di Alessandra Daniele

Berluscloni.jpgSelenio Bruscoli aveva molti nemici, e se ne vantava. “Molti nemici, molto amore” diceva storpiando il motto fascista per ignoranza. e si vantava anche di quella. Ciò di cui andava più fiero però erano i miliardi, ereditati dal padre banchiere d’organi, e moltiplicati col suo analogo traffico di frattaglie clonate per trapianti. Certo, all’inizio aveva avuto un periodo di crisi: la liberalizzazione genetica aveva fatto crollare i prezzi. Per ogni due reni venduti toccava darne un terzo in omaggio. Poi però i suoi sostanziosi finanziamenti al partito centro-centrista La Cosa Giusta avevano dato il loro frutto. La Cosa Giusta aveva vinto le elezioni, e varato una regolamentazione che di fatto gli aveva consegnato il monopolio delle frattaglie clonate, facendone schizzare il prezzo là dove nessun euro era mai giunto prima.
Insieme ai guadagni però erano aumentati anche i nemici, sia in numero, che in pericolosità, tanto che Bruscoli aveva deciso che gli serviva un Kagemusha.

– Un cosa? — domandò stranito Bogi, Capo Clonatore dello stabilimento principale
– Un caghe-muscia — scandì Selenio — L’ho visto alla TV, gli imperatori giapponesi del medioevo si portavano sempre dietro questa specie di sosia incaricato di beccarsi le pallottole dirette a loro.
– Le pallottole nel medioevo?
Bruscoli fece un gesto d’insofferenza.
– Bogi, non mi faccia perdere tempo con le cazzate, mi serve subito un clone a mia immagine e somiglianza che faccia da bersaglio per i miei nemici.
Il CaClo scosse la testa.
– Mi dispiace, ma lei ha settant… – vide l’occhiataccia del boss, e si corresse precipitosamente – lei ha sessant… cinquant’anni, per far crescere un clone che possa davvero essere scambiato per lei ce ne vorrebbero almeno altri cinquanta.
– Ma i reni li facciamo in un mese! — Protestò Bruscoli.
– Non si può adoperare lo stesso enzima di crescita accelerata per un organismo intero.
Selenio sbuffò. Poi alzò il sopracciglio destro, e assunse l’espressione indignata e minacciosa che usava per i pochi magistrati che osavano inquisirlo.
– Voglio quel clone. Trovi il modo!- ordinò.
Poi girò i tacchi, e uscì.

Quando Bogi entrò nell’ufficio del boss per portargli la lieta novella, Selenio Bruscoli s’era quasi scordato di lui. Il partito centro-centrista La Cosa Giusta aveva preso una batosta alle elezioni amministrative mensili dall’alleanza centro-centrista Parliamone Insieme. Questo per Bruscoli significava amministratori semi-nuovi da corrompere da capo, una grossa spesa imprevista.
– Bogi? Che ci fa qui?
– Il clone! Abbiamo trovato il modo.
Selenio ricordò.
— Oh, bene! Dica, dica, ho proprio bisogno d’una buona notizia!
– Siamo riusciti a risolvere il problema dell’età, aggirandolo — sorrise Bogi — Dato che risultava impossibile far sviluppare in poco tempo un uomo di sett… cinquant’anni dal suo DNA, l’abbiamo inserito in un virus da iniettare in un soggetto già cinquantenne. Questo virus mutageno distruggerà progressivamente il DNA dell’ospite, sostituendolo col suo — indicò Bruscoli — e innescando una mutazione che trasformerà rapidamente il soggetto in una sua copia quasi perfetta!
Bruscoli rimase in silenzio a riflettere per qualche secondo. Poi s’illuminò.
– Procedete — disse con un largo sorriso.

Erano passati solo sei mesi da quando il virus clonante era mutato, diventando a trasmissione aerea.
Erano bastati però perché il contagio si diffondesse su tutto il pianeta.
Il fatto che anche tutte le donne che incontrava ormai fossero sue copie quasi perfette non era un problema per Selenio Bruscoli, aveva sempre amato molto se stesso. Il vero guaio per lui era stata l’impennata verticale del costo delle tangenti. I politici fatti a suo modello erano terribilmente ingordi, ma Bruscoli era stato capace di risolvere anche quello: s’era candidato personalmente, e fatto eleggere imperatore assoluto.
Dopotutto l’umanità non aveva mai avuto un leader che la rappresentasse più fedelmente.