di Gioacchino Toni

Matteo Bittanti, Marco De Mutiis, a cura di, Fotoludica. Fotografia e videogiochi tra arte e documentazione, traduzioni dall’inglese di Matteo Bittanti, Mimesis, Milano-Udine, 2025, pp. 684, € 40,00

Il volume curato da Matteo Bittanti e Marco De Mutiis raccoglie una serie di contributi di studiosi e teorici di arte, media e game, incentrati sulla fotoludica, vale a dire sulla fotografia in-game o fotografia videoludica, una pratica artistica e critica in cui si intrecciano l’estetica della fotografia tradizionale e il mondo dei videogame. I diversi contribuiti guardano alla capacità della fotoludica di ridefinire i confini della rappresentazione visiva e al ruolo attivo e critico che questa permette al gamer che vi ricorre sia come mezzo espressivo per generare immagini inedite, sia come strumento utile alla conservazione della memoria dei mutevoli mondi virtuali altrimenti destinati a scomparire.

La fotoludica viene dunque indagata nei suoi fondamenti teorici e tecnici, nelle sue potenzialità artistiche, creative, documentarie e archivistiche, oltre che negli aspetti politici e ideologici. Come sottolineano i curatori del volume, l’intento è quello di guardare alla fotoludica non solo dal punto di vista artistico, ma anche come a «un territorio in cui la documentazione del virtuale può trasformarsi in un atto sovversivo, sfidando le regole della realtà e riscrivendo il rapporto tra visibile e invisibile, tra ciò che è stato e ciò che è ancora da simulare» (p. 26).

Nell’impossibilità di dar conto in maniera approfondita delle tante questioni trattate dal volume – di quasi settecento pagine – ci si limiterà in questo scritto a fornire almeno una loro mappatura, con l’intenzione di tornare successivamente su alcune di esse approfondendole.

Circa le questioni teoriche e tecniche della fotoludica, alcuni saggi guardano alle modalità attraverso le quali questa, ricorrendo a tecnologie digitali e alle interfacce dei videogame, rimedia e ridefinisce la pratica fotografica tradizionale. Lungi dal limitarsi a riprodurre le dinamiche visive tradizionali, la fotografia nei videogame rielabora e ridefinisce i confini della rappresentazione visiva e il concetto stesso di immagine: Cindy Poremba guarda a come le pratiche di cattura delle immagini all’interno dei videogame conferiscano un ruolo attivo al gamer nella rielaborazione dei mondi virtuali; Seth Giddings mette in luce le potenzialità di espressione visiva della fotografia in-game nel suo confrontarsi con la mimesi del reale; Jan Švelch passa in rassegna le diverse tecniche di cattura dello schermo guardando alla fotografia in-game al di là del contesto strettamente videoludico; Sebastian Möring e Marco De Mutiis si focalizzano sulla rimediazione della fotografia da parte del videogame e sull’incidenza della fotoludica sulla fotografia tradizionale; Gabriele Aroni si occupa della proprietà intellettuale delle immagini catturate dagli universi digitali.

Alle potenzialità visive dei videogame e alle ricadute artistiche, economiche, esperienziali e culturali della fotografia nei mondi virtuali sono dedicati saggi di studiosi e artisti che mostrano come la fotoludica possa mettere in relazione realtà e simulazione, arte e cultura popolare, stimolando una riflessione critica sull’evoluzione dell’immagine nell’era digitale: Marco De Mutiis guarda alle forme di lavoro immateriale a cui è sottoposto il giocatore-fotografo; Justin Berry ai sofferma sulle inedite esperienze estetiche che, attraverso la cattura delle immagini nei videogame, si possono ricavare dagli scenari sintetici; Kent Sheely riflette sul possibile uso sovversivo della fotocamera virtuale a partire dalla resistenza che può attuare nei confronti dell’estetica tradizionale; Adonis Archontides guarda alle potenzialità di evasione e di autoriflessione offerte dalla fotoludica; Leonardo Magrelli approfondisce la possibilità di rievocazione della memoria culturale e storica attraverso la simulazione, focalizzandosi sul rapporto tra paesaggio virtuale e quello reale; Antonio Careri guarda alla rappresentazione del territorio simulato a partire dalla fotografia paesaggistica tradizionale all’interno dei mondi virtuali; Vladimir Rizov si occupa delle potenzialità narrative della fotoludica.

Altri interventi sono dedicati alla fotoludica come strumento di conservazione e memoria storica di mondi virtuali sottoposti a mutamento costante, altrimenti destinati a scomparire: Alex Urban guarda alle fotografie in-game come a registrazioni-testimonianze di esperienze ludiche inesorabilmente condannate a svanire; Kieran Nolan si focalizza sull’archiviazione fotografica dei graffiti nei e con i videogiochi; Florence Smith Nicholls e Michael Cook riflettono sulla possibilità di studiare e conservare le dinamiche videoludiche attraverso tecniche e modalità archeologiche solitamente applicate al mondo reale; Richard Cole indaga la possibilità di rivisitare la Storia e il mito attraverso combinazioni di elementi tecnologici e culturali di natura videoludica; Hans-Joachim Backe indaga le modalità con cui le immagini in-game possono incidere sul significato di un’opera videoludica tanto dal punto di vista estetico che da quello narrativo.

Alle potenzialità di critica sociale e politica della fotografia in-game, al possibile ricorso ad essa per rivelare le strutture ideologico-politiche sottese all’industria del divertimento digitale guardano diversi contributi: Joseph DeLappe e Laura Leuzzi esaminano le performance critiche di DeLappe in cui l’artista interviene ribaltando l’immaginario militarista di videogame di propaganda dell’esercito; Simone Santilli espone come la fotografia in-game possa documentare e criticare la logica estrattivista di un videogame che riflette le dinamiche di sfruttamento proprie del capitalismo globale del mondo reale; Ivan Girina esplora le potenzialità critiche della fotoludica nei confronti delle rappresentazioni convenzionali della violenza, della povertà e della criminalità di un videogame; Matteo Bittanti guarda al ruolo ideologico della fotografia in-game nella rappresentazione dei paesaggi naturali simulati, evidenziando come attraverso le immagini videoludiche sia possibile cogliere le tensioni tra estetica e potere.

Il volume curato da Bittanti e De Mutiis si chiude con un paio di contributi che invitano a guardare alla fotoludica come strumento utile a preservare e comprendere la storia del medium videoludico, altrimenti inesorabilmente destinata a perdersi: Joanna Zylinska riflette sulla percezione visiva nei mondi distopici post-apocalittici dei videogame guadando alla fotografia in-game come strumento utile a comprendere e interpretare il mondo virtuale; Henry Lowood, a partire dagli scatti di Ira Nowinski relativi agli spazi fisici delle sale giochi e alle comunità di gamer della Bay Area degli anni Ottanta, riflette sulle possibilità offerte dalla fotografia di realizzare un archivio della memoria videoludica.