di Valerio Evangelisti

[Il testo che segue riunisce due scritti pubblicati dall’autore su “Carmilla online” il 24 Gennaio 2009 e il 28 Marzo 2009, quando presso Bompiani erano apparsi 12 volumi, sui 20 previsti, de Le grandi storie della fantascienza, a cura di Isaac Asimov. Questi sono i testi introduttivi pubblicati nel risvolto di copertina. Assieme, formano una difesa di un genere letterario tra i più importanti del nostro tempo. Di seguito le prefazioni ai volumi da 1 a 10.]

1.
Il nome Isaac Asimov è divenuto sinonimo di fantascienza. Nessuno come lui ha saputo rendere familiari ai lettori le dimensioni sconfinate dell’universo, e trascinarli in viaggi vertiginosi tra le galassie. Dunque, era il più titolato per scegliere le storie di fantascienza definibili come “grandi”. La sua attenzione, è ovvio, si concentra sulla cosiddetta “età d’oro”: quando, su rivistine popolari americane stampate su pessima carta, si concentravano idee, visioni allucinate ma credibili, proiezioni critiche del presente. Si era alle soglie degli anni ’40, ma già un pugno di scrittori intelligenti sollevava problematiche che sarebbero divenute attuali ai giorni nostri.
Asimov si concentra su Astounding Science Fiction, la pubblicazione diretta da John W. Campbell a partire dal 1937. Una palestra di testi sempre stimolanti e ben scritti, a firma dello stesso Asimov, di Robert A. Heinlein (i migliori della scuderia), di Jack Williamson, di Alfred E. Van Vogt, di Henry Kuttner. In Italia sarebbero approdati quindici o vent’anni dopo la loro prima apparizione. Avrebbero condizionato, ma in senso liberatorio, l’immaginario di decine di migliaia di giovani lettori. Lo avevano già fatto in patria.
In questo primo volume, alcuni racconti davvero memorabili. Il distruttore nero di A. E. Van Vogt (maestro di Philip K. Dick), che diverrà il primo capitolo del suo romanzo Crociera nell’infinito. Il triangolo quadrilatero di William F. Temple, un gioco d’ingegno irripetibile. E le prime narrazioni geniali di Heinlein1, di Theodore Sturgeon, dello stesso Asimov. Che cosa si vuole di più?
La fantascienza di allora non poteva saperlo, ma stava per divenire parte imprescindibile della letteratura.

2.
In questo secondo volume de Le grandi storie della fantascienza, Isaac Asimov continua l’esplorazione del periodo memorabile, alle soglie e a cavallo degli anni Quaranta del secolo scorso, in cui un genere letterario creduto marginale riuscì a conquistare l’immaginario di intere generazioni e a perpetuarsi fino ai giorni nostri.
Merito soprattutto di Astounding Science Fiction, la rivista diretta da John W. Campbell, che impose ai propri autori un rigore stilistico trascurato dalle pubblicazioni precedenti, senza tuttavia limitare la carica visionaria dei loro racconti.
Si formò quindi, negli Stati Uniti, uno straordinario gruppo di scrittori che comprendeva lo stesso Asimov, Robert A. Heinlein, Fritz Leiber, Theodore Sturgeon, A.E. Van Vogt e molti altri. A volte il tono era realistico, altre volte beffardo, altre ancora sognante (soprattutto nella rivista gemella di Astounding, Unknown). La costante era la ricchezza di idee, di spunti, di sguardi inediti, ispirati allo sviluppo di scienza e tecnologia ma non appiattiti su di esse.
Si usciva dunque dalla narrativa detta “di anticipazione” e si entrava nella fantascienza moderna, attenta ai cambiamenti della società sotto l’impatto di mutazioni tecnologiche o ambientali. L’elemento puramente avventuroso veniva dunque messo al servizio di un discorso quasi filosofico, in cui il futuro era metafora del proprio tempo.
Alcuni racconti scelti da Asimov (Requiem di Heinlein, La cosa di Sturgeon, La cripta della Bestia di Van Vogt, Uno strano compagno di giochi, dello stesso Asimov, ecc.), anche quando restano nel campo del puro intrattenimento, dimostrano una maturazione rilevante: solo pochi anni prima tante opere di fantascienza sarebbero state del tutto diverse, sciatte, scritte alla meno peggio, tese a descrivere improbabili (o probabili) invenzioni.
Senza queste “grandi storie”, la fantascienza sarebbe morta nel giro di pochi decenni, e non avrebbe contribuito a modellare il modo in cui, oggi, guardiamo il mondo.

3.
Il terzo volume de Le grandi storie della fantascienza, curato da Isaac Asimov, è in assoluto tra i più convincenti. Contiene infatti almeno tre gioielli: il mitico racconto Nightfall (“Cade la notte”) dello stesso Asimov, ritenuto una delle migliori storie brevi che la science fiction abbia mai prodotto; And He Built A Crocked House (“Ed egli costruì una casa deforme”), di Robert A. Heinlein: un racconto semplicemente geniale, mille volte riproposto; e, dello stesso Heinlein, Universe, all’origine di un romanzo omonimo che tuttora affascina e sorprende.
Asimov, Heinlein; e, oltre a questi due giganti, gli altrettanto grandi Fredric Brown, Theodore Sturgeon, A. E. Van Vogt, Alfred Bester, ecc. Erano gli anni ’40, la seconda guerra mondiale era imminente, ma su rivistine quasi artigianali si stava solidificando il genere narrativo che avrebbe dominato, a livello popolare, la fine del XX secolo e gli inizi del XXI. Capace di guardare al futuro, a volte remotissimo, senza scordare le inquietudini del presente. Anzi, trasportandovele.
Asimov, Van Vogt, Heinlein, Sturgeon e i loro colleghi, uniti tra loro da una comune marginalità rispetto al mondo ufficiale delle lettere, forse non sapevano nemmeno di dar vita a ciò che sarebbe diventato non solo letteratura, ma anche costume. Davanti ad antiquate macchine da scrivere battevano, per pochi soldi, i loro sogni e i loro incubi. Quelli che oggi ci ritroviamo, con pochissime varianti, nel cinema, nella televisione, nella pubblicità, nei fumetti, nei videogiochi.
Questa antologia è di una freschezza sorprendente. Pullula di idee e di visioni. Nessun critico serio dovrebbe prescinderne, non per cogliere l’avvenire, ma per interpretare il mondo che lo circonda. Sessantacinque anni fa un manipolo di scrittori, ignorato dai critici, vi aveva riflettuto. Si potrebbe dire altrettanto per ciò che si scrive oggi?

4.
Continua, sotto la qualificata guida di Isaac Asimov, l’esplorazione de Le grandi storie della fantascienza, ormai giunta al quarto capitolo. Storie che genereranno altre storie. Sono presenti, in questo quarto volume, racconti che saranno all’origine di cicli di romanzi memorabili. Da Fondazione dello stesso Asimov nascerà la famosa e omonima “trilogia galattica”, destinata in seguito a ramificarsi ulteriormente. Da Il negozio d’armi di A.E. Van Vogt prenderà vita il ciclo rutilante dei Negozianti d’Armi, aperto dall’indimenticabile Le armi di Isher.
Saghe stellari vertiginose, ospitate negli anni ’40 sulle riviste di John W. Campbell jr. Astounding e Unknown. Tuttavia, come antologista, Asimov si rivela duttile e si spinge oltre il genere avventuroso da lui coltivato. Troviamo così testi di Fredric Brown, maestro del racconto breve e fulminante, dell’ironico Lester del Rey, del complesso Alfred Bester e di molti altri.
A quei tempi nessuno poteva immaginare che la fantascienza, da genere popolare coltivato da una minoranza sia pur consistente di lettori, si sarebbe espansa al punto da invadere ogni campo mediatico: dal cinema alla televisione, dalla pubblicità ai videogiochi, dal fumetto alla musica, fino a divenire una componente essenziale della cultura contemporanea.
Il segreto di una tale vitalità va ricercato nelle pagine di questa antologia. Un’intera generazione di giovani scrittori americani, ancora oscuri e malpagati, profittavano della libertà che una condizione marginale offriva loro per tentare esperimenti arditi e affrontare tematiche assolutamente inedite, con la sola arma dell’intelligenza. Era una vera rivoluzione narrativa quella che silenziosamente, col mondo già travolto da un conflitto spaventoso, si stava preparando. Chi la tentava non poteva ancora sapere che si sarebbe trasformata in una rivoluzione di costume, capace di modificare il modo di vedere e di descrivere l’esistente con un impatto che nessun’altra forma letteraria aveva mai avuto.

5.
1943. Si è nel pieno di una guerra mondiale dagli esiti ancora incerti. Quasi tutti i migliori scrittori americani di fantascienza sono al fronte. Eppure Astounding e le altre riviste di sf seguitano a uscire, e propongono nuovi nomi e nuovi racconti.
Isaac Asimov dedica al 1943 questo quinto volume de Le grandi storie della fantascienza, e la messe è ricca. Degli autori più popolari figurano solo Van Vogt e Lewis Padgett (pseudonimo di Henry Kuttner, spesso in compagnia di Catherine L. Moore). Poi Leigh Brackett, moglie di un altro scrittore presente nell’antologia, Edmund Hamilton. Famosa anche come sceneggiatrice di film noir e di fantascienza, tra cui L’impero colpisce ancora di George Lucas.
C’è anche la riconferma di Fredric Brown quale maestro del racconto brevissimo e crudele. Più nuove scoperte: Peter Schuyler Miller, attivo da oltre un decennio nella rete dei fan, o l’inglese Eric Frank Russell, versato nell’ironia, proposto finalmente come merita al pubblico americano. Si obietterà che, del conflitto in corso, non ci sono in questi racconti che impalpabili riflessi. Il fatto è che la fantascienza aveva trattato di guerre mondiali fin dalla nascita — si pensi a La guerra dei mondi di Wells, parabola eloquente del disfacimento dell’impero inglese — ed era abituata a guardare lontano. Nelle pieghe dei racconti si troveranno spunti e problematiche inerenti non alla guerra, bensì al dopoguerra.
La fantascienza ha dunque valore profetico? No, per nulla. Semplicemente si guarda intorno, scopre linee evolutive e ne fa oggetto letterario. Certo, ogni tanto divaga, sogna, si abbandona alla fantasia più bizzarra. Ma chi non lo farebbe, mentre è in corso il più grave conflitto nella storia dell’umanità?
Chiamiamola evasione, se vogliamo. Dove evasione significa distogliersi da un presente intollerabile e chiedersi cosa potrà avvenire dopo.

6.
Il sesto volume de Le grandi storie della fantascienza, a cura di Isaac Asimov, comprende racconti scritti nel 1944, quando la seconda guerra mondiale volgeva al termine e già si intuiva chi ne sarebbe uscito vincitore. Include un racconto che fece scalpore, e contribuì ad attirare l’attenzione sul più eclettico dei generi letterari: Termine ultimo, di Cleve Cartmill.
Non un grande autore, né un grande racconto. Tuttavia vi era descritta molto in dettaglio una bomba potentissima assai simile alla bomba atomica che gli scienziati del Progetto Manhattan, a Los Alamos, stavano elaborando in segreto. Cartmill si trovò alle prese con l’FBI, sospettato di collaborare con il nemico. Poi l’accusa cadde, e restò alla fantascienza l’aura leggendaria di essere narrativa profetica.
Alcuni vi si crogiolarono, eppure mai nomea fu tanto falsa. Lo dimostrano altri testi dell’antologia, come quelli firmati da Clifford D. Simak. Soprattutto City sarà l’incipit di un romanzo memorabile, trasognato e malinconico, che tratta del lento prevalere delle formiche sugli umani, fino al costituirsi di una società ibrida.
Una fantasia poetica, una fuga da una realtà sanguinosa e bestiale? No, per niente. Il conflitto che si stava combattendo in Europa era proprio contro chi intendeva disciplinare gli uomini come formiche. Simak, pur usando la metafora, era in fondo più realistico di Cartmill. Non descriveva bombe future, bensì scenari presenti trasfigurati. La solita operazione condotta dalla migliore fantascienza e dalle sue “grandi storie”.

7.
E’ il 1945 e il secondo conflitto mondiale volge al termine. Scrittori di fantascienza tornano dal fronte; altri, esentati dall’ecatombe, continuano a scrivere come se nulla fosse; altri ancora si preparano a una fase ulteriore, la “guerra fredda”, che scoppierà di lì a poco.
Nessuno di loro forse immagina che la catastrofe più grande nella storia dell’umanità — stermini basati sull’appartenenza a una presunta “razza”, mezzi terrificanti di massacro, armate in lotta su ogni quadrante del mondo — rilancerà la fantascienza. Genere trascurato, e tuttavia capace di descrivere, sia pure in via metaforica, grandi sistemi in lotta. Cosa che la letteratura mainstream non riesce a fare se non di rado.
Il settimo volume de Le grandi storie della fantascienza, a cura di Isaac Asimov, riflette bene la transizione in corso. C’è il recupero insistito di un caposcuola della sf degli anni Venti, Murray Leinster. Generazioni hanno sognato sulle sue forse ingenue fantasie, zeppe di scienziati brillanti, di astronavi misteriose, di messaggi enigmatici provenienti dallo spazio, di energia positivista. Ma ci sono anche, molto più problematici, Fredric Brown, Lewis Padgett, Fritz Leiber e molti altri. Quasi un’antitesi a Leinster. Quale futuro luminoso, dopo una guerra che aveva imbruttito e fatto sanguinare il mondo intero?

8.
Il discrimine è la bomba atomica. Nel 1945 la si subiva, nel 1946 la si riconsidera. Una previsione della fantascienza si è avverata: esiste un’arma capace, si suppone, di distruggere il mondo conosciuto. E, spenta la guerra aperta, sta per aprirsi l’era della guerra fredda.
L’ottavo volume de Le grandi storie della fantascienza, curato da Isaac Asimov, riflette il momento di transizione. Il testo fondamentale è il racconto Monumento, di Theodore Sturgeon, dedicato alla bomba definitiva e allo sviluppo logico del suo uso. Non si troveranno molti riferimenti a quel cambiamento epocale, nella narrativa corrente dello stesso periodo. Solo la science fiction, attenta alla tecnologia, intuisce che si sta entrando in un periodo storico totalmente inedito.
Lo testimoniano anche gli altri racconti antologizzati, di Ray Bradbury (una nuova stella destinata a future glorie), dello stesso Asimov, di Arthur C. Clarke, di Henry Kuttner, che morirà pochi anni dopo, di altri ancora.
Si è alle soglie di un revival della fantascienza. Non perché, in un mondo in rovine, ci si distragga a pensare futuri remoti. E’ vero il contrario. La fantascienza è, più di ogni altra forma narrativa, ancorata al presente. Guarda lontano in quanto le contingenze storiche impongono di farlo. La visione non è molto ottimistica, ma ciò non dipende dagli scrittori.
Non sono stati loro a fare del fungo atomico il simbolo degli anni a venire.

9.
Nel nono volume de Le grandi storie della fantascienza, Isaac Asimov comincia a raccogliere le inquietudini che, nel dopoguerra, serpeggiano nella società americana, come in ogni altra società. E’ il 1947, l’euforia per la guerra vinta dalle potenze antifasciste si sta attenuando. Sorgono altri problemi, che dividono gli stessi vincitori: politici, geopolitici, sociali.
La fantascienza di stampo avventuroso resta appannaggio di un Jack Williamson, che aggiorna le formule degli anni ’20, mentre quella che pare occuparsi di pura tecnologia ha in Arthur C. Clarke il più illustre esponente.
Accanto a questi nomi ne emergono altri, e nuove tendenze ancora embrionali. Sturgeon e Bradbury paiono interessarsi più all’uomo che agli “effetti speciali”. Il quasi esordiente William Tenn, con il suo caustico umorismo, mette in luce i difetti della società che lo circonda, e anticipa la science fiction che verrà.
E’ un disagio collettivo, quello che mettono in luce, a volte trasfigurato in ironia, gli scrittori che Asimov chiama a raccolta: da un veterano come Lewis Padgett (pseudonimo di Henry Kuttner, quando scrive con la moglie Catherine L. Moore) all’inglese Eric Frank Russell.
Rispetto alla fantascienza delle origini, quella del secondo dopoguerra è profondamente diversa. Niente positivismo, piuttosto smarrimento. Carenza di finali lieti. E, se c’è da divertirsi, sarà un ghigno, più che una risata.

10.
Nel 1948 la fantascienza americana è in piena forma, anche perché gli Stati Uniti sono emersi dalla guerra come la maggiore potenza mondiale, grazie a una tecnologia rimasta intatta e incentivata dal conflitto. Pare aprirsi una fase di espansione senza limiti, si respira ottimismo. Nessuno dubita che l’esplorazione degli spazi, cui stanno già lavorando scienziati nazisti passati al nemico, possa tardare.
Naturalmente il progresso ha come sempre un lato oscuro. L’Unione Sovietica, da alleata che era, si è trasformata in rivale (per fortuna non ha ancora la bomba atomica), il comunismo si espande e lambisce l’Europa occidentale, il maccartismo fa la sua apparizione, limitata per il momento al mondo del cinema. L’uccisione, all’inizio dell’anno, del mahatma Gandhi, che Asimov ricorda nella prefazione, sembra preannunciare la fine di un periodo di pace durato solo due anni.
La fantascienza, narrativa intrinsecamente ambigua, da un lato vive di ottimismo, dall’altro si alimenta di tensioni. Prevale il gusto dolceamaro, nel decimo volume de Le grandi storie della fantascienza. Gli autori antologizzati da Asimov, dal Ray Bradbury di Marte è il paradiso!, che colpirà profondamente un giovane Stephen King, al caustico Fredric Brown, all’epico Van Vogt, a molti altri, tra esordienti e veterani, non adottano l’uno o l’altro registro, ma spesso li fondono tra loro. Perché dolceamara è la società occidentale che, fuori delle camere in affitto in cui lavorano, sta prendendo forma.


  1. Per una questione di diritti, nessun racconto di Heinlein, tra quelli citati qui e in seguito, figura effettivamente nell’antologia. Circostanza ignota al prefatore, che aveva tra le mani l’originale americano.