di Gioacchino Toni e Gianluca Ruggerini

[È da poco in libreria il volume di Gioacchino Toni – Gianluca Ruggerini, Guida agli stili nell’arte e nel costume. L’età moderna, Odoya, Città di Castello (PG), 2019, pp. 544, € 26,00. Si riporta di seguito parte dell’Introduzione ringraziando l’editore per la gentile concessione – ght]

Questo volume si propone come guida agli stili nell’arte e nel costume che hanno caratterizzato l’Età moderna secondo una periodizzazione che la inquadra tra il XV e il XIX sec. L’analisi degli stili risulta scandita da una trattazione principale incentrata sulle esperienze artistiche e da numerosi inserti dedicati al costume che si preoccupano di ricomporre il quadro generale delle consuetudini di vita dell’epoca nei termini di immaginario collettivo, di moda e abbigliamento in senso stretto, di orientamenti di gusto in senso lato, nonché di comportamenti sociali. In tali inserti particolare attenzione è dedicata ai mutamenti stilistici occorsi nell’abbigliamento nel periodo indagato.

Le esperienze artistiche affrontate nella trattazione principale introducono tanto le peculiarità stilistiche del periodo in esame, con particolare attenzione al contesto culturale e materiale entro cui si manifestano, quanto i protagonisti che le portano avanti. La trattazione segue qui un criterio volto a cogliere il perpetuo cambiamento degli stili in relazione a individuati elementi di invarianza epocale.

La guida si apre con l’analisi del Rinascimento, inteso quale atto di nascita della modernità artistica: preso atto dell’emancipazione di un nuovo stile dai linguaggi duri e schematici dell’arte precedente, lo studio dei suoi tratti distintivi si traduce nella codifica di quelle che si riveleranno come costanti moderne, riscontrabili anche nelle esperienze artistiche post-cinquecentesche. È in tal senso l’ideale della mimesi, della riproduzione fedele della natura, a segnare lo stacco da ciò che c’era prima e a garantire la continuità in ciò che viene dopo, perlomeno fino al termine dell’Ottocento.

Partendo dalle “tre maniere” proposte nel corso del Cinquecento da Giorgio Vasari, che rappresentano storicamente un primo esempio di analisi fenomenologica delle produzioni artistiche, il testo sviluppa una chiave di lettura che rapporta le trasformazioni stilistiche a specifici assetti dell’immaginario collettivo, indagato tanto nei suoli livelli culturali “alti” (di carattere intellettuale), quanto in quelli “bassi” (di carattere materiale, legati al fare quotidiano e alla messa a punto dei suoi strumenti). Acquistano centralità in tal senso le invenzioni della prospettiva scientifica e della stampa a caratteri mobili, veri catalizzatori di un nuovo modo di guardare e riprodurre il mondo.

Viene dunque riserva particolare attenzione all’esperienza manierista, sorta in contrapposizione alle norme artistiche codificate dai protagonisti della fase rinascimentale matura. Di questa parentesi si mette in luce soprattutto la rottura stilistica che rallenta e, per certi versi, sembra far regredire, richiamandosi a modi arcaici, l’incedere della modernità.

Le poetiche barocche vengono di seguito presentate nelle loro tre direttrici principali (“realista”, “classicista” e “sensualista”), come piena ripresa e sviluppo di quell’indirizzo naturalistico momentaneamente abbandonato dal secondo Cinquecento.

Successivamente l’analisi delle esperienze neoclassiche evidenzia il loro contrapporsi alle torsioni flessuose e fantasiose, pienamente moderne, dell’illusionismo secentesco, con semplificazioni stilistiche già orientate a una volontà di astrazione che rivela precoci sintomi di contemporaneità.

La disanima della stagione propriamente romantica, indagata sia nelle proposte dei protagonisti, che nelle specificità nazionali, è anticipata dall’analisi di quelle proposte preromantiche che, alternando il registro violento della rivolta e della denuncia a quello malinconico della fuga nel sogno, che spesso diventa incubo, o nella visione mistica, elaborano, pur secondo modalità stilistiche differenti, una chiara contrapposizione all’illusionismo naturalistico dell’epoca moderna.

L’ultima parte del volume è dedicata, oltre che alle tendenze realiste ottocentesche, all’esperienza impressionista, vera e propria cerniera artistica e culturale tra l’Età moderna e quella contemporanea, nella consapevolezza che se da una parte tale esperienza artistica non può essere indicata ancora come moderna (nonostante il rifiuto degli strumenti espressivi fin lì utilizzati da secoli di pittura), dall’altra non può nemmeno essere definita già propriamente contemporanea a causa del suo persistere in una volontà di imitazione della realtà percepita.

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