tanto per il sottile.

La parodia è elementare, improvvisata: il Presidente si trova di passaggio in una villetta da quattro soldi (in realtà una villa vera e propria, ma lui è abituato a ben altro: si lamenta per la “vasca da bagno piccola”), e, stressato dalle beghe politiche, telefona a un tipo (il clone di un ruffiano preter-nazi indagato per favoreggiamento della prostituzione) perché gli organizzi una serata piacevole. Il ruffiano dice che ha una ragazza molto bella per le mani ma… c’è un problema: è in stato di fermo per furto. Ma quale problema! Una telefonata del Presidente al questore e tutto si risolve. Arriva una ragazza che assomiglia in maniera curiosa alla giovanissima escort che ha fatto scoppiare l’ennesimo scandalo di porno-politica, che si produce in un lunghissimo accoppiamento, preceduto da una altrettanto lunga fellatio.

Poi cambiano scena e personaggi: c’è “il più giovane ministro del paese”, un attore che assomiglia in maniera imbarazzante al rampollo di uno dei capi del regime (nel mondo reale soprannominato “il Trota”), che fa un grottesco comizio davanti al poster di un sedere femminile (ovviamente nudo). Si accoppia con una ragazza in cerca di lavoro come attrice, inviata da un industriale maneggione (per i riferimenti “casuali” c’è solo l’imbarazzo della scelta), in un’altra lunghissima sequenza, preceduta dal solito rapporto orale chilometrico. Un terzo individuo, di nuovo un giovane politico che predica tutto il giorno contro la rilassatezza dei costumi, si abbandona all’ultimo accoppiamento, identico agli altri due, con posizioni dal basso, dall’alto, di fianco, e fellatio da podista di fondo.

Il dilettantismo della recitazione strappa più di una ghignata, mentre nelle scene di sesso, che dovrebbero rappresentare l’estasi orgasmica, sui volti degli attori leggiamo pensieri tipo: “acc…. ci ho un male ai muscoli dorsali…”. E i finali, tutti e tre identici (le attrici inginocchiate con la bocca aperta in attesa messianica della conclusione maschile), nelle intenzioni degli autori saranno finali di sinistra? Infatti leggiamo su Wikipedia che il produttore, Silvio Bandinelli, “evidentemente schierato (a sinistra) celebra, a suo modo, gli ideali rivoluzionari di Ernesto Che Guevara nel film Cuba”.

Peccato. Con un altro approccio avrebbe potuto essere l’occasione interessante di satira pulp di un regime porno-zombie, ma il tutto non esce dalla banalità e dalla monotonia. È palese l’intenzione di sfottere i politici puttanieri e corrotti, tuttavia in un blog di cinema leggiamo commenti di questo tenore: “Beato Silvio, che tromb@ come un riccio!”; “però ragazzi… 70 suonati e trombare ancora come giovincelli !!!”; “e intanto il vecchietto tromb@ molto più di noi tutti messi insieme ahahah”.

Sembra la dimostrazione che il porno non può avere valenza satirica, anzi, divora l’ironia e lo sfottò che gli fanno da contenitore. Spettatori, soprattutto maschi, che vivono il sesso come onnipotenza fantasmagorica, finiscono per identificarsi coi soggetti, sublimando il desiderio di umiliazione della donna — palese in filmati come questo — e ogni energia destabilizzante passa in secondo piano nell’euforia di un atto sessuale non vissuto, ma delegato. Se il Minculpop dell’attuale regime fosse più scafato e astuto, finanzierebbe coi soldi pubblici una serie di film pornografici interpretati da avatar governativi da lanciare negli ambienti di nicchia pervertiti, che rastrellerebbero, nel buio del sottosuolo, sostanziosi consensi.

Pervertito, secondo l’accezione freudiana classica, non contiene alcun giudizio morale, ma significa imboccare una via diversa da quella comunemente condivisa dalla maggioranza della specie. Così, se il sesso è vissuto attraverso lo scambio tra due o più persone, il fruitore accanito del genere porno sceglie di rinunciare a questo scambio per osservare da un buco della serratura. Guarda gli altri che lo fanno, corpi senza identità, macchine che catturano il desiderio, e scattano complicati codici di identificazione. Un uso politico della pornografia potrebbe inserire personaggi nel gioco voyeuristico, per sostituirli ai corpi-macchina spersonalizzati sui quali si riversa la fantasia eccitata dello spettatore. Silvio tromb@ come un riccio, grande! La politica dominante italiana è già pornografica: film porno governativi potrebbero funzionare da civette per la produzione di consenso.

Per il regime porno-sfascista non esistono limiti, e tutto è possibile: una campagna porno filogovernativa, da collegare magari a una contestuale campagna mediatica contro il dilagare della pornografia, per la diffusione dei valori della famiglia, ottenendo così un’immediata, preziosa assoluzione da parte dei custodi della Morale.