di Rocco Mastrobuono

Oggi festeggiamo i nostri cinquant’anni di matrimonio. Staremo tra noi, io e mia moglie, senza invitati o cose speciali. Andremo a mangiare in collina. Cinquant’anni insieme. Una vita, praticamente. Ci siamo sposati il 24 agosto del 1970, in una giornata torrida che ricordo bene. Mia moglie è un vampiro. Sono molti anni che lo so, praticamente dall’inizio del nostro matrimonio. Appartiene a una stirpe storica di vampiri (così mi ha spiegato), i Biersa di Praga. Suo nonno si trasferì a Torino a inizio del secolo e il suo ramo familiare si è del tutto italianizzato – il cognome perse una “J” o una “H”, non mi ricordo. Biersa Annarita. Una bella donna alta, dall’aria nobile, austera.

Se dico “vampiro” posso suscitare fatalmente equivoci e incomprensioni. Bisogna sgomberare il campo da tutti gli stereotipi, le immagini cinematografiche, la pseudo letteratura. Mia moglie non è un personaggio letterario, non ha nulla di gotico, di appariscente o di terrificante. Non ha i dentoni, per capirci. E mangia e dorme esattamente come tutti gli altri cristiani. Sarebbe indistinguibile da una qualsiasi signora torinese di una certa età, borghese, curata e di buone maniere. Se non per una qualche distanza che ha sempre posto tra sé e le altre persone – non so come dire, una distanza tra lei e le esperienze, tra lei e le cose della vita. Una distanza siderale. Come un non coinvolgimento. Un’attitudine gelida ma molto naturale, come se fosse contemporaneamente sempre in un altro posto. Qualcosa che comunque può percepire solo un marito dopo lunghi anni di frequentazione. Per gli altri è normale sobrietà sabauda. E poi, di anomalo, ci sarebbe il suo piccolo sfogo, che non si può far finta che non ci sia, c’è, c’è. Anche quello. Ma diventa sempre più raro, occasionale, forse nella vecchiaia sparirà del tutto.

Quando ho saputo della vera natura di mia moglie? Praticamente subito, come ho detto, poco dopo esserci sposati. Qualche stranezza, qualche evento occasionale, qualche mia domanda perplessa. Lei fu sincera. Mi spiegò ogni cosa con grande scrupolo – parlando piano, come si spiega una verità difficile ad un bimbo. Ricordo ancora la scena: eravamo seduti sul letto, uno accanto all’altra, io la guardavo a bocca aperta. Mi disse che lei custodiva questo piccolo segreto, che io non avevo nulla da temere; ma che dovevo stare attento a non rivelarlo mai a nessuno, il segreto, perchè sarebbe stato un tradimento e mi spiegò, scandendo solennemente le parole, che era estremamente pericoloso tradire un vampiro (e lo disse come parlando di un pericolo oggettivo, naturale, impersonale, come giocare con l’alta tensione o con le armi). Io non volli approfondire. Mi bastavano quelle sue prime spiegazioni. Per quanto scioccato – non lo nego – non avrei mai tradito i segreti di mia moglie.

Ho accennato ad uno sfogo, forse l’unico difetto che occasionalmente incrina la superficie liscia e uniforme della vita di mia moglie. Qual è il difetto? L’omicidio. Si, lo so. E’ terribile, non è una cosa da niente e non voglio minimizzarla. Ma che io sappia, in cinquant’anni di matrimonio, solo 7 o 8 volte ho avuto il sentore di questi eventi. Non chiedetemi dettagli macabri che io stesso ignoro e non ho mai voluto approfondire. Un marito queste cose le capisce, le mette nel conto, come i tradimenti. Se poi i due eventi coincidono – il tradimento e l’omicidio, contestualmente – per un marito è ancora più essenziale imparare a rimuovere e superare le cose. La prima volta che mi ricordo (ma forse non era la prima) accadde nel ’75. Ricostruì i fatti molto tempo dopo. Quella volta là, mia moglie aveva portato un uomo nella nostra casetta di montagna, a Moncalieri. Lì lo aveva ucciso, non si sa se dentro o fuori casa. Non ho mai capito se si trattasse di un accompagnatore occasionale o di una relazione più stabile. Non ho mai indagato. Non siamo abituati a farci troppe domande a casa mia. Puoi convivere con i segreti solo grazie alla discrezione, al rispetto. Altrimenti i segreti ti esplodono in mano. Così si tengono in piedi i matrimoni, mica indagando su questo e su quello. Il tipo fu trovato morto poco lontano da casa nostra in mezzo ai boschi, il cadavere era in brutte condizioni. Si diede la colpa come al solito agli animali selvatici.

Un altro soggetto, circa dieci anni dopo, si era messo insistentemente a girare intorno a mia moglie. Mi pare fosse un amico di una collega di mia moglie. Questo era uno perseverante. Un giorno lo beccai nel bar davanti casa, che osservava il portone. Forse studiava i miei orari. Forse si era appostato lì per dichiararsi ad Annarita. Tremavo per lui, ma cosa avrei dovuto fare? Mettermi a fare scenate davanti casa mia, davanti ai vicini, ai negozianti? Cacciarlo? Se era innamorato, se si era messo in testa chissà cosa, avrebbe potuto legittimamente insistere, nel 1980 c’era già il divorzio. Forse avrei dovuto avvisarlo che la situazione era strana, magari anche pericolosa? Non lo feci. Non me la sentii. E poi c’era l’esplicito avvertimento che mia moglie, anni prima, mi aveva così coscienziosamente esposto. Non tradire mai la fiducia di un vampiro.

Quelli che leggono, staranno pensando tutti la stessa cosa: che nervi d’acciaio ha quest’uomo, cosa ha dovuto sopportare; quali minacce incombono sulla sua vita da cinque decenni? Non credo che la questione sia ben posta, in questi termini. Io in realtà non ho quasi mai avuto paura di mia moglie e del suo segreto. Forse un po’ i primi tempi. Ogni tanto andavo a dormire nella stanza degli ospiti, accampando magari la scusa del raffreddore che non volevo attaccarle. Poi quel nervosismo è passato. Nessuno, neanche un vampiro, sposerebbe un’altra persona, affrontando tutte le complicazioni burocratiche e i fastidi della convivenza, solo per ucciderla. Sentivo che per me provava simpatia, forse anche amore (anche se non ho mai capito se quelle creature vivono i sentimenti come noi, o piuttosto imparano a imitarli come fanno i sociopatici, per vivere in società). Perché avrebbe dovuto farmi del male? Ero un bravo marito. E anche lei è stata una brava moglie, a parte quelle parentesi disgraziate che interrompevano la nostra normalità. Tra l’altro, io non ho mai capito se mia moglie uccideva per tradire, o piuttosto tradiva per uccidere, in una specie di rituale di adescamento. Forse la seconda ipotesi per un marito sarebbe più accettabile. Ripeto: io ai dettagli morbosi – come, dove, quando accadevano le cose – non ho mai voluto pensare. So cacciare i pensieri inopportuni.

E poi le anomalie di mia moglie erano bilanciate da un aspetto fisico decisamente attraente. In gioventù ha fatto atletica leggera. E’ un po’ più alta di me, i capelli ondulati, la mascella forte ma totalmente in armonia con l’ovale perfetto, sempre curatissima. Quando ci fidanzammo pensai di essere stato decisamente fortunato; io non sono mai stato bello, neanche da giovane, e trovarmi a fianco un pezzo di ragazza così, mi lusingava parecchio. Ha sempre adempiuto con scrupolo ai suoi doveri coniugali, senza slanci ma anche senza troppe reticenze. Forse per loro fare l’amore è come bere un bicchiere d’acqua (fu lei, una volta a citarmi la frase della Kollontaj).

Adesso siamo praticamente due vecchi. Abbiamo avuto una bella vita, serena e con qualche soddisfazione. Le nostre carriere, i viaggi insieme, l’assistenza solerte quando mi ammalai. Adesso che racconto del suo segreto, mi sembra un sogno lontano, sepolto da strati di quotidiana normalità. Non abbiamo avuto figli; anche lì non ho fatto troppe domande, se arrivavano arrivavano e amen. Lei dovrebbe avere l’apparato riproduttivo normale, è sempre andata dal ginecologo, lui si sarebbe accorto di qualche anomalia, credo. Del resto è figlia di una madre anche lei (non l’ho mai conosciuta ma ho visto una sua antica foto). Quindi si riproducono normalmente. Forse per generare ci vogliono due vampiri, questione di DNA (questo renderebbe ancora più esemplare la sua devozione verso un matrimonio che sapeva sarebbe stato sterile; o forse ha sposato uno come me proprio perchè non voleva figli).

Il sabato mattina andiamo a far colazione al bar. Le parlo molto. Cerco di catturare il suo sguardo, la sua attenzione. Ma lei anche oggi è irraggiungibile. Non riesco a guardare il fondo dei suoi occhi grigi. Lei non me li mostra mai. Annuisce e resta in un altrove remotissimo; sorride alle mie facezie, adempie ai suoi piccoli doveri, ma entrambi sappiamo che il suo mondo segreto è inaccessibile. Forse custodisce delle memorie antichissime e terribili. Magari ogni donna è così; non ho mai vissuto con altre, non lo so. Forse tutte le donne sono custodi di qualcosa di arcaico e pericoloso. Ci siamo sposati in chiesa nel 1965. In Chiesa. Questo per togliere di mezzo tutte le fesserie sui crocifissi: non le fanno alcuna paura e ama visitare cattedrali e abbazie. Anche l’aglio, lo usa in cucina; con sobrietà ma lo usa; da più fastidio a me che a lei. Ho settantacinque anni e voglio ancora bene a mia moglie. Una volta mi ha detto che sopravviverà per molti lunghi anni alla mia morte perchè sono più longevi; sembrava sinceramente dispiaciuta; alla fine invecchiano e muoiono pure loro, con qualche fastidio in più, e il solito carico di rimpianti che ci trasciniamo tutti dietro. Per l’anniversario la porto a mangiare in collina.

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