di Luca Cangianti

Francesco Schettino, Fabio Clementi, Crisi, disuguaglianze e povertà. Le iniquità del capitalismo, da Lehman Brothers alla Covid-19, La Città del Sole, 2020, pp. 244, € 22,00.

Non è affatto strano che l’opera marxiana sia appestata da fenomeni paranormali e da una vasta gamma di creature fantastiche. Non si tratta nemmeno di un vezzo retorico del filosofo tedesco, comunque appassionato di letteratura soprannaturale. La ragione del proliferare di fantasmi, vampiri e lupi mannari è dovuta all’intrinseco oggetto analizzato, il capitale, e al suo metabolismo paradossale, sganciato dal valore d’uso della ricchezza prodotta. Il nuovo libro di Francesco Schettino e Fabio Clementi, Crisi, disuguaglianze e povertà, esemplifica utilmente questa circostanza analizzando la cronaca economica degli ultimi anni.

Il volume decostruisce la vulgata del capitalismo finanziario nemico parassitario dell’altrimenti virtuoso capitalismo produttivo. Secondo i due economisti l’irrisolta crisi di sovrapproduzione, manifestatasi all’inizio degli anni settanta con la fine della convertibilità del dollaro in oro, ha dato vita a una forma di accumulazione stagnante che arranca al passo di uno o due punti percentuali annui, quando va bene. In questo contesto il capitale non ha più interesse a produrre merci, poiché il mercato non è in grado di assorbirle. La sovrapproduzione si trasforma in sottoconsumo e i profitti riescono a rimaner positivi al prezzo di una crescita abnorme del debito e del capitale monetario da investire nel gioco di borsa. Esplodono così guerre valutarie tra capitali senza corpo, ectoplasmatici, che scommettono su diverse aree monetarie: “l’attacco al debito pubblico greco di inizio 2010”, sostengono ad esempio Schettino e Clementi, “fu predisposto dal grande capitale fittizio statunitense… che individuò in esso un vulnus attraverso cui colpire il vero obiettivo, ossia l’antagonista del dollaro: l’euro.”

Dal punto di vista della creazione di valore, si tratta di un gioco a somma zero che continua solo grazie all’immissione progressiva di liquidità sparata con le politiche di quantitative easing delle banche centrali. Tali manovre tuttavia contribuiscono ad alimentare bolle speculative che concentrano ulteriormente il capitale e gonfiano gli stati di debito aggiuntivo. Le guerre dei capitali fantasma, che agitano le borse mondiali e generano catastrofi nell’economia reale, sono insomma una conseguenza necessaria della sovrapproduzione nella sfera materiale e non la causa della crisi. Da qui si passa al secondo focus del libro, quello sulle disuguaglianze e la povertà, perché in mancanza di una reale crescita economica gli stati non ricorrono più a politiche di compromesso socialdemocratico e finiscono senza eccezioni per aggredire condizioni di vita consolidate di milioni di persone al fine di arginare il tendenziale declino dell’accumulazione capitalistica. Questa catastrofe umana è spesso formalizzata con indici e parametri che ne oscurano i tratti più salienti, dimostrando ancora una volta la necessità di una decostruzione anche tecnica della scienza economica mainstream: “l’osservazione esclusiva di variabili monetarie (reddito o consumo) ci restituisce solo una parte del problema, probabilmente non quella sostanziale. Quando si parla di distribuzione, lo si fa facendo riferimento (quasi) unico a mezzi di consumo (monetari e/o materiali).”

Il panorama che disegnano Schettino e Clementi è quello dell’impoverimento progressivo di fasce di popolazione e di una costante polarizzazione sociale. Che ciò si riveli insostenibile per il sistema o che invece consenta un ulteriore giro di valzer di cadaveri cadenti e affamati, non attiene tuttavia solo alle dinamiche economiche, ma anche ai processi di soggettivizzazione, alla composizione sociale, e persino immaginaria, che investirà l’immenso popolo degli oppressi.