di Tito Pulsinelli

LuisBritto.jpgTra gli effetti collaterali della scostumata reazione del sovrano spagnolo durante il vertice delle Indie occidentali di Santiago del Cile, con un colpo di bacchetta magica si è registrata anche la improvvisa riapparizione di un libello che circolava già da tempo.
Quel “perchè non chiudi il becco?”, che la maestà in naftalina di Juan Carlos di Borbone non seppe impedirsi di eruttare contro Hugo Chávez, fu come un viaggio a ritroso collettivo nel trapassato remoto di un continente.
Il tempo dei brigantini, archibugi e caravelle, la dimensione del dolore dei cacicchi domati con la croce e la spada e le scomuniche, oltre alle epidemie che falcidiarono più dei roghi.

La riemersione alla superficie delle cronache antagoniste dell’indimenticato Discorso di Guaicaipuro Chuautemoc ha portato anche — dopo numerose congetture, supposizioni e false auto-attribuzioni – a disvelare l’identità dell’autore veridico.
E’ questo signore che ho di fronte, dalla candida barba, sguardo intenso e penetrante, che sfodera un umorismo elegante e tagliente come una sciabola.
E’ Luís Britto García, scrittore venezuelano, professore universitario della UCV di Caracas, autore di numerosi saggi, romanzi e sceneggiature. Luís è un intellettuale da sempre schierato apertamente con la rivoluzione bolivariana e per l’integrazione latinoamericana.

Dal 2002, sono più di 60 i siti che hanno publicato l’ormai celebre pamphlet Discorso del cacicco Guaicaipuro Chuautemoc. Poi traduzioni in inglese e in italiano. Tutto questo, significa una considerevole quantità di lettori, superiore a quelli di una tiratura normale della maggior parte dei libri. Forse nessun discorso dei leader contemporanei raggiunge una simile diffusione. Come te lo spieghi?

Credo che dipenda dall’argomento che tratta. La prima volta, lo pubblicai in un quotidiano venezuelano nel 1990, anticipando la commemorazione dell’Incontro del 1992, quello del V Centenario. Da allora ha fatto il giro del mondo, però credo che certi discorsi di Fidel Castro o di Chávez abbiano una maggiore diffusione, per l’interesse della gente nei loro orientamenti…

Nella popolarità di questo pamphlet, in che misura gioca l’anonimato e la creatività della scrittura? O si tratta di un altro dei miracoli di internet?

Lo publicai con la mia firma, però nelle successive riproduzioni andò persa la fima e finì nell’anonimato. Spero che ora non arrivi il solito plagiario che cerca di firmarlo e attribuirselo. Mi è già successo con due miei lavori: un Manual de estilo, una sceneggiatura per un film e una serie televisiva sull’eroe contadino Ezequiel Zamora, che un tipo cercò di attribuirsi davanti alla stampa.
A ogni modo, ci sono alcuni antropologi che hanno segnalato Guaicaipuro Chuautemoc come un dirigente indigeno realmente esistito. Questo è il maggior onore che mi si poteva fare. Nel 1990 l’uso della rete era molto più ridotto di ora, per cui Guaicaipuro Chuautemoc ha fatto i primi giri del mondo ciclosilato, fotocopiato e persino copiato a mano.

Negli anni ’80, in Italia ebbe un gran successo un pamphlet intitolato Rapporto veridico sulle ultime possibilità di salvare il capitalismo, firmato con lo pseudonimo di Censor. La stampa, i critici e persino vari economisti segnalarono autori fantasiosi. Addirittura supponevano che fosse un banchiere di “estrema sinistra”. In realtà l’autore confessò che apparteneva all’Internazionale Situazionista. Ricordi qualcosa di simile nel tuo caso?

Credo che si dovrebbe seguire l’esempio delle burle dell’Internazionale situazionista. Lo scrittore portoricano Luís López Nieves fece qualcosa di simile: inventò un villaggio — denominato Seva – che avrebbe resistito fino all’ultimo uomo all’inaspettata invasione degli Stati Uniti. Molta gente crede che Seva esista realmente, altri, pur sapendo che non è vero, l’hanno adottato come parola d’ordine anti-imperialista: Seva Lives!

Attualmente non è indispensabile tagliare le gole, perchè la colonizzazione moderna ottiene il medesimo risultato imponendo silenzio stampa, censura, omissioni o con il linciaggio mediatico del temibile oligopolio dell’informazione.
Perchè il signor Juan Carlos Borbón y Borbón ha fatto sfoggio della stessa prepotenza dei suoi esecrabili avi? La “Ri-Conquista” forse impone di uscire dalle pagine mondane di “Hola”?
(Hola è un settimanale popolare spagnolo, simile ai nostri Oggi o Gente, NdR).

La maleducazione reale si iscrive perfettamente nel format di Hola e delle telenovelas. E’ più facile esprimere con una volgarità il sentimento di prepotenza, che spiegare come in Venezuela — per esempio – due gruppi bancari spagnoli dominino con più del 60% il settore finanziario privato.

I movimenti sociali latinoamericani hanno una buona salute e mostrano grande solidità, creatività e flessibilità. Quali sono i principali elementi che ne caratterizzano l’identità e li differenziano dalle sinistre europee?

I movimenti sociali si caratterizzano per la la loro spontaneità, perché riuniscono diversi settori e gruppi di classe; eppoi, non necesariamente si prefiggono la conquista del potere politico, sebbene a volte l’ottengano; per la specificità delle loro rivendicazioni (per esempio, quella degli indigeni, quella contro la privatizzazione dell’acqua, quella dei Senza Terra).
Rispetto alle sinistre europee, forse hanno una minore elaborazione teorica, però li superano in iniziativa, dinamismo, radicamento e capacità di mobilitazione, di improvisazione, e per l’impatto sulla vita economica, politica e sociale.

Se proviamo a immaginare come sarà la vita nel 2018, come vedi la realtà del Venezuela e del polo geopolitico sudamericano? Quali sono le mete principali da realizzare?

Vedo un Venezuela che ha utilizzato le sue enormi risorse energetiche per creare un modello economico e sociale fondato sull’austerità, il riciclaggio e il rinnovamento. Che non dipenda più dagli idrocarburi, e sia un esempio per il mondo.
Vedo un’America latina e un Caribe molto integrati nella difesa delle loro inestimabili ricchezze (l’acqua, la biodiversità, la capacità produttiva dei suoi abitanti) dall’assedio di un mondo sviluppato in pieno collasso energetico.
In quella fase, l’America latina e le isole dei Caraibi avranno i solidi legami di una alleanza economica, un patto di reciproca difesa regionale, con una banca e una moneta uniche. Saranno concluse le grandi opere che faciliteranno le comunicazioni.
Un secondo canale centroamericano e i raccordi che faranno dei fiumi Orinoco, Río Negro, delle Amazzoni e Río de la Plata un’unica via fluviale. Nuove autostrade e ferrovie uniranno la regione.

Per una tale rapidità è necesario che cambino per davvero tante cose…

Gli istituti dell’America Latina di ricerca scientifica e culturale sono integrati in una rete che si dedica allo studio dei problemi peculiari della regione. Vari satelliti allacciano le nostre reti audiovisive e diffondono programmi principalmente latinoamericani.
Un’efficace integrazione dei movimenti sociali, partiti politici e Stati permette un progresivo consolidamento del socialismo. E poi una milizia popolare armata, concepita e addestrata alla guerra di resistenza, dissuade le potenze imperiali dall’assaltare il nostro territorio.
Non ci sarà più analfabetismo e tutti parleranno il portoghese, e tutti i brasiliani lo spagnolo. Come a Cuba, a nessun abitante mancheranno l’istruzione, la sicurezza sociale e il lavoro.

Di tutti i libri che hai scritto, quale credi che avrà più longevità? E qual è quello che ti piacerebbe fosse tradotto in italiano?

Forse è Rajatabla. In Italia vedo volentieri la traduzione di Abrapalabra che — nelle sue mille sfaccettature – racconta la storia di un immigrato italiano mentre passa dalla sua lingua natale allo spagnolo, fino a che non riesce più a distinguere né l’una né l’altra.