di Alessandra Daniele

Isola.jpgLa contessa Belinda Von Blurg aveva appena perso al televoto contro l’altro nominato, il tronista Teodosio. Secondo il regolamento del reality dell’anno, L’Isola dei Famelici, sarebbe perciò dovuta servire come pasto agli altri tre sopravvissuti.
– Scendi da quella fottuta mangrovia, vecchia stronza! — Urlò Bignol, la pornostar, agitando la picca che s’era fabbricata col femore del precedente eliminato — tu sei la nostra razione di cibo per questa settimana, e abbiamo fame!
– Quel cazzaro della settimana scorsa, l’opinionista Gelsometti, era così pelle e ossa che l’abbiamo finito giovedì — si lamentò Teodosio.
– Io sono ancora più secca — piagnucolò Belinda, aggrappata ai rami — la mia ottava di reggiseno è fasulla, lo sanno tutti, e il silicone non è commestibile — si sfilò la dentiera — e pfoi ho offanffanni!
– Cosa?
– Ottant’anni — ripeté la contessa, rimessa la protesi — ne dimostro cinquanta, ma in realtà ne ho ottanta.
– Gallina vecchia fa buon brodo — sentenziò Gippo, pranoterapeuta, arrotino, barzellettiere, e riconosciuto leader del gruppo.
Un fitto sciame di nano-telecamere svolazzanti seguiva ogni movimento degli pseudo-naufraghi per trasmetterlo via satellite.
– Scendi o ti veniamo a prendere! — Strillò Bignol.
– Hai firmato un contratto! — Disse Teodosio.
Gippo lanciò la sua rudimentale accetta d’osso mascellare, ricavata dalla scucchia di Gelsometti. Colpì un braccio di Belinda, troncandolo di netto.
L’arto schizzò via con uno strano sfrigolio.
La contessa perse l’equilibrio, e precipitò ai piedi dei colleghi, che la fissarono basiti. Dal suo moncherino spuntava un ciuffo di fili elettrici, fibre ottiche, e tubicini.
– Sei un androide? — Chiese Gippo.
– Assolutamente no! — Proclamò Belinda, cercando di coprirsi il troncone col fogliame.
– Forse era solo un’altra delle sue protesi – disse il tronista — io ho tre cazzi di ricambio.
– Tutti mosci — Bignol conficcò di colpo la sua picca nel petto di Belinda, producendo un altro sfrigolio, e una scarica di scintille.
– Oh no! — Disse la Von Blurg, ostentando enorme stupore — sono davvero tutta finta!
– E adesso noi cosa ci mangiamo? — Guaì Teodosio.
– Cosa vuoi farci credere — ringhiò il leader, tirando un calcio alla contessa — che non sapevi d’essere un androide?
– Ho dei falsi ricordi…
– Stronzate! — Gridò Bignol — lo sapevi benissimo, hai mentito per aggirare il regolamento e partecipare all’Isola invece che alla Fattoria dei Rianimati, che è il tuo posto!
– No — la corresse Teodosio — quella è per gli zombie. E tu, schifoso ferrovecchio — chiese poi a Belinda – ti sei illusa che non t’avremmo scoperto?
– Ero sicura di vincere, Pullicini me l’aveva promesso…
– Il direttore di rete? – Sogghignò Gippo – l’hanno fatto fuori.
– Sono riusciti a farlo dimettere?
– No, non ci sono riusciti, per questo l’hanno fatto fuori – precisò Gippo, passandosi il pollice di taglio sotto la gola. Poi recuperò la sua accetta.
Belinda bestemmiò fra i denti smontabili.
– Ma se sei fatta di metallo e plastica, perché poco fa avevi tanta paura di essere sbudellata e mangiata? – Chiese Teodosio.
– Mangiata no, ma sbudellata sì, questo corpo androide nel quale ho scaricato la mia personalità è un regalo del mio diciottesimo marito, il generale Ersatz — la contessa si rialzò strappandosi la picca dal costato meccanico — lo rubò per me dall’arsenale dei droni sperimentali, e lo fece modellare esteriormente a mia immagine. Però non riuscì a rimuovere il nucleo centrale col dispositivo di autodistruzione — indicò lo squarcio nel suo petto — Autodistruzione nucleare.
A Gippo cadde l’accetta di mano.
Vide il piccolo display del countdown che spuntava dalle costole di Belinda.
– Disattivalo!
– Manometterlo è impossibile, il dispositivo è miniaturizzato, solo uno sciame di nanobot ci si potrebbe infiltrare, e bloccarlo.
– Le nanocamere! – Urlò Bignol.
– Ma dove sono finite?
Tutti si guardarono attorno freneticamente.
– Sharonaaaa! – Gridò Gippo, rivolto all’iperconduttrice del reality collegata via satellite – abbiamo bisogno delle nanominchie, o saltiamo per aria! Noi,  e pure il villaggio dei pezzenti nativi!
Passarono alcuni lunghissimi secondi di silenzio, segnato solo dallo sciabordio della risacca. Poi la voce dell’iperconduttrice risuonò nei ricevitori auricolari impiantati nel cranio degli pseudo-naufraghi.
«Mi dispiace, ma le nanocamere sono state appena disattivate».
– Perché? – Strillò Bignol.
«Avete bestemmiato».
Il timer della bomba arrivò a zero.
«È il regolamento».