di Luca Cangianti

Louis Adamic, Dynamite! Storie di violenza di classe in America, Alegre, 2023, traduzione e cura di Andrea Olivieri, pp. 576, € 24,00 stampa, 14,99 ebook.

«Ho l’impressione che ci aspettino grandi cambiamenti in questo paese, e quando arriveranno probabilmente ci renderemo conto… che nessun cranio è stato rotto invano dal manganello di un poliziotto durante questa depressione, né una sola goccia di sangue è stata sparsa senza senso.» Così scriveva una conoscente a Louis Adamic, operaio emigrato negli Stati Uniti dalla Slovenia austroungarica, autodidatta e poi scrittore di discreta fama. In effetti il suo libro Dynamite! – uscito per la prima volta nel 1931 – è prevalentemente una sequela di lotte sconfitte, ma, come ci ha insegnato Valerio Evangelisti, non inutili, «perché già la battaglia è liberazione».

Si parte dalla metà dell’ottocento con i Molly Maguires, una società segreta di minatori che non vedeva contraddizione alcuna tra l’assassinio di padroni e crumiri, e l’ossequio più sincero al cattolicesimo irlandese. Si prosegue con le orde anarchiche, radicali e socialiste provenienti dalle rivoluzioni europee represse nel sangue, tra bombe, bandiere rosse e nere, la Marsigliese gridata nelle rivolte di piazza e i primi goffi tentativi di organizzazione sindacale ancora imbevuti di esoterismo e di spirito didattico-moraleggiante. Si pensi ai Knights of Labor che cercavano di rendere gli operai gentiluomini inducendoli a smettere di bere. Nascono le prime agenzie specializzate in spionaggio e attività antisindacali, cui i lavoratori rispondono con la stessa moneta: i cecchini operai puntano le canne dei fucili sui sicari delle aziende, fanno esplodere le loro proprietà e negoziano facendo girare il tamburo delle proprie colt. Nel frattempo i cerimoniali dei Knights of Labor vengono soppiantati dal sindacalismo di mestiere «puro e semplice» dell’American Federation of Labor. «L’attitudine della Afl nei confronti della società», racconta Adamic «era, per molti aspetti, non dissimile da quella dei capitalisti. I dirigenti dei sindacati di categoria erano inclini a conquistare per sé stessi e per i loro membri tutto il possibile date le condizioni, ogni volta fosse possibile, attraverso ogni mezzo – inclusa la dinamite – che non implicasse gravi rischi per sé stessi e per i destini dell’organizzazione.» Un pugno «imbullonato» sulla faccia di un crumiro da parte di un «gorilla» costa cinquanta dollari, a New York e a Chicago dilaga la moda degli abiti concepiti per nascondere pistole e fucili, la criminalità organizzata viene ingaggiata per far avanzare le «negoziazioni». D’altra parte l’Afl non si fa scrupolo di aggredire sindacati concorrenti come gli Industrial Workers of the World – un’organizzazione operaia rivoluzionaria, strutturata lungo linee industriali, anziché di mestiere, che pratica l’azione diretta. «Nell’autunno del 1909 le autorità a Spokane incarcerarono tutti i relatori wobbly che tentarono di tenere comizi nelle strade. I sindacati degli Iww fecero resistenza e inviarono uomini e donne per tenere altri comizi, finchè più di cinquecento wobbly intasarono la prigione cittadina.» Un’altra volta, per fare approvare un provvedimento di emergenza che predisponesse alloggi e pasti gratuiti per gli indigenti, centinaia di wobblies (così venivano chiamati gli appartenenti a questo strano sindacato) si riversano su St. Louis mangiano e bevono a crepapelle nei vari ristoranti locali sostenendo che il conto vada spedito al sindaco. Nel frattempo passano gli anni, scoppia la rivoluzione in Russia, e i comunisti compaiono perfino negli Stati Uniti, ma quelli descritti da Adamic assomigliano poco allo stereotipo leninista e molto di più a un lavapiatti di sua conoscenza che per affermare i propri diritti versa taniche di kerosene nei barili di zucchero e piscia nei contenitori del caffè e del tè.

Nella nuova edizione critica di Andrea Olivieri – di cui si segnala anche Una cosa oscura, senza pregioDynamite! si è guadagnato due copertine e l’appartenenza incrociata sia alla collana Quinto tipo diretta da Wu Ming 1 che a quella Working Class diretta da Alberto Prunetti. Il motivo di questa scelta sta probabilmente nella pluralità dei volti esibiti dall’opera: reportage, inchiesta sociologica, ricostruzione storica, new journalism, pamphlet di denuncia, ma anche letteratura working class, hard boiled, memoir travisato in cui si mischiano fiction e non fiction. Adamic, senza dichiaralo, racconta in presa diretta eventi in cui non era presente; rompe il patto di fiducia con il lettore, ma il risultato non è un falso, ancorché il prodotto sia inaccurato. La narrazione, infatti, proprio grazie al suo carattere ibrido (o «colorito» come definì Evangelisti1) ne beneficia in profondità. Si prendano ad esempio alcune suggestive descrizioni di personaggi. Iniziamo con Eugene V. Debs, candidato socialista alle elezioni presidenziali nel 1900 e nel 1904: «alto, magro, un fanatico dalla voce gentile, di grande potere persuasivo, un messia infiammato da sentimenti per gli umili e gli oppressi». E ancora Big Bill Haywood, leader degli Iww: «una forza della natura, con la prestanza fisica di un bue, una testa enorme e una mascella tremenda. Duro, diretto, di resistenza immensa, insofferente davanti agli ostacoli, privo di prudenza, violento, pronto a battersi colpo su colpo, gran bevitore». E infine i sindacalisti dell’Afl: «Per lo più sono uomini di mezza età o anziani benestanti, conformisti, ben vestiti, ben rasati, dalle guance floride, dal doppio o triplo mento, con pance ampie solcate da catenelle d’orologio in oro e spillette sulla cravatta. Guidano belle macchine o viaggiano in taxi tra gli hotel, i migliori della città, e le sale dei congressi. Hanno mani soffici e grassocce, desiderose di stringere altre mani. Sono tipi spigliati, dai modi amichevoli e professionali.»

Quella che emerge da Dynamite! è una storia di conflitti di classe così violenti da non permettere più la partizione semplicistica tra buoni e cattivi. Se una differenza ancora c’è – e questo emerge chiaramente nel racconto di Adamic – è che la violenza dei proletari (piaccia o meno) è solo legittima, disperata ed estrema, difesa.


  1. Lo scrittore bolognese ha dedicato alla lotta di classe negli Stati Uniti i tre romanzi del Ciclo americano: Antracite, Mondadori, 2003; Noi saremo tutto, Mondadori, 2004, One big union, Mondadori, 2011.