di Simone Scaffidi

cosmo-copertinaM. Neri, Cosmo, Coconino, 2015, pp. 182 , € 19.00.

«Mare: vasta distesa d’acqua salata». Arriverà il giorno in cui le stelle saranno talmente lontane l’una dall’altra che gli esseri umani non riusciranno più a distinguersi tra loro. «La gente sottovaluta il problema dell’espansione dell’universo, ma prima del riscaldamento terrestre e dello scioglimento dei ghiacciai viene la questione della fuga delle stelle. Non rimane molto tempo: le stelle più si allontanano più aumentano la loro velocità». Cosmo, un ragazzino di poche parole, lo sa, sembra intuire le solitudini dell’essere umano di fronte all’immensità dell’universo e ai misteri della natura. Così, insieme al ragazzo ombra, decide di scappare dal Centro Socio Riabilitativo in cui vive, per raggiungere il deserto di Atacama, «il più arido di tutti i deserti, ma il suo cielo è così limpido che si può osservare l’intera via lattea». Durante il suo viaggio Cosmo avrà la conferma che gli esseri umani non hanno bisogno delle stelle per allontanarsi e non riuscire più a distinguersi l’uno dall’altro. Sono briciole, infinitesima parte di un granello di materia persa nello spazio, ma fingono di conoscere la direzione, di sapere dove andare. «Alcune persone la definiscono come la miglior condizione che si può vivere. Io però penso solo che gli uomini siano animali con molti problemi». Poi appare Ofelia, Cosmo si nasconde nella sua stanza, lei lo scopre, lo costringe in un armadio. Poche battute, un disegno potente e ritmato, e l’umanità riacquista significato nell’incertezza, nel riconoscere il dubbio nella fragilità dei corpi, nella profondità di uno sguardo. All’improvviso le stelle sembrano non voler scappare più via e come nei romanzi dell’islandese Jón Kalman Stefánsson la distanza tra la terra e la luna diminuisce. Ottocentomila chilometri. Gli stessi che suppergiù percorrono le balene in una vita. Sceneggiatura e regia riuscite. Nitidezza del tratto. Testi che colgono l’essenza delle immagini. Colori che assorbono le parole. E la poesia emerge dal nero diffuso. «Ciò che mi affascina di più del fumetto è dire di più con meno» ha raccontato l’autore intervistato da Valerio Stivé per Fumettologica. Marino Neri c’è riuscito, in quel “meno” c’è un universo sommerso che conserva tutto il movimento poetico di Cosmo.

una-stella-tranquilla-coverwebP. Scarnera, Una stella tranquilla. Ritratto sentimentale di Primo Levi, Comma 22, 2013, pp. 236, € 14.00.

«C’è un altro Levi che non conosciamo.. e che probabilmente non conosceremo mai». Pietro Scarnera riesce in una doppia impresa: raccontare la vita di uno scrittore attraverso le sue opere e mappare un’eccelsa produzione letteraria attraverso la vita di uno scrittore. E se quello scrittore si chiama Primo Levi, be’, capite bene che l’operazione è parecchio ambiziosa. Grazie a una sensibilità e un rispetto profondo nei confronti delle vite private dei protagonisti dei suoi lavori, già dimostrata ampiamente nel suo fumetto d’esordio Diario di un addio (in cui racconta l’esperienza accanto al padre in stato vegetativo), Scarnera ribalta la retorica dominante della narrazione biografica fondata sul più subdolo dei vouyerismi e sulla tendenza a calcare i giudizi e sputare sentenze manichee. Sebbene graficamente la narrazione non esca mai dalle guide – eccezion fatta per l’originale irruzione delle tavole ispirate all’opera del pittore sloveno Zoran Music – e sia caratterizzata da un tratto composto e da colori pacati, clinici nel loro bicromismo verdechiaro, l’autore riesce comunque, grazie a un’ottima sceneggiatura dai riusciti rimandi poetici, a restituire la potenza delle opere di Levi. Raccontando il chimico risolutorio, il testimone ai campi di sterminio e lo scrittore quasi esclusivamente attraverso la sua voce: tratte dai suoi libri e dalle sue interviste. L’apparato di note – non un freddo elenco bibliografico ma un compendio ricco di spunti – dimostra quanto Scarnera abbia lavorato con cognizione di causa e conosca a fondo la materia che disegna e rielabora. Anche questo libro, come Levi, è una stella tranquilla con una maschera di fil di ferro poggiata sul volto e un universo che lo circonda, gli entra dentro, fino all’attimo prima che un lampo disegni l’esplosione. Noi lettori e lettrici, di Scarnera e di Levi, non siamo altro che il pianetino accanto a quella stella, lo stesso che l’astronomo peruviano Ramon Escojido – nel racconto omonimo di Levi Una stella tranquilla – osserva impaziente. Scarnera da astronauta-giornalista, ha osservato da vicino quella stella, l’ha esplorata, e ci ha restituito un resoconto importante per comprendere in parte (anche questo è rispetto: fermarsi) le profondità della sua calma apparente.

Cosmo

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Una stella tranquilla