di Michele Colucci

[Pubblichiamo di seguito un saggio contenuto nel libro curato dal Centro di documentazione «Maria Baccante» – Archivio storico Viscosa: La storia nelle strade, Redstarpress, 2021, pp. 144, € 12. Il volume raccoglie i profili biografici di tredici partigiane e partigiani attivi nel quartiere popolare romano del Pigneto: Antonio Atzori, Assunto Orienti, Angelo Galafati, Maria Baccante, Antonio Durante, Ferdinando Persiani, Modesto Di Veglia, Fernando Nuccitelli, Alba Serafini, Don Pietro Pappagallo, Tigrino Sabatini, Carlo Luchetti e Augusto Renzini. La pubblicazione è inoltre illustrata da Alessio Spataro e include alcuni interventi di Antonio Parisella, Michele Colucci, Csoa Ex Snia e Centro di documentazione «Maria Baccante» – Archivio storico Viscosa, Francesco Sirleto, Ilenia Rossini, Luca Cangianti, Giuseppe Mogavero, Norma Coccia ed Eugenio Iafrate. L’immagine della Resistenza che ne emerge è molto diversa rispetto a quella celebrata enfaticamente negli appuntamenti istituzionali, con tanto di fanfare e gonfaloni. Il progetto nasce, non a caso, da un vasto lavoro di base costruito negli anni da attivisti e storici per valorizzare le voci di chi si ribellò eroicamente alla guerra e alla miseria pur pensando di “non aver fatto niente di particolare”. Si tratta di una ricerca di storia sociale con implicazioni politiche profonde: grazie a questo libro oggi possiamo camminare per le vie del Pigneto, vedere in trasparenza i luoghi degli eventi e i volti di quei giovani proletari che imbracciarono le armi contro il mostro fascista. Quei combattenti, quelle sovversive, quella gente comune, che per tanti anni è stata nostra vicina di casa, sognava un mondo migliore. Per prepararci alle imprese che verranno abbiamo bisogno di far vivere quelle partigiane e quei partigiani di periferia nei nostri racconti, nelle nostre canzoni e nei nostri sogni.]

Racconta Marc Bloch nell’indimenticabile Apologia della storia o Mestiere di storico che un giorno si recò a Stoccolma insieme ad Henri Pirenne per partecipare a un convegno. Appena arrivati, Pirenne confessò a Bloch che voleva andare a vedere il municipio da poco inaugurato, specificando che “Se fossi un antiquario, non avrei occhi che per le cose vecchie. Ma io sono uno storico”. Bloch utilizza questo aneddoto per rafforzare quella che a suo avviso è la missione più importante per chi vuole interessarsi agli studi storici: “afferrare il vivente, ecco davvero in effetti la qualità sovrana dello storico”.
I testi elaborati dal Centro di documentazione territoriale Maria Baccante in questo libro testimoniano in maniera semplice e immediata quanto ancora oggi può essere centrale questa affermazione di Bloch.
Il lavoro sociale e di ricerca che ha permesso al Centro di documentazione di raccogliere e valorizzare le storie partigiane raccolte nel libro è iniziato nella seconda metà degli anni novanta. Era una stagione durante la quale il tema della storia e della memoria della Resistenza era ancora, soprattutto nella città di Roma, oggetto prevalentemente di un approccio antiquario, per usare l’espressione di Pirenne. A Roma vivevano ancora molti dei partigiani che avevano combattuto per la liberazione della città. Erano presenti quasi in ogni quartiere tantissime tracce che ricordavano nei modi più diversi il passaggio della guerra e della Resistenza. Forse anche proprio per questa presenza “normale” nel tessuto urbano e per la sobrietà di molti dei militanti partigiani questa memoria in larga parte ancora non era diventata patrimonio storico, soprattutto nei quartieri di periferia: “io non ho fatto niente di speciale” ripetevano tanti testimoni che magari avevano combattuto strada per strada, avevano partecipato agli espropri, avevano nascosto i disertori, avevano collaborato ai sabotaggi.

D’altra parte la memorialistica ufficiale e la storia pubblica veicolata dalle celebrazioni istituzionali avevano sistematicamente dimenticato questo eccezionale patrimonio umano di vissuti e di percorsi, per continuare a veicolare una immagine della lotta partigiana funzionale alle diverse forme di legittimazione della classe dirigente. Il percorso avviato in quella stagione ha rovesciato il paradigma fino ad allora prevalente: andare nelle strade a ricordare la Resistenza presentandosi una volta all’anno in pompa magna con assessori e gonfaloni, usando le strade come palcoscenico per le solite ritualità istituzionali. La proposta invece è stata diametralmente opposta: partire dalle strade, frequentarle giorno per giorno, cercare e valorizzare le storie partigiane sia ascoltando i racconti sia materialmente scovando le macerie ancora visibili, le epigrafi, e tutti i segni della battaglia per poi portare tutto ciò nelle scuole, nelle iniziative culturali, nelle numerose scadenze che per fortuna piano piano hanno iniziato a ripopolare anche i quartieri in nome della storia e della memoria dell’antifascismo.
Il lavoro iniziato prima dal centro sociale ex Snia Viscosa e dal Comitato di quartiere Pigneto Prenestino, poi allargato a una rete cittadina chiamata Rete urbana per il territorio e la sua storia (Ruts) e infine convogliato nella nascita del Centro di documentazione territoriale Maria Baccante ha avuto come obiettivo proprio la consapevolezza del valore sociale della memoria e della storia, considerate non come appendici alla lotta politica, come spesso è avvenuto anche nel percorso dei movimenti, ma come strumento di riappropriazione, esattamente allo stesso modo con cui negli stessi anni sul territorio venivano portate avanti le battaglie per la riappropriazione dei servizi, del verde pubblico, contro la speculazione, per la solidarietà. Si è trattato di un lungo viaggio, passato per le scuole grazie ad anni e anni di laboratori condivisi con diverse generazioni di studenti e di insegnanti, per le strade grazie alla valorizzazione e alla rigenerazione collettiva delle epigrafi e delle tracce della Resistenza, per le piazze grazie alla grandissima partecipazione di migliaia di persone in occasione delle feste popolari per il 25 aprile, per gli archivi e le biblioteche grazie alla meticolosa ricostruzione degli eventi riguardanti non solo la lotta partigiana ma i conflitti durante e dopo il fascismo, a partire proprio da ciò che avvenne dentro e fuori la fabbrica di Largo Preneste.

Pubblicate inizialmente nel 2008 in occasione dell’inaugurazione della ristrutturazione delle epigrafi nella zona del Pigneto-Prenestino, le biografie raccolte vengono riproposte oggi con nuove storie e nuove fonti, a testimonianza del processo ancora pienamente in corso di riscoperta e di riappropriazione.
Il progetto da cui nasce questa ricerca rappresenta un esempio estremamente originale a livello di metodo e a livello di prospettiva. Il metodo è quello di un collettivo che si mette per molti anni sulle tracce di alcune figure e inizia ad ascoltare le voci di chi che le ha conosciute, inizia a mettere in relazione quelle voci con persone che ne ignoravano totalmente la storia ma magari le avevano incontrate mille volte al bar o in piazza, avviando allo stesso tempo una mappatura diffusa e trasversale sulle fonti, dagli archivi istituzionali ai paesi di origine passando per la stampa e la memorialistica.
Allo stesso tempo questo gruppo di attiviste e attivisti indica una prospettiva, che permette di attribuire alla ricerca storica una dimensione sociale e allo stesso tempo una tendenza a prolungare le proprie sensibilità in maniera ampia e duratura, mettendo radici nel territorio che oggi sono ancora più forti grazie alla presenza del Centro di documentazione, che ha sede nel Parco delle Energie e che raccoglie tante e tante altre storie di partecipazione, di conflitto e di resistenza.
Di fronte alle ricorrenti “crisi” che ogni giorno vengono evocate nella nostra società (crisi della storia, crisi della partecipazione, crisi della politica solo per dirne alcune) questo percorso semplice, lungo e lineare rappresenta una risposta concreta e una forma di azione collettiva che diventano ogni giorno più preziose.