di Francesco Scalone

Andreas Eschbach, L’ultimo dei perfetti, Fanucci, 2006, pp. 272, € 16,00.

Ultimodeiperfetti.jpgNel suo ultimo libro edito da Fanucci, Andreas Eschbach racconta la storia di Duane Fitzgerarld, un cyborg progettato e costruito negli anni ottanta. Nel corpo di Fitzgerarld sono stati impiantati cavi, raccordi, interruttori, valvole e addirittura un turbo cuore. Il progetto Steel Man doveva creare un gruppo di soldati invincibili, capaci di vedere al buio, saltare, correre e muoversi a velocità sovrumane, in grado di abbattere muri a mani nude o collegare direttamente il proprio sistema nervoso ad armi automatiche. Nessun esercito o gruppo di terroristi avrebbe potuto resistere a questi soldati perfetti. Ma qualcosa andò storto: per quanto infatti la tecnologia impiegata potesse essere avanzata, i corpi degli steel men mal si adattavano alle parti meccaniche innestate nei tessuti organici.

Fitzgerald, infatti, è stato congedato e vive con la pensione concessagli dal governo degli Stati Uniti in Irlanda, in una casa ricevuta in eredità. Non è più utile, non può essere più operativo, è soltanto la prova imbarazzante di un progetto fallito dagli spropositati costi finanziari ed umani. Almeno la metà degli altri cyborg sono infatti morti durante le operazioni chirurgiche o a causa del malfunzionamento delle componenti trapiantate nel loro organismo. E quanti sono riusciti a superare le operazioni e i mesi di addestramento alla fine si sono ritrovati invalidi, soli e sconfitti. Duane passa ormai la vita in modo assai modesto, passeggiando e leggendo i libri che prende in prestito dalla biblioteca. È stanco e invecchiato, vittima di ricorrenti e dolorose paralisi causate dai guasti agli organi artificiali. Soffre molto, soprattutto a causa delle devastanti operazioni che ha subito all’intestino. Non solo ha perso la sessualità, ma non può neanche più mangiare, né bere una birra o qualsiasi altra bevanda.
Mentre ritornano continuamente i ricordi allucinanti degli interventi chirurgici subiti, Duane scopre che i militari avevano sempre saputo quanto il progetto Steel Man fosse assurdo e rischioso. Ma Duane non prova alcun odio o senso di vendetta, perché ricorda bene come — esaltato dall’idea di rendere perfetto il proprio corpo — si fosse offerto egli stesso volontario.
Ciò che prova è soltanto un profondo senso di pietà e compassione verso sé stesso e i suoi compagni per tutto quello che hanno subito. Ma che cosa li ha veramente spinti a una scelta talmente radicale ed assurda? Perché anche il cyborg raccontato da Andreas Eschbach rappresenta l’ennesima denuncia del graduale smarrimento dell’identità umana. La questione centrale del libro è allora se sono le macchine e la tecnologia a trasformarci in modo tanto radicale oppure è il nostro stesso destino che ci spinge continuamente a divenire altro da ciò che siamo, trasformandoci in alieni irriconoscibili persino a noi stessi. Ma nonostante tutto, Duane resta ancora profondamente umano, se non altro per la sofferenza e il dolore provati quotidianamente.
Alla fine, qualcuno decide di eliminare Duane e tutti gli altri steel men sopravvissuti. Lo stile di Eschbach, in questo romanzo, è mesto, quasi malinconico e poi a tratti — nelle poche scene d’azione — guadagna repentine accelerazioni e spettacolari cambi di ritmo. Da questo punto di vista la scrittura di Eschbach è magistrale perché mentre si nutre di suggestioni ed elementi provenienti dalla fantascienza, dal genere spy e dal thriller, al tempo stessa è densa di considerazioni esistenziali sul significato dell’essere felici. La nostalgia per tutte le cose semplici perse spinge infatti Duane a cercare rifugio nella saggezza degli antichi, e non è un caso che scelga di leggere proprio le opere di Seneca: il saggio che imperturbabile spiega quanto sia puerile ribellarsi al proprio destino.
Il romanzo si chiude con una bellissima metafora della scrittura: Duane, ormai sconfitto, dopo aver infilato il cavo di una stampante in una presa seriale nascosta nel braccio, stampa tra mille rivoli di sangue il romanzo della sua storia, che per anni ha scritto segretamente conservandolo dentro di sé.