di Marco Sommariva
Fu durante le feste di Natale del ’77 che mio padre, due miei zii e un loro amico si misero d’accordo per vedersi tutti i sabati di gennaio, dopo cena, per giocare a poker. Lo dissero e lo fecero, nonostante lo storcere leggero delle labbra di mia madre, delle mie zie e della moglie del loro amico. Due coppie non avevano figli; le altre sì, ma erano grandi e già uscivano di casa per conto loro: solo io, da poco quattordicenne, ero ancora a rimorchio dei “grandi”.
E così, la sera di sabato 7 gennaio 1978 – mentre “gli uomini” bevevano fumavano giocavano a carte e non gradivano granché la mia presenza, Se stai qui a guardare non fare domande!, e “le donne” poco distanti sedute in cerchio parlavano a voce bassa di cose che m’interessavano poco o nulla, Se stai qui ad ascoltare non devi interrompere! –, iniziai ad aggirarmi per la casa della zia che ospitava il tavolo d’azzardo, cercando qualcosa da fare.
Non vidi granché d’interessante – dalla classica gondola di Venezia posata su un centrino fatto all’uncinetto sopra il televisore spento, a un puzzle delle Dolomiti appeso di sghimbescio alla parete del corridoio –, finché non m’imbattei in una manciata di fumetti abbandonata in un grosso canestro di vimini: erano dei Lanciostory di luglio, agosto e settembre 1977 acquistati da mio cugino, in quel momento al cinema con la fidanzata.
Chiesi il permesso di prenderli e iniziai a leggerli in cucina, da solo, seduto a tavola, a debita distanza dagli otto adulti che rimasero di là, in sala, sotto una cappa di fumo che andava via via inspessendosi.
Fuori era buio, c’era silenzio e faceva freddo: a quell’ora, la temperatura era intorno ai tre gradi – i “grandi” sostenevano fosse alto il rischio nevicasse.
Intanto che gli italiani discutevano sulla strage di Acca Larenzia, cantavano Solo tu dei Matia Bazar, approvavano la legge Basaglia, vedevano l’album Saturday night fever dei Bee Gees raggiungere la prima posizione nella classifica delle vendite, e non sapevano ancora che un certo Silvio Berlusconi versava centomila lire per iscriversi alla loggia massonica P2, presi in mano un Lanciostory a caso dalla pila che avevo davanti: la copertina riportava immagini western e preannunciava qualcosa al suo interno destinato a cambiare decisamente rotta alla mia visione del mondo, “IL 1° EPISODIO DELL’ETERNAUTA” – era scritto proprio così, tutto maiuscolo.
All’epoca, non potevo sapere che, dopo l’Argentina, l’Italia era il primo paese al mondo a pubblicare L’Eternauta, e proprio a iniziare da quel fumetto che avevo in mano, il numero 27 (anno III) del settimanale Lanciostory dell’Eura Editoriale.
A differenza di Hora Cero Semanal, la rivista argentina che aveva pubblicato L’Eternauta che aveva uno sviluppo in orizzontale (27×20 cm), il settimanale dell’Eura aveva il tipico formato “a quaderno”, e per questo motivo, con l’approvazione del disegnatore Francisco Solano López, le tavole furono rimontate per essere adattate allo sviluppo verticale della rivista: vignette tagliate, allungate e manipolate, e testi ritoccati.
Iniziai a sfogliarlo e rimasi immediatamente impressionato dai disegni molto diversi da quelli degli americani Jack Kirby e John Buscema o degli italiani Magnus, Bonvi e Gallieno Ferri, ossia tutte le matite che avevano accompagnato la mia crescita sino a quel momento.
E mi folgorò la storia di questo misterioso personaggio – l’Eternauta, appunto – materializzatosi in casa di uno sceneggiatore di fumetti, in quel di Buenos Aires; un’avventura scritta da un altro argentino, Héctor Germán Oesterheld, divoratore di opere del connazionale Bioy Casares e di Salgari, Wells, Poe, Melville, Stevenson, Conrad, London e Verne – di quest’ultimo, nella prima metà degli anni Settanta adatterà a fumetti Ventimila leghe sotto i mari.
Iniziò così il mio rapporto con questa historieta, così viene chiamato il fumetto in Argentina.
Quando l’Eternauta, “l’uomo dai cento nomi”, prende corpo davanti allo stupefatto sceneggiatore di fumetti – che, poi, altro non è che lo stesso Germán – per raccontargli una storia incredibile, lo sceneggiatore è seduto al suo tavolo di lavoro in una fredda notte australe.
L’incredibile storia che racconterà l’Eternauta ha inizio una sera quando, nel chiuso della sua casa dove abitava con la moglie Elena e la figlia Martita, mentre stava giocando a carte con tre amici e il suo nome era ancora Juan Salvo, assistette alla prima manifestazione di un’invasione aliena: una neve fosforescente che in poco tempo avrebbe ucciso quasi tutti gli abitanti della capitale argentina, chiunque fosse stato toccato dai fiocchi.
È questo l’indimenticabile inizio di un’opera che, utilizzando la metafora dell’occupazione extraterrestre, s’apprestava a denunciare ogni potere repressivo.
L’apparizione iniziale di fronte allo sceneggiatore di fumetti è un classico; in questo modo, l’autore finge l’irresponsabilità della storia che narra, proprio come si fa col luogo comune del manoscritto ritrovato, tipo il Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes o I promessi sposi di Alessandro Manzoni.
Avevo letto poche pagine quando, senza alzarmi dalla seggiola, guardai fuori dalla portafinestra della cucina per controllare se per caso avesse iniziato a fioccare poi, sempre restando a tavola, causa uno scricchiolio, rivolsi lo sguardo di fronte a me – si stava forse materializzando qualcuno sulla sedia davanti alla mia? – e, infine, aguzzai le orecchie per capire se, in sala, gli otto adulti fossero ancora tutti vivi: mai mi era capitato prima e mai mi successe in seguito d’essere così immerso in un fumetto.
Sceneggiato dal prolifico Héctor Germán Oesterheld, nato a Buenos Aires da una famiglia di origini tedesche e spagnole, e disegnato dall’argentino autodidatta Francisco Solano López, L’Eternauta venne pubblicato per la prima volta dalla rivista Hora Cero Semanal tra il settembre 1957 e il settembre 1959, a puntate, come fosse stato un romanzo d’appendice.
Oesterheld raccontò che L’Eternauta “nacque come un racconto di appena settanta vignette”, un fumetto breve che diventò un lungo e straordinario viaggio capace di raggiungere e traghettare diverse generazioni e culture di lettori. Oesterheld, ammiratore di Robinson Crusoe – il naufrago pensato dallo scrittore inglese Daniel Defoe nel 1719 –, scrisse negli anni Settanta: “All’inizio L’Eternauta era la mia versione di Robinson. La solitudine dell’uomo, circondato e prigioniero non del mare ma della morte. Non l’individuo solitario Robinson, ma l’uomo con famiglia e amici”.
Il disegnatore Solano López ricorda, invece, che L’Eternauta “fu, oltre che una storia di fantascienza, una specie di anticipazione del destino vissuto decenni dopo dal paese. Credo che fu un atto quasi incosciente tanto da parte di Héctor Oesterheld come da parte mia, in un contesto come quello degli anni ’50, si capisce. Héctor era un deciso antiperonista, un liberale con idee socialiste, di sinistra – come potevo esserlo anch’io, senza essere iscritto a nessun partito – collocato più o meno sulle stesse posizioni di tutta l’intellighenzia argentina e con un’idea di popolo e di giustizia sociale che gli facevano concepire i fatti storici come determinati dalle pressioni dei paesi più ricchi”.
I fatti storici determinati dalle pressioni dei paesi più ricchi, li si trova già raccontati quando, nella seconda puntata pubblicata da Hora Cero Semanal, un giornale radio trasmette un bollettino informativo in cui si racconta di un’eccezionale esplosione atomica nel Pacifico, che contrariamente a quanto precedentemente annunciato gli Stati Uniti avevano continuato a effettuare test atomici, e che questo era stato rivelato da un incidente appena accaduto: l’esplosione di una bomba atomica di nuovo tipo che aveva prodotto una quantità enorme di polvere radioattiva, una nube che, spinta dal vento, avanzava a gran velocità verso sudovest, l’Argentina; era come se Oesterheld, pur non dando ancora una lettura esplicitamente politica dei fatti come farà in seguito, iniziasse a denunciare la minaccia incombente sull’America del Sud del governo statunitense.
Impressiona la chiarezza di idee che permise a Oesterheld di capire con largo anticipo il problema di fondo che affliggeva la politica argentina dell’epoca: L’Eternauta risulterà essere la metafora perfetta dei futuri venticinque anni del paese, “una storia che diventa profezia”, scriverà nel 2001 Juan Sasturain – giornalista, fumettista e scrittore argentino – in una prefazione a una delle tante edizioni del fumetto.
L’historieta pensata da Oesterheld divenne premonitrice di un concreto e determinato scenario: la nevicata mortale rappresentava il paese distrutto, un paese consegnato agli interessi di potenze straniere e dominato dall’invasore: intorno alla metà degli anni Cinquanta, governo argentino e multinazionali avevano stipulato accordi che, in pratica, consegnavano a capitali stranieri, in primis statunitensi, la guida del processo di sviluppo del paese, soprattutto nel settore petrolchimico e metalmeccanico.
Può una historieta diventare denuncia del vuoto etico lasciato dalle istituzioni, in teoria democratiche, che tanti ritengono debbano essere i garanti dei destini di una nazione? Decisamente sì, L’Eternauta simboleggerà la lotta per un’Argentina più giusta e degna; non solo, data la capacità di questa storia di attraversare lo spazio e il tempo mantenendo intatta la sua capacità di meravigliare il lettore, L’Eternauta simboleggia ancora le battaglie per un mondo più giusto e degno, compresa l’attuale lotta argentina contro quella caricatura di Trump che risponde al nome di Milei, l’uomo che sta trascinando l’Argentina in una profonda povertà, tentando la narrazione di una controstoria che cancelli anche i desaparecidos.
Oesterheld era il primo a essere fortemente convinto della forza comunicativa del fumetto come mezzo per diffondere valori socioculturali; un genere che, in quel determinato contesto storico, era capace di un grande impatto popolare.
Quando nello studio di casa dello sceneggiatore di fumetti si materializza dal nulla l’uomo ribattezzato Eternauta da un filosofo del XXI secolo, insieme all’estraneo si concretizza la storia più fantastica mai ascoltata; durante il dialogo fra i due verrà consacrata l’importanza della tradizione orale e, quindi, la difesa della memoria come fonte di identità: la voce dell’Eternauta, infatti, porta reminiscenze di un altro tempo, di un’altra notte, di un’altra casa quando, attorno a un tavolo da gioco, un gruppo di amici assapora le semplici cose offerte dalla vita.
I giocatori seduti al tavolo – Juan Salvo che diverrà l’Eternauta, e i suoi amici Favalli, Lucas Herbert e Polsky – sono sereni e le loro menti libere, quando la nevicata mortale comincia a coprir le strade; l’apparente evento meteorologico risulterà essere la prima mossa degli invasori.
Questa prima sequenza del fumetto già rimanda direttamente al Robinson Crusoe citato dallo stesso Oesterheld: la lotta per la sopravvivenza si delinea come nucleo centrale della storia, con l’Uomo costretto ad affrontare condizioni esterne estreme: isolamento, fame, solitudine, la fine di tutto ciò che si conosce.
Dato che ancora oggi il concetto dell’essere umano capace di attraversare lo spazio e il tempo ha la capacità di appassionare il lettore, pensate quale effetto può aver avuto nel 1957, quando la corsa verso lo spazio avanzava con forza verso orizzonti incerti: Juan Salvo parla del suo destino di marinaio del tempo, di viaggiatore dell’eternità e della sua triste e desolata condizione di pellegrino nei secoli, nel settembre del 1957, quando mancava un solo mese al lancio nello spazio del primo satellite artificiale della storia, il sovietico Sputnik I.
Un primo sostanziale cambio narrativo del fumetto avviene con la discesa di due sfere luminose nella notte di Buenos Aires spostando, così, la storia in un altro contesto, quello dell’invasione extraterrestre; consapevoli d’essere attaccati da una razza aliena, proveniente dallo spazio, i personaggi vengono catapultati nel genere fantascientifico e, a quel punto, il tema portante non sarà più la sopravvivenza, ma la resistenza.
Vista la passione di Oesterheld per le opere di Verne, Salgari e Wells, non è da escludere che i due temi fondanti de L’Eternauta, gli stessi di tutta la letteratura di fantascienza, ossia l’invasione aliena e il viaggio nel tempo, gli siano stati ispirati anche da letture quali La guerra dei mondi di H.G. Wells per il primo tema e da La macchina del tempo sempre di Wells, Le meraviglie del duemila di Emilio Salgari e Parigi nel XX secolo di Jules Verne per il secondo.
La historieta ci racconterà di una resistenza contro l’invasore extraterrestre ma, vista da un’altra prospettiva, potrà essere letta come la resistenza dei meno abbienti contro il potere costituito: non a caso comparirà la figura dell’operaio Alberto Franco che, nei momenti più critici, s’assumerà la responsabilità di diverse iniziative, decisioni.
Nella sua ultima intervista, Oesterheld ricorderà che “pochi l’hanno notato ma è così, l’eroe principale è Franco, un operaio”.
Attaccare il nemico e batterlo provvisoriamente come succede nella storia, significa vincere una battaglia ma non la guerra, e questo è qualcosa che Oesterheld ha ben chiaro; non a caso, la risposta data dagli invasori a un gran colpo inferto loro da Franco sarà una nuova nevicata, più mortale della precedente.
In linea con la sua filosofia di mutuo soccorso, Oesterheld assegnerà la resistenza all’invasore a piccoli imprenditori, gente della classe media, lavoratori, professionisti, sottufficiali e qualche ufficiale dell’esercito, e spesso la responsabilità delle decisioni verrà fatta ricadere sull’elemento più umile del gruppo; il messaggio dello sceneggiatore parrebbe chiaro: per risolvere i problemi nazionali, occorre un’alleanza fra i ceti medi, la classe operaia, i militari e gli intellettuali – solo così si potrà evitare la sconfitta di fronte a un nemico fornito di tecnologie e armamenti superiori.
A causa di questa resistenza, la historieta raffigura scontri che, pagina dopo pagina, salgono di tono; tra questi, il combattimento nello stadio del River Plate, la fuga tra i tunnel della metropolitana D e il bombardamento atomico su Buenos Aires.
Così come ciò che accade allo stadio del River Plate e nella linea D della metropolitana, tutti gli avvenimenti si svolgono in luoghi e zone ben note ai lettori argentini; Solano López ricorderà che ne L’Eternauta “tutto è riconoscibile, la Plaza Italia, lo Zoo che tanto amavo da piccolo, le Barrancas di Belgrano e il suo mercato. Non ho usato foto, né mi sono recato nei luoghi per prendere appunti, ma ho disegnato la città così come la ricordavo. Se la ricordavo così, la gente l’avrebbe riconosciuta, pensai”.
Oesterheld, che conosceva bene l’assurda compulsione a ripetersi delle dittature, sapeva che i nazisti avevano usato gli stadi come aree di smistamento degli ebrei, ma non poteva sapere che lo stadio di Buenos Aires del River Plate che nel fumetto descrive assediato dagli invasori e dove gli umani sostengono e respingono i ripetuti attacchi nemici, sarà usato dai militari durante la loro dittatura che durò dal ‘76 all’83 per rinchiudere, torturare e poi far sparire i corpi degli oppositori.
Per una mostra sull’opera del marito tenutasi a Torino nel 2002, la moglie di Oesterheld ha scritto: “Nell’opera di Héctor si anticipò quella lotta nella quale tutti senza eccezione dobbiamo impegnarci: il rispetto della vita al di là dei condizionamenti, delle idee politiche, delle classi sociali”.
L’Eternauta si presta a una lettura umanista: lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo da parte di un sistema politico e sociale che non dà alcuna importanza alle possibili conseguenze, è incarnato nella figura degli Ellos [i “Loro”] i quali, intenzionati a conquistare l’Universo, invadono la Terra per mano dei Manos, una razza pacifica che sono riusciti a dominare dopo aver loro impiantato una “ghiandola del terrore” che li uccide nel caso tentassero di ribellarsi – forse esagero, ma a me sembra si stia già parlando di transumanesimo.
Molto probabilmente, una delle scene più celebri de L’Eternauta è quella dove uno degli schiavi degli Ellos muore e si lascia andare a una malinconica meditazione sull’universo a partire da una caffettiera, dalla bellezza di questo manufatto, e qui è difficile che la memoria non corra alla malinconia dell’androide del film Blade runner di Ridley Scott, trasposizione cinematografica de Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick, e al suo famoso monologo: “Bella esperienza vivere nel terrore, vero? In questo consiste essere uno schiavo. Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione…”.
Così come la trasposizione cinematografica del romanzo di Dick, anche la historieta sceneggiata da Oesterheld è un’opera capace di trovare un giusto equilibrio tra gli schemi classici del genere e domande profonde sul senso della Vita e dell’essere umano.
Il finale de L’Eternauta si concentra sull’incontro di Juan Salvo con la moglie Elena e la figlia Martita e, sempre a proposito di transumanesimo, col sacrificio di Favalli, Franco e altri trasformati in uomini robot al servizio degli invasori, con le loro volontà annullate da un telecomando impiantato nella nuca.
Il fine ultimo dei militari al potere, così come quello del Potere in generale, era quello di produrre uomini-robot senza volontà, senza autodeterminazione: non c’era posto per chi non si allineava. Non a caso, nel 1977, vent’anni dopo l’uscita del suo capolavoro, Oesterheld farà una brutta fine.
“Deve essere chiaro che i fatti del 24 marzo 1976 non stanno a indicare solo la caduta di un governo. Significano, invece, la fine di un ciclo storico e l’inizio di uno nuovo”, sentenziò Videla in un messaggio all’Argentina, trasmesso dal canale nazionale il 30 marzo; la Giunta dei Generali formata dai comandanti a capo delle tre forze armate – Jorge Rafael Videla per l’esercito, Emilio Eduardo Massera per la Marina e Orlando Ramón Agosti per l’Aeronautica – s’impossessò del Governo il 24 marzo 1976, appunto, e nominò presidente di fatto Jorge Rafael Videla.
Fra le prime misure prese, il nuovo Governo sciolse il parlamento e i partiti politici.
Chiunque avesse creduto possibile, realizzabile un modello di paese più giusto, militasse o no in una qualsiasi organizzazione di sinistra, finì con l’essere accusato di “delinquenza sovversiva”; contro questi “delinquenti sovversivi” lo Stato adottò il sistema della “desaparición de personas”, che non era altro che l’incarcerazione illegale, eseguita dalle stesse Forze armate, in centri segreti dove i sequestrati venivano torturati e, nella maggior parte dei casi, uccisi.
Nel giro di diciotto mesi, tra il 1976 e il 1977, le quattro figlie di Oesterheld – come il padre, tutte militanti nelle file dei Montoneros, l’ala sinistra del Peronismo – vennero assassinate dalla dittatura, così come i loro compagni. Delle quattro ragazze uccise, due erano incinte.
Oesterheld si nascose e continuò a pubblicare nuove opere clandestine, ma nell’aprile del 1977 fu catturato e portato nel centro clandestino di detenzione e sterminio “El Vesubio” dove tortura, omicidio e stupro erano la norma. Fu visto vivo l’ultima volta da un altro prigioniero intorno al gennaio del 1978; si ritiene sia stato ucciso a Mercedes, in provincia di Buenos Aires, con un colpo d’arma da fuoco – i suoi resti risultano ancora dispersi.
Se tante opere della fantascienza degli anni Cinquanta ci hanno messo in guardia dai futuri possibili, visto quanto accaduto al suo creatore, L’Eternauta lo ha fatto a ragion veduta.
Quella degli Oesterheld è la storia di una famiglia distrutta da un regime criminale, che ha abbracciato la lotta politica fino alle sue estreme conseguenze: l’umanità professata dalle storie di Héctor Germán non era e non è di questo mondo; ha detto Martín Mórtola Oesterheld, figlio di Estela, la figlia maggiore di Oesterheld uccisa a colpi d’arma da fuoco fuori casa sua da uno squadrone della morte nel dicembre 1977: “I racconti di mio nonno avevano come asse centrale i legami umani, le relazioni umane”.
Prima di finire tra i desaparecidos, Oesterheld troverà il tempo e il modo per produrre qualcos’altro: invogliato dal successo ottenuto nel 1976 da una ristampa de L’Eternauta, Oesterheld creerà una seconda parte della saga – L’Eternauta II, sempre disegnata da Solano López – che in Italia verrà pubblicata col titolo L’Eternauta, il ritorno.
La sceneggiatura di questo sequel scritta in clandestinità prima d’esser sequestrato, mostra la famiglia di Juan Salvo e lo stesso Oesterheld lottare a fianco degli umani superstiti in uno scenario post-apocalittico; la storia che vede l’Eternauta leader di un popolo oppresso guidare la ribellione contro un governo dittatoriale, riflette ancora una volta l’impegno politico dell’autore.
Ha detto Solano López: “Se la prima parte era un discorso antimperialista, la seconda era decisamente propaganda politica. Ero molto preoccupato poiché in quel periodo lottavo per tirar fuori dal carcere mio figlio minore [Gabriel], imprigionato per la sua militanza. Inoltre, vivendo a Belgrano ero molto esposto e temevo, in quanto coautore dell’Eternauta, che venissero a prendermi”.
Fortunatamente Gabriel López fu liberato e l’intera famiglia si trasferì a Madrid, dove il disegnatore concluse le tavole dell’Eternauta II.
Riguardo la scena finale – dove Germán (Oesterheld) e Juan Salvo stanno camminando uno fianco all’altro, di spalle, verso l’orizzonte – Lopez ha commentato così: “Disegnare la scena finale […] è stata per me un’esperienza molto toccante. Ha significato la chiusura di una storia che, emotivamente e personalmente, mi aveva colpito tanto e causato molto dolore. Mi trovavo esiliato a Madrid con mio figlio, in un appartamento in Calle de la Princesa. In questo stesso appartamento, da alcuni amici profughi di mio figlio, avevo saputo che Héctor era stato sequestrato. E un anno dopo mi arrivò la notizia, priva di conferma, che era stato ucciso. Per questo motivo completare L’Eternauta, il ritorno mi ha provocato una sensazione di vuoto, di dolore. Sia per quello che era successo sia per il fatto di non sapere cosa sarebbe successo in futuro. Per la tristezza che provavano mio figlio e gli amici di mio figlio. Perché noi tutti stavamo andando da qualche parte, senza saper bene dove né fino a quando”.
Grazie ai miei quattordici anni, anch’io stavo andando da qualche parte senza sapere dove; di certo, sapevo che non avrei mai dimenticato la figura dell’Eternauta, la sua storia, il suo insegnamento, l’aiuto a diventare “grande” simile a quello che mi avrebbe dato, a partire dal mese seguente, la rivista satirica Il Male che iniziai ad acquistare regolarmente appena veniva consegnata nelle edicole così da non rischiare di restare senza, sia perché contava centinaia di migliaia di lettori sia perché veniva sequestrata ogni tre per due.
Ormai, era domenica 8 gennaio 1978 quando uscimmo da casa di mia zia e andammo a casa; come all’andata, il viaggio lo feci seduto sul sedile posteriore della nostra vecchia FIAT Seicento comprata a rate, guidata da mio padre che, al tavolo da poker, aveva limitato le perdite entro limiti accettabili dal bilancio famigliare, con mia madre accomodata sul sedile del passeggero che si lamentava del freddo.
Seduto sul sedile posteriore, solo e angosciato come Juan Salvo, guardavo le strade deserte e speravo s’arrivasse a casa il prima possibile: temevo fortemente iniziasse a nevicare da un momento all’altro.
Mai mi era capitato prima e mai mi successe in seguito d’essere così immerso in un fumetto; a dirla tutta, ci sono ancora dentro fino al collo.