di Paolo Lago e Gioacchino Toni
La serie televisiva australiana in sei episodi Ombre nell’acqua (The Survivors, 2025 – Netflix) realizzata da Tony Ayres e tratta dal romanzo omonimo del 2020 di Jane Harper, è ambientata a Eaglehawk Neck, in Tasmania, in una località di mare immaginaria, Evelin Bay. Si tratta di un luogo liminale e lontano, quasi una variante esotica soleggiata delle località isolate e marginali nelle quali si ambientano diverse serie crime nordiche, da Trapped (Ófærð, dal 2015 – Netflix) a La cupola di vetro (Glaskupan, 2025 – Netflix).
Su Evelin Bay gravano degli oscuri avvenimenti del passato, la scomparsa di una ragazza e la morte in mare di altri due giovani durante una tempesta mentre si recavano a soccorrere un loro amico, Kieran Elliott (Charlie Vickers), intrappolato in una grotta sommersa dall’alta marea. Quest’ultimo, come anche la protagonista di Glaskupan, si è costruito la sua vita lontano dal luogo natio da cui si è dovuto allontanare per provare a sfuggire da un passato insopportabile.
Nel momento in cui, quindici anni dopo i tragici eventi che lo hanno condotto ad andarsene, Kieran vi fa ritorno assieme alla giovane compagna Mia Chang (Yerin Ha) e alla figlioletta Audrey, le ombre del passato riemergono e lo avvolgono sotto la forma non solo di un senso di colpa che lo attanaglia ma anche dell’accusa, perpetrata in paese dai parenti delle vittime, di essere il responsabile della morte degli amici che si misero in mare per soccorrerlo.
Come nel citato Glaskupan, anche in Ombre nell’acqua la vicenda narrata segue uno schema tutto sommato convenzionale: il personaggio protagonista, che ormai vive in città, fa ritorno nel paesino immerso nella natura della sua infanzia ove è stato coinvolto molto tempo prima in una vicenda drammatica; il ritorno lo costringe a fare i conti con un passato che continua ad incombere su di lui come sulla comunità locale dilaniata da quanto accaduto; a riportare a galla il passato provvede un nuovo evento traumatico che sconvolge nuovamente il paese; le indagini su questo ultimo evento permettono di approfondire diversi personaggi protagonisti tanto del presente quanto del passato, portando alla luce gli aspetti più oscuri di ognuno di loro; la risoluzione del nuovo dramma contribuisce a risolvere anche il precedente; l’emersione del rimosso consente a diversi personaggi di liberarsi di un peso che altrimenti avrebbe continuato a gravare su di loro.
Per quanto Ombre nell’acqua, come detto, si dipani lungo uno schema narrativo non particolarmente originale, non manca di mettere in luce alcuni aspetti meno scontati. La serie palesa, ad esempio, come nella piccola comunità cali più facilmente il sipario su una tragica scomparsa femminile rispetto alle scomparse maschili che invece continuano ad essere ricordate non soltanto dai parenti stretti ma dall’intero paese che elegge quei ragazzi a “figli della comunità” mentre destina all’oblio la ragazzina, la cui memoria resta privata all’interno della cerchia dei parenti stretti.
Di fronte al nuovo dramma, alla morte della giovane Bronte (Shannon Berry) intenta a ricostruire quella parte del passato che la comunità ricorda nelle sue cerimonie pubbliche ma che preferisce non affrontare fino in fondo, gli abitanti del paesino si preoccupano più di scagionarsi a vicenda che non di scoprire chi l’ha uccisa: la famiglia e comunità dovono pur essere preservate.
In Ombre nell’acqua – che non a caso lo stesso Tony Ayres definisce “un melodramma familiare travestito da mistery” – si aprono poi molteplici squarci su dinamiche affettive complesse, che ricordano un po’ le narrazioni scandinave, per quanto queste ultime insistano maggiormente su contesti parentali altolocati.
Si pensi, ad esempio al rapporto tra Kieran e la madre Verity (Robyn Malcolm), che gli ha a lungo negato l’amore materno incolpandolo della morte del fratello, oppure tra lo stesso protagonista e la sua vecchia fiamma Olivia “Liv” (Jessica De Gouw), che scatena la gelosia della compagna Mia con cui è tornato a Evelin Bay. Quest’ultima, a sua volta, si trova a fare i conti con la memoria del suo rapporto di amicizia in età adolescenziale con la scomparsa Gabbie. Le inquietudini affettive si ampliano poi nei rapporti tra Trish Birch (Catherine McClements) e le figlie Gabbie, che non vuole dimenticare, e “Liv”, dunque di quest’ultima con il fidanzato problematico Ash (George Mason) e via dicendo.
Altra questione posta dal film riguarda la figura di Brian Elliott (Damien Garvey), il padre del protagonista alle prese con l’Alzheimer non solo per il particolare rapporto che la famiglia si trova a strutturare con lui nei momenti di minor lucidità, ma anche per come la giustizia si possa e si debba rapportare nei suoi confronti quando lo ritiene possibile responsabile della morte della giovane Bronte.
Al di là degli intrecci tra personaggi, Ombre nell’acqua è particolare per la liminalità del luogo che possiede non solo caratteristiche spaziali ma anche temporali: il lato oscuro di Evelin Bay è dovuto agli accadimenti del passato il quale, al pari della lontananza geografica, sembra avvolgere la località in una dimensione oscura e terribile.
Evelin Bay è connotata dalla presenza di una natura imponente, di certo affascinante ma, per certi aspetti, ostile, gotica – un gotico decontestualizzato in un luogo esotico – si potrebbe persino dire: enormi scogliere con grotte ed anfratti naturali nei quali è estremamente pericoloso avventurarsi, spiagge sulle quali si riversa una potente risacca, tempeste marine che possono scoppiare improvvisamente in modo violento.
Il paese e i suoi dintorni dove si ambienta Ombre nell’acqua può quindi bene rappresentare una ulteriore variazione dell’orrore balneare, di una situazione, cioè, in cui si intensificano i tratti sia orrorifici che angosciosi, ambientata però in una località marina, apparentemente spensierata e, soprattutto, in una soleggiata estate.
La vicenda della serie si svolge infatti nella stagione estiva australe, e i personaggi camminano spesso lungo spiagge – sarà proprio una spiaggia il luogo in cui verrà ritrovato il cadavere di Bronte – e si ritrovano nel pub del paese a bere e a scherzare. Il locale è per il protagonista sia un luogo in cui riceve la benevola accoglienza di alcuni vecchi amici, che quello in cui si manifesta pubblicamente l’ostilità di chi gli imputa la responsabilità della perdita dei propri cari, i giovani che la comunità si appresta a ricordare nell’imminente quindicesimo anniversario della scomparsa.
Un’altra caratteristica delle località dell’orrore balneare (ma anche, spesso, della liminalità nordica) è quella di possedere uno spazio nel quale la vita comunitaria si svolge apparentemente normale: un pub, una locanda, un negozio dove gli abitanti si ritrovano a discutere mentre sta incombendo un oscuro e inconoscibile terrore.
Agli spazi ‘antropizzati’, se così si può dire, si contrappongono quelli naturali che circondano, come un inquietante labirinto che si distende d’intorno, la cittadina e le sue case. Quasi come mostri naturali appaiono allora le scogliere, le insenature, le stesse onde del mare, le grotte, le foreste e, nel momento dell’arrivo di una tempesta, gli addensamenti nuvolosi nel cielo. Evelin Bay è anche questo: la bellezza e l’orrore di una natura sempre in agguato sembrano fare biologicamente parte della sua essenza.
L’orrore balneare, d’altra parte, possiede numerose interessanti declinazioni nella letteratura ma, soprattutto, nel cinema. Basti pensare alle località di mare, origine della dimensione orrorifica, in cui si ambientano alcuni racconti di Edgar Allan Poe, come Il manoscritto trovato in una bottiglia e La storia di Arthur Gordon Pym o a Whitby, la località balneare inglese dove, in un inquietante e tempestoso agosto, giunge la nave mostruosa del vampiro in Dracula di Bram Stoker, momenti resi efficacemente da Werner Herzog nella sua rilettura attuata con Nosferatu, il principe della notte (Nosferatu: Phantom der Nacht, 1979) in cui si vede Lucy in un piccolo cimitero sulla riva del mare battuta dal vento.
Una interessante riscrittura di una storia di vampiri in chiave gotico-balneare-mediterraneo è stata poi attuata nei primi anni del Novecento da Daniele Oberto Marrama nel suo racconto dal titolo Il Dottor Nero, in cui un vecchio capitano di mare, al calar della sera di un giorno di maggio, non riesce ad affacciarsi alla terrazza della sua villa sul mare, a Capri, per timore dei vampiri.
Come detto, sono numerosi gli esempi cinematografici di serene e spensierate località marine che si trasformano improvvisamente in scenari spaventosi quando non proprio orrorifici. Si pensi alla cittadina balneare di Bodega Bay in cui si ambienta Gli uccelli (Birds, 1963) di Alfred Hitchcock: qui, in pieno periodo di vacanze, si scatena l’infernale impazzimento degli uccelli. Lo scenario dell’azione, nella piccola località di provincia, si dipana spesso tra piccoli negozi e locande, veri e propri luoghi di aggregazione sui quali però si sta per abbattere un inquietante orrore.
Non si può poi non pensare a Lo squalo (Jaws, 1975) di Steven Spielberg, dove nell’immaginario paesino balneare di Amity si sta per abbattere la furia assassina del feroce animale. Anche Amity, come Bodega Bay, nei momenti iniziali della storia appare come un luogo perfetto e idilliaco, intriso della sua tranquillità unicamente dedita al turismo nel pieno della stagione estiva.
L’orrore, sotto la forma di squalo, emerge dai più oscuri interstizi dell’industria spettacolare della società capitalistica, quella del turismo estivo e del divertimento a tutti i costi; prima dell’apparizione del mostro, infatti, i turisti nuotano e si divertono spensierati e ignari dell’orrore che si può celare dietro al divertimento di massa imposto dalla società contemporanea che già a metà degli anni Settanta, in cui si ambienta il film, toccava uno dei suoi culmini.
In Il mondo dietro di te (Leave the World behind, 2023) di Sam Esmail, invece, al posto dello squalo, creatura mostruosa legata pur sempre all’universo naturale e animale, l’orrore si insinua su una spiaggia affollata sotto le vesti di una petroliera a guida autonoma satellitare sabotata da un fantomatico attacco terroristico. Negli anni Venti del Duemila, sembra che il terrore, persino su una spiaggia, non possa più essere condotto da uno squalo più o meno mutante ma ad un mostro tecnologico guidato dall’intelligenza artificiale.
Infine, legato a eventi del passato, come quelli di Ombre nell’acqua, appare anche l’orrore che racconta John Carpenter in Fog (The Fog, 1980): la nebbia assassina che invade le strade di San Antonio Bay, un’altra tranquilla località balneare, è legata a eventi avvenuti cento anni prima quando gli abitanti del paese avevano provocato il naufragio di una nave di lebbrosi.
La natura ostile di Evelin Bay, per certi aspetti, appare anche ‘vampiresca’ nei confronti degli abitanti del luogo: ne risucchia le forze vitali fino alla morte e li fa precipitare in angosciosi perturbamenti. Al posto del castello abitato dall’inquietante conte troviamo scenari naturali bellissimi ma anche angoscianti, intrisi di un fascino oscuro ed ambiguo.
Tra l’altro, sempre in tema di vampiri, si incontra una interessante decontestualizzazione esotica e ‘australe’ della figura del vampiro nel film Vita da vampiro – What we do in the Shadows (2014) di Taika Waititi e Jemaine Clement, in cui sono messe in scena le vicende quotidiane di un gruppo di vampiri che vivono a Wellington, in Nuova Zelanda.
Parlando di natura ‘vampiresca’ non è possibile allora non ricordare la spiaggia tropicale dove vengono condotti gli ospiti di un lussuoso resort in Old (2021) di M. Night Shyamalan: in una natura dalle connotazioni esotiche molto simili a quelle che vediamo in Ombre nell’acqua, i personaggi in spiaggia sono sottoposti a un rapidissimo processo di invecchiamento che li conduce inesorabilmente ad ammalarsi.
Dietro la bellezza di una spiaggia esotica si cela l’orrore della società capitalistica: il resort, infatti, altro non è se non un laboratorio che utilizza inconsapevoli turisti come cavie per la sperimentazione di nuovi farmaci attuata da una scienza al servizio del capitale.
Se l’industria del turismo spettacolare che mercifica ogni luogo del mondo, da una parte, blandisce i suoi potenziali clienti, dall’altra li trasforma in vittime sacrificali che devono essere immolate sull’altare del cieco sviluppo e – per dirla con Robert Kurz – di una ragione sempre più “sanguinaria”.