nuotatore.jpgdi Monica Mazzitelli

Questo racconto, uno dei migliori mai scritti dall’autore, è apparso per la prima volta 45 anni fa sulla rivista “New Yorker”, il 16 luglio 1964 (in Italia è pubblicato per i tipi Fandango).
È la storia di Ned, un uomo ricco e sicuro di sé che ha appena passato la mezza età, con ancora addosso “l’agilità caratteristica della giovinezza”. È a casa di amici per un party in piscina, un giorno di mezza estate. Tutti gli ospiti stanno godendosi con pigrizia la parte più matura del giorno, ognuno impegnato con il suo mal di testa: hanno tutti bevuto troppo, il giorno prima, e riescono a scambiarsi pochi altri commenti mentre la pelle indolente riposa al sole. Ma Ned, un uomo che prova “un disprezzo inspiegabile per gli uomini che non sanno tuffarsi dentro una piscina”, si percepisce in modo vago e pudico come “una figura leggendaria”.


Per questo decide di alzarsi e portare a compimento un’idea: tornare a casa sua a nuoto. La sua villa si trova otto miglia a sud, e nella zona residenziale in cui abita può tranquillamente raggiungere la sua casa per vie d’acqua, zigzagando per tutte le piscine che incontra nel suo cammino: 15 piscine private e una pubblica; sarà il suo “contributo alla geografia moderna”. Le conosce una per una, sa il nome di tutti i proprietari, è come un mosaico: “una sfilza di piscine”; come un ruscello: “lo chiamerà Fiume Lucinda, come sua moglie”. Anche se lei, in verità, non mostra nessuna reazione quando le dice che tornerà a casa a nuoto.

È il culmine del giorno, il culmine dell’estate, e lui è al culmine della sua vita. Un uomo con un destino segnato, un esploratore, un pellegrino. La sua missione per la verità sarebbe meglio compierla senza neanche il costume da bagno addosso, se fosse possibile. Partirà per questo viaggio e i suoi amici lo accoglieranno festanti lungo tutto il percorso, “costeggeranno le rive del fiume Lucinda”.
In effetti i primi due amici sono talmente tanto ospitali che è costretto a filarsela, e anche i secondi, che stanno dando una festa, lo salutano dicendogli quale “meravigliosa sorpresa” sia vederlo. Passa per un’altra villa, dove gli offrono ancora da bere, e dopo aver attraversato una strada si trova in una proprietà che scopre essere deserta: la festa qui deve essere appena finita e cibi e bevande sono rimasti in giro: si prende un altro drink. È da solo, ha quasi nuotato metà del percorso, è “contento di tutto”.
In quel preciso istante il cielo si rannuvola e si sente un tuono brontolare mentre si fa buio. Gli uccelli cantano più forte per il temporale in arrivo, e Ned si nasconde sotto un gazebo mentre diluvia, guardando le lanterne giapponesi che il proprietario aveva acquistato a Kyoto. E si chiede: le aveva comprate quell’anno, o era stato l’anno prima? E che ora poteva essersi fatta? Da quanto tempo era in giro? La percezione del tempo comincia a diluirsi. Un albero di acero è rimasto senza foglie dopo il vento violento del temporale, e le sue foglie giacciono ovunque per terra, dando una “tristezza molto particolare a questa immagine autunnale”.
Nella proprietà successiva si aspetta di vedere dei cavalli nel maneggio, ma non ce ne sono. Ricorda di aver sentito qualcosa a proposito di quella famiglia e dei loro cavalli, ma il ricordo anche in questo caso è piuttosto nebuloso. Nella villa successiva trova la piscina vuota. Non solo: è tutto chiuso, serrato, coperto da incerata. Ma non avevano rifiutato un invito da parte loro qualche giorno prima, la settimana prima? Un cartello di vendita è inchiodato su un albero. “Era la sua memoria che stava svanendo o l’aveva così bene istruita a non ricordare fatti sgradevoli che aveva finito per danneggiare il suo senso di verità?”

Deve ancora completare l’ultima parte del suo viaggio. Ne ha fatto più di metà, ma la porzione più difficoltosa ce l’ha ancora davanti. Protetto solo dal costume da bagno, deve ora attraversare la statale 424: un uomo mezzo nudo che affronta file di macchine indomabili, scalzo, sul ciglio della strada: sta facendo una figura da demente. Gli ridono dietro, lo prendono in giro: ha perso tutta la sua dignità, la sua integrità. Non ha fatto voti, non ha preso impegni, eppure non può più tornare indietro da sua moglie e dagli amici della festa in piscina, farsi di nuovo cullare dalle voci che si lamentano di aver bevuto troppo: nessun ritorno è possibile. La conradiana linea d’ombra è stata attraversata, non ricorda più neanche da dove viene esattamente, la memoria lo tradisce. Era davvero un’ora fa?
Impiega mezz’ora per attraversare la statale, esposto al ludibrio, e appena raggiunto l’altro lato della statale si trova fuori dal suo circolo amicale: la piscina successiva è pubblica, lì nessuno lo conosce. Il regolamento del Circolo lo considera sporco ed esige un lavaggio accurato di corpo e piedi: si sente degradato. L’acqua torbida e puzzolente di cloro dà una sensazione di contaminazione. Una volta in acqua riceve spintoni, schizzi, gomitate, e i sorveglianti gli gridano di uscire: non porta il disco identificativo.
Finalmente fuori da lì, si addentra in un boschetto che fa parte della proprietà di una coppia di anziani amici, famosi per essere degli “zelanti riformisti”. Il luogo è simile a una selva (dantesca) con il fondo impervio e difficile da percorrere a piedi scalzi, fino a quando comincia il prato con la siepe di faggio che circonda la piscina; ma le foglie sono ingiallite e vizze, come quelle dell’acero. Dato che i padroni di casa non indossano mai il costume da bagno, prima di entrare nell’area della piscina Ned “si sfila educatamente il costume”. La donna sta leggendo un giornale mentre il marito con un retino toglie dalla superficie dell’acqua le foglie morte. Ascoltano le ragioni del suo passaggio per la loro villa con gentilezza, ma quando esce dopo aver completato la vasca la donna gli dice quanto sia dispiaciuta delle sue sfortune. Solo che lui non sa di cosa lei stia parlando: “Abbiamo saputo che hai venduto la casa, e che quelle povere ragazzine…” ma lui non “ricorda” affatto di aver venduto casa, e le ragazze sono a casa, adesso, le dice. La donna prende un’espressione malinconica, fa un sospiro e gli dice di sì, augurandogli buon viaggio.
Quando va a rindossare il costume gli pare che gli stia troppo largo: possibile che il suo corpo sia cambiato in così breve tempo? Sente le braccia deboli e gli dolgono le giunture delle gambe: riuscirà a sentirsi di nuovo caldo prima o poi? Foglie cadono tutto attorno, ha bisogno di qualcosa da bere. Solo un whisky può ridargli fiducia. Seguendo una discesa arriva in un’altra casa di cui conosce i proprietari. Dopo averli salutati, gli chiede se gli possono offrire da bere, ma la risposta è negativa: non tengono più alcolici da quando il marito è stato operato tre anni prima. Com’è possibile che lui non si ricordi la malattia del suo amico? Guardandogli l’addome nota tre lunghe cicatrici, una di queste gli ha ingoiato l’ombelico: “nessuna congiunzione con la nascita”, una rottura nella successione.
La donna lo invita con gentilezza a provare con i vicini, da dove arriva il frastuono di un grande party. Ned li conosce: lui e Lucinda vengono sempre invitati alle loro feste ma ogni volta declinano, soprattutto perché i padroni di casa invitano gente di ogni ceto sociale. Ned si immagina che per una volta in cui li onora della sua presenza saranno ben lieti di accoglierlo, e invece la padrona di casa gli va incontro con piglio bellicoso, dandogli dell’imbucato e concedendogli appena di farsi un drink. Mentre lo beve la sente dire “Sono falliti nel giro di una notte — gli unici soldi che avevano erano quelli dello stipendio — e lui si è presentato qui ubriaco una domenica e ci ha chiesto se gli prestavamo 5000 dollari”.
Fa la sua vasca e se ne va, diretto verso la penultima piscina. È sicuro che lì tutte le sue “ferite” verranno curate: è la casa della sua ex amante, una donna con cui ha avuto una relazione leggera, finita da poco; o era l’anno scorso? Anche questa volta non riesce a ricordare. Ma anche lei lo affronta in modo brutale: “Se sei venuto per i soldi, sappi che non ti darò più manco un centesimo”, e non gli offre neanche un drink: non è sola, gli dice. Ned entra in piscina ma non riesce a tirarsi su dal bordo, è costretto a risalire dalla scaletta. Mentre se ne va, sente un profumo di fiori autunnali, intensissimi, e alzando gli occhi al cielo vede che sono spuntate le prime stelle. Ma non sono quelle di mezza estate: non ci sono né Andromeda, né Cefeo, né Cassiopea. Si mette a piangere. Quasi annientato dalla fatica, riesce appena a nuotare nell’ultima piscina, intorno alla quale non c’è segno di vita. Alla fine arriva a casa sua, ma solo per scoprire che non c’è nessuno: la casa è vuota, le porte sono chiuse, e le maniglie gli lasciano ruggine sulle mani.

john_cheever.jpgLeggere questo racconto come il declino del protagonista che passa dall’apice della sua maturità al decadimento è fin troppo semplice, anche se resta comunque interessante analizzare ciascuno dei simboli utilizzati da John Cheever, comprese le citazioni interne e gli omaggi che offre alla sua letteratura preferita (soprattutto Dante e Kafka, con qualche accenno a Hawthorne).
Volendo aggiungere qualcosa di nuovo all’interpretazione di questo brano è necessario quindi dare risalto altri aspetti. Ad esempio — restando sulla metafora della sconfitta e del declino — vale la pena sottolineare come l’ispirazione per questo racconto sia più probabilmente da attribuire alla figura del padre dall’autore, Frederick Lincoln Cheever, piuttosto che a un’esperienza autobiografica. È suo padre ad aver vissuto la situazione del Nuotatore: dopo essere stato un uomo molto ricco e aver risieduto in una magnifica villa vittoriana, si è trovato ad affrontare la crisi finanziaria del decennio 1925-1935, durante la quale ha gradualmente perso tutti i suoi averi. A seguito di questa situazione ha cominciato a bere, piegato non solo dal disagio materiale della povertà ma anche dal senso di umiliazione. Dopo essere andato alla fine in bancarotta si è separato poco dopo dalla moglie.
In effetti uno degli aspetti peculiari di questo racconto è il fatto che lungo tutto il viaggio di Ned verso casa sono solo donne a parlargli: gli uomini o non ci sono, o stanno zitti; sono in qualche modo sottomessi, ologrammatici, statici. L’unica descrizione accurata che abbiamo di un uomo è quella dell’amico con le grosse cicatrici sull’addome, quello che ha perso la sua “congiunzione con la nascita”. Questo aspetto potrebbe in effetti essere un riflesso dello stato pietoso in cui si versava la relazione di Cheever con la moglie nel momento in cui stava scrivendo questo racconto. In quel periodo in cui era fortemente a disagio per la sua bisessualità e tormentato dall’alcolismo tendeva a dare a lei la colpa del suo stato depressivo. Invece uno psichiatra che aveva consultato, dopo aver visto sia lui che la moglie, gli aveva detto che lui era talmente nevrotico e incentrato su se stesso che si era “inventato” una moglie maniaco-depressa. Gli uomini impotenti (castrati) del racconto potrebbero rappresentare la sua incapacità di interagire con lei, la sua sensazione di essere una vittima, svilito da questa ingombrante presenza femminile. In effetti sembra che i giudizi negativi che ha su se stesso lui li proietti tutti all’esterno di sé sulle donne, a cominciare da sua moglie.
Perciò osservando l’atteggiamento che hanno le donne nei suoi confronti dall’inizio alla fine del suo viaggio, assistiamo a una parabola sentimentale: da uno stato amoroso e felice per la sua presenza nelle loro proprietà (le prime due donne che incontra gli dicono entrambe quale “meravigliosa sorpresa” sia vederlo), si manifesta una graduale perdita di interesse. Man mano che procede nel suo cammino le donne sono sempre meno accoglienti, esprimono pietà invece che amore, e divengono alla fine dichiaratamente ostili. Nell’ultima villa non c’è addirittura nessuno. E quando arriva a casa sua non trova neanche le donne della sua famiglia: la casa è chiusa e vuota. Questa progressione è davvero simile a quella di una relazione amorosa, dal suo iniziale entusiasmo alla sua fine, con la sensazione di perdita e solitudine che conseguono a una separazione.
Anche i bambini sono assenti: sappiamo che esistono (apprendiamo che Ned ha due figlie) ed è lecito aspettarsi che ce ne siano anche nelle altre famiglie, ma non ce n’è traccia, neanche una piccola testimonianza della loro esistenza in nessuno dei giardini: né un giocattolo né uno strillo.

La percezione della scomparsa della memoria, la confusione e la perdita del senso del tempo sono certamente simboli mentali legati alla dipendenza alcolica, ma rappresentano anche il decadimento mentale dell’età senile, con la capacità di ricordare avvenimenti del passato ma non quelli recenti. In questo caso, il finale del racconto con le maniglie arrugginite suggerisce chiaramente che il tempo passato dall’inizio del viaggio di Ned nel pomeriggio e il momento del suo arrivo a casa è più vicino a quindici anni piuttosto che cinque ore.
Difatti il Fiume Lucinda che sta cercando di percorrere a nuoto sembra essere una metafora della vita: diventa sempre più difficile da navigare, più faticoso, intollerabile. Il corpo è dolente, perde di forza e integrità, e certi movimenti prima compiuti con agilità diventano inaffrontabili. Alla fine deve rinunciare e abbandonare l’acqua per arrivare alla conclusone della sua vita: la casa vuota che non è più sua. La vita l’ha abbandonato, rifiutato.

Devo ringraziare Marta per avermi fatto leggere questo racconto: questo piccolo contributo è dedicato a lei.

www.monicamazzitelli.net
[Originale in inglese tradotto dall’autrice]