di Paolo Lago

boileau_narcejac_coverBoileau-Narcejac, La donna che visse due volte, trad. it. di F. Di Lella e G. Girimonti Greco, Adelphi, Milano, 2016, pp. 196, € 18,00

Il romanzo noir D’entre les morts (1954) di Pierre Boileau e Thomas Narcejac (definiti come «i Fruttero e Lucentini francesi»), dal quale Alfred Hitchcock nel 1958 trasse il suo film Vertigo, è stato recentemente riproposto da Adelphi in una nuova, bella traduzione realizzata da Federica Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco. Il titolo, come nelle precedenti edizioni, è stato tradotto con La donna che visse due volte, lo stesso della versione italiana del film di Hitchcock. Se in un importante indizio paratestuale come il titolo è quindi evidente il rimando al noto film, bisogna comunque fare una precisazione: chi ha visto la pellicola hitchcockiana, per predisporsi alla lettura, deve sbarazzarsi del suo bagaglio visivo cinematografico. Infatti, i protagonisti, Flavières e Madeleine/Renée non sono davvero James Stewart e Kim Novak: il primo è descritto come invecchiato e ingobbito, un uomo insicuro di sé e dedito all’alcol, mentre la seconda è sì una bella donna ma non possiede certo il fascino prorompente dell’attrice americana. Inoltre, se la storia trasposta sullo schermo dal regista inglese si ambienta in una solare San Francisco della fine degli anni Cinquanta e nei suoi dintorni, quella letteraria, invece, in una cupa Parigi durante la seconda guerra mondiale e, successivamente, in una altrettanto cupa Marsiglia. La vicenda, nel romanzo e nel film, è più o meno la stessa: il protagonista è un ex poliziotto che viene ingaggiato da un suo vecchio compagno di università per indagare sullo strano comportamento della moglie, ossessionata dalla figura di un’antenata morta suicida. L’ingenuo personaggio si scoprirà quindi vittima di un raggiro, utilizzato dal finto amico per uccidere la vera moglie. A questo punto, è comunque meglio non rivelare nulla di più sulla trama anche se chi ha visto il film potrebbe obiettare di conoscerla di già. Ma qui si sbaglierebbe, in quanto la seconda parte del libro, ambientata a Marsiglia, non è stata trasposta sullo schermo in modo così fedele come la prima parte.

Tutto questo per sottolineare che il romanzo degli scrittori francesi è un’opera assolutamente godibile anche senza avere in testa il film di Hitchcock: perciò, anche se siamo degli incalliti cinefili, adesso dovremo lasciarlo un po’ da parte. Il personaggio di Flavières appare molto curato dal punto di vista psicologico: progressivamente, egli si innamora di Madeleine ma si tratta di un sentimento costantemente turbato dall’ombra del mistero e di un passato che incombe come un inquietante spettro. Il protagonista sembra precipitare lentamente in un gorgo psicologico dal quale non riuscirà più a riemergere. Insieme al sentimento del personaggio – prima lieto poi progressivamente più cupo fino al ‘suicidio’ della donna – muta anche il paesaggio: nei momenti iniziali del libro Parigi è ancora descritta come una città allegra e vitale mentre progressivamente, con l’avanzare della guerra, si incupisce fino a trasformarsi in un triste regno della solitudine. Carri armati e mezzi militari solcano le sue strade ormai deserte mentre i locali e i bistrot sono quasi esclusivamente frequentati da soldati e ufficiali. Flavières si ritroverà allora solo e incupito, dedito all’alcol e quasi preda della follia, in una città essa stessa solitaria e cupa, rapita dalla follia collettiva della guerra. Su consiglio di uno psichiatra, dovrà recarsi nel sud, al mare, abbandonando così le brume parigine. Ma durante il viaggio, a Marsiglia, incontrerà di nuovo la ‘morta’ Madeleine, sotto le (vere) spoglie di Renée. Il lettore viene sapientemente condotto per mano dagli autori fino, quasi, a identificarsi con la mente stravolta del protagonista e a guardarsi intorno attraverso il suo punto di vista. Quando rivede la donna e intreccia con lei una relazione, Flavières penserà davvero, in alcuni momenti, di avere a che fare con un fantasma, per cui la narrazione assume diverse tonalità horror fino a sfiorare la categoria del soprannaturale. È soltanto frutto della fantasia alterata del personaggio ma anche noi lettori, a un certo momento, arriviamo a dubitare insieme a lui della identità e della reale esistenza di Renée. Lo scenario è adesso quello di una affollata ma non meno spettrale Marsiglia. Emblematico, in questo senso, è il momento in cui Flavières segue la ragazza fino al porto e, nell’oscurità della sera che sta scendendo, entrambi si ritrovano immersi in un’atmosfera spettrale, fra cupe ombre che potrebbero essere quelle di malfattori e tagliagole in agguato, ma forse anche quelle degli sconosciuti fantasmi che vivono nella mente del protagonista obnubilata dall’alcol. All’ambientazione ‘esterna’ della città si alternano gli ‘interni’ prima della stanza d’albergo, poi della camera ammobiliata che i due affittano in una squallida pensione: entrambi spazi soffocanti e asfittici dove il delirio personale del protagonista si mescola a quello di una crisi di coppia in cui i personaggi, in una sorta di danse macabre, appaiono l’uno prigioniero dell’altra e viceversa.

boileau_narcejac_Tutti elementi che si perdono nel film di Hitchcock anche se, come afferma François Truffaut in una conversazione-intervista col regista inglese, molto probabilmente i due autori francesi hanno scritto il loro romanzo con l’intenzione di offrirgli uno spunto da portare sul grande schermo: «F.T. La donna che visse due volte (Vertigo) è tratto da un romanzo di Boileau-Narcejac che si intitola D’entre les morts, e che è stato scritto apposta per lei, perché ne facesse un film. A.H. Ma era già un libro prima che ne acquistassero i diritti per me. F.T. Sì, ma questo libro è stato scritto apposta per lei. A. H. Lei crede? E se non l’avessi comprato? F.T. Sarebbe stato acquistato in Francia a causa del successo dei Diaboliques. Boileau e Narcejac hanno scritto quattro o cinque romanzi costruiti sullo stesso principio e, quando hanno saputo che lei voleva comprare i diritti dei Diaboliques, si sono messi al lavoro e hanno scritto D’entre les morts che la Paramount ha subito acquistato per lei» (F. Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, Net, Milano, 2002, p. 201).

Adesso, grazie a questa nuova traduzione, possiamo riassaporare con più gusto le innumerevoli finezze psicologiche messe in atto dai due scrittori, maestri indiscussi del noir, fino alla fine della storia, una fine che – molto più che nel film – ci prende alle spalle come uno spietato assassino, come un fantasma che riemerge dal passato fra le inquietanti brume di una guerra fin troppo presente.