di Maurone Baldrati

Michela Murgia, Istruzioni per diventare fascisti, Einaudi, Torino, 2018, pp. 93, € 12,00

Non sappiamo se l’autrice abbia letto certi scritti e corrispondenze di Adolf Hitler. Questa citazione per esempio, tratta da una conversazione col gerarca di Danzica Rauschning, riportata da György Lukács ne La distruzione della ragione: “Altrimenti li dovremmo di nuovo inventare (gli ebrei ndr). L’essenziale è avere sempre un avversario visibile e non semplicemente astratto”. Quasi un secolo dopo il narratore (o meglio la narratrice) fascista di Michela Murgia afferma: “Non si diventa fascista senza un nemico, perché il fascismo per porsi deve opporsi”. Oppure, sempre da Hitler: “Il popolo è nella sua grande maggioranza di una natura così femminile che il suo pensiero e il suo modo di operare sono determinati non tanto dalla fredda riflessione quanto dalla sensibilità affettiva”. E la narratrice della Murgia: “Il cittadino medio è come un bambino di 12 anni non troppo intelligente”. Entrambi esprimono lo stesso sovrano disprezzo per il popolo, quell’entità composta da esseri inferiori – la natura femminile, un bambino stupido – da plasmare, spaventare, suggestionare. C’è quindi una continuità tra il progetto nazista di presa del potere e la modalità della fascista moderna che parla nel libro. E’ lo stesso cinismo, lo stesso calcolo criminale che prevede qualunque mezzo, qualunque menzogna per arrivare all’obiettivo.

E’ un personaggio inquietante questa macchina umana autocosciente del male creata da un’autrice che ha fatto dell’analisi della comunicazione autoritaria una delle proprie “cifre”. La fa viaggiare attraverso i vari “step” della distruzione del vivere civile: prima fase, la delegittimazione della democrazia, il peggior metodo di governo del pianeta. La si infanga con ogni mezzo, insultandola, calunniandola, ogni giorno, con metodo: smidollata, ricettacolo solo di confusione e debolezze, sistema bloccato dalle cosiddette “libertà”, per cui ognuno può sentirsi in diritto di manifestare il proprio dissenso bloccandone di continuo l’operatività. Lo scopo è portarla al disfacimento, insinuandosi nelle sue contraddizioni.

La democrazia è un sistema complicato, perché “si fonda sul dissenso, anziché sul consenso”. Complicato. Però il fascista non deve agire per semplificare, ma per banalizzare. Produrre una marea di messaggi banali, che distruggano l’essenziale, lasciando al popolo il superfluo, perché l’essenziale compete al “capo”. Il quale si distingue dal democratico “leader” in quanto non dirige un sistema sprecone e perditempo, ma comanda, agisce, protegge. L’alluvione di messaggi banali, di pillole di odio e di paura, minano l’esigenza, faticosa, di dover scegliere: il popolo può affidarsi al capo, che decide per lui.

A quel punto di procederà alla creazione del nemico, ben diverso dal democratico avversario, “una figura inutile e fastidiosa che per quanto possa avere delle idee diverse resta comunque dentro alla dialettica del riconoscimento”. E a differenza dell’avversario, che ha un’identità riconoscibile, il nemico “può essere incarnato da categorie generiche e nebulose, gli immigrati, gli islamici, il gender, gli anarcoinsurrezionalisti, gli ambientalisti, le femministe”.

Essendo una personalità indistinta il nemico può assorbire la colpa, qualsiasi colpa, anche se non l’ha commessa in prima persona, perché la responsabilità del singolo si fonde con la sua categoria di appartenenza. Così se un negro stupra una ragazza tutti i negri diventano stupratori e così via.

La nostra docente di fascismo militante procede lancia in resta affrontando con puntiglio tutti gli altri passaggi: la comunicazione, o meglio, la tecnica della disinformazione e della menzogna; la violenza, necessaria e naturale per il fascista; il ruolo della donna, custode del focolare e generatrice di bambini; e il populismo, altra arma fondamentale nel percorso di conquista del fascista. I democratici li accusano? Ben venga il populismo perché avvicina il capo al popolo, si comporta come lui, parla come lui, si fa vedere in bicicletta mentre i vip democratici vanno in giro con l’auto blu; mangia hamburger e il dado Star, alla faccia dei radical chic buonisti che passano da un aperitivo a una cena vegana.

Avanza pimpante, quasi strafottente, la fascista narrante. Disegna con capacità dialettica la creatura maligna che, temiamo, si appresta a possedere questa parte di mondo: una gigantesca piovra mutante con tentacoli sensibilissimi che sentono ogni segnale, ogni vibrazione che si sprigiona dall’organismo vivente del quale facciamo parte. Se ne impossessa, li sintetizza, li trasforma in messaggi subliminali, in paura e promesse. E’ sicura di sé, perché sa di essere stata sdoganata, lei i suoi camerati, da decenni di distrazione e di viltà dei democratici, o addirittura da oscene fornicazioni che hanno fatto assieme, come partecipare a dibattiti o feste più o meno palesemente fasciste, ridendo e cantando coi camerati nella più scandalosa irresponsabilità o malafede.

Istruzioni per diventare fascisti è un’opera raffinata, coraggiosa, anche se non esente da rischi: l’autrice stessa sembra rendersene conto quando scrive, nel primo capitolo: “A forza di sentirselo dire sarà naturale per chiunque arrivare alla conclusione che la concentrazione di potere nelle mani di un uomo forte che sa quel serve sarebbe molto più efficace che far esprimere continuamente sul niente un paese debole”. Appunto. A forza di sentirsi ripetere quanto è smidollata, corrotta e sbagliata la democrazia uno può arrivare a dichiararsi d’accordo. E quindi entrare in empatia con la fascista, nonostante tutto.

Oppure la vera natura del fascista: la docente non ne fa cenno. E come potrebbe? Dovrebbe entrare in una fase di autoanalisi politica. E mentirebbe, come sempre. Eppure il fascismo non è un’entita astratta, non vuole conquistare il potere per un’ideale o per il “suo” popolo. I fascisti sono, fin dalla nascita, dei mercenari creati dalle classi dominanti per i lavori sporchi. Da noi sono nati come sicari al servizio dei latifondisti per picchiare e uccidere i braccianti in sciopero. In Germania sono stati il braccio armato dei grandi capitalisti (gli Junkers), desiderosi di uscire dalla depressione delle guerre perdute e di riprendere il dominio del mondo.

La Murgia è riuscita a dribblare questi rischi scrivendo un dettagliato manuale tecnico. Infatti un titolo alternativo potrebbe essere Il manuale del fascista professionista. Ricorda Il manuale del killer professionista uscito nel 1982 con la rivista Frigidaire. Il killer era tra noi, non si impelagava in spiegazioni sul perché era tale.

Così la fascista, i fascisti, sono tra noi, modernizzati, mimetizzati, riorganizzati, e spetta proprio a noi smascherare la vera natura del loro operato e della loro malvagità.

Spetta proprio a noi impedire che il “tra noi” si trasformi, sotto il nostro naso, in “su di noi”.

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