bp.jpgDeputato dal 1972, prima nella DC e poi in Forza Italia, già capogruppo
forzista della Camera, candidato al ministero dell’Interno e poi dirottato
all’ultimo momento sulla neonata poltrona della Attuazione, Giuseppe Pisanu detto Beppe, nella vita
precedente, quando non era ancora anticomunista e portava la borsa a Benito
Zaccagnini (Sinistra DC), fu travolto da uno scandalo per i suoi rapporti con
il banchiere bancarottiere e piduista Roberto Calvi, presidente del Banco
Ambrosiano, con il Gran Maestro della massoneria Armando Corona e con il
faccendiere Flavio Carboni, plurinquisito, pluriarrestato, legato a varie
esponenti della banda della Magliana. Sassarese, ex amico del cuore di
Francesco Cossiga, già capo della segreteria Zaccagnini negli anni del
compromesso storico DC-PCI, Pisanu diventa sottosegretario al tesoro e alla
Difesa.

Ma ai tempi del Fanfani V (1983), saltano fuori le sue
liasons dangereuses con alcuni imbarazzanti compagni di vacanze in barca:
Flavio Carboni e Silvio Berlusconi. Tutto comincia nell’estate del 1980,
quando Berlusconi e Flavio brigano per regalare a Porto Rotondo una bella
colata di cemento (progetto ‘Olbia 2’: un tema tornato di attualità quest’estate…). Carboni ospita Pisanu e Berlusconi
sulla sua Punto Rosso, imbarcazione che misura 22 metri. L’estate seguente, Beppe fa
un’altra conquista: veleggia, sempre sulla barca di Carboni, al largo della
Costa Smeralda, ma stavolta a bordo c’è pure il bancarottiere Calvi, fresco di
condanna, in libertà provvisoria. Memorabile la testimonianza di Pisanu
davanti al PM milanese Pier Luigi Dell’Osso che indaga sul crac Ambrosiano e
lo interroga per sei ore l’11 settembre 1982 (mentre Carboni si trova in
carcere da qualche giorno a Milano, perché coinvolto nelle indagini sulla fuga
e sulla morte di Calvi): Carboni – spiega Pisanu – era un interlocutore valido
per le forze politiche richiamantisi alla ispirazione cattolica. Insomma, il
pio terzetto non discuteva di affari ma di teologia. Carboni, prosegue Pisanu,
riuscendo a restare serio, mi disse che il Berlusconi aveva interesse a
espandere Canale 5 in Sardegna, tal che lo stesso Carboni si stava
interessando per rilevare a tal fine la più importante rete TV sarda, Videolina
(quella fondata dal discusso finanziere Niki Grauso). Non solo: il
Carboni mi disse di essere in affari col signor Berlusconi anche con riguardo
a un grosso progetto edilizio di tipo turistico denominato ‘Olbia 2’. Fin
dall’inizio ritenni di seguire gli sviluppi delle varie attività di Carboni,
trattandosi di un sardo che intendeva operare in Sardegna.

Il pio sodalizio
Carboni-Pisanu si estende poi miracolosamente all’affaire Ambrosiano. Il
sottosegretario al Tesoro portato dall’amico Flavio incontra Calvi per ben 4
volte, e subito dopo l’8 giugno 1982, risponde alla Camera alle allarmate
interrogazioni delle opposizioni sul colossale buco dell’Ambrosiano, aggravato
dai debiti miliardari del Banco Andino. Niente paura – rassicura Pisanu – è
tutto sotto controllo… Nessun allarme: le indagini esperite all’estero
sull’Ambrosiano non hanno dato alcun esito. La sera dopo, il 9 giugno, Pisanu è
di nuovo a cena con Carboni: pare che il tema della serata sia la nomina a
nuovo procuratore Generale di Milano di un ‘amico’, il giudice Consoli,
presente al convivio. L’indomani, il 10 giugno, Calvi fugge dall’Italia per
finire come sappiamo, impiccato sotto il ponte dei Frati Neri a Londra. Nove
giorni dopo, il Governo dichiara insolvente l’Ambrosiano, mettendo sul
lastrico migliaia di risparmiatori. Pochi mesi dopo sia l’Ambrosiano sia
l’Andino fanno bancarotta.

Racconterà Angelo Rizzoli alla Commissione
Parlamentare di inchiesta sulla P2: a proposito dell’Andino, Calvi disse a me
e a Tassan Din che il discorso dell’on. Pisanu in Parlamento l’aveva fatto fare
lui. Qualcuno avrebbe detto a Rizzoli che per quel discorso Pisanu aveva preso 800 milioni
da Flavio Carboni. Accusa mai dimostrata, anche se il portaborse di Calvi,
Emilio Pellicani, dirà all’Espresso che Calvi aveva stanziato (per ‘comprare’
il proprio salvataggio) 100 miliardi, dei quali ‘poche decine di milioni’
sarebbero finite anche nelle tasche di Pisanu, tramite Carboni; e aggiunge che
Pisanu si interessò attivamente del progetto di cessione del Corriere della
Sera
da parte di Calvi, tentando di pilotare l’operazione ‘in favore dell’on.
Piccoli’. Cioè di garantire una sorta di controllo DC sul primo quotidiano
d’Italia. Pisanu smentisce e querela Pellicani. Memorabili gli attacchi che
gli sferrano in quel periodo i due membri più battaglieri della Commissione
P2: il missino Mirko Tremaglia e il radicale Massimo Teodori. Tremaglia
denuncia l’assalto partitocratico al Corriere della Sera tramite manovre che
di volta in volta sono passate attraverso Andreotti, Bagnasco, Pisanu, Carboni
o Rizzoli. E quanto all’Ambrosiano appena dichiarato insolvente, punta il dito
sulle gravissime responsabilità degli organi di Governo, compreso il
sottosegretario Pisanu, amico non per caso di Carboni, che aveva dichiarato
alla Camera che nulla era emerso di irregolare nell’Ambrosiano. Senonché
esattamente 9 giorni dopo il Tesoro dispose lo scioglimento degli organi
amministrativi dell’Ambrosiano. E Teodori: alcuni fatti sono incontrovertibili: i rapporti strettissimi e continuativi tra Pisanu e Carboni; i rapporti di Pisanu con Calvi tramite Carboni, i rapporti di Pisanu
con Calvi e Carboni per la sitemazione del Corriere della Sera; i rapporti di
Pisanu con Calvi e Carboni quando, sottosegretario al Tesoro, il ministero
prendeva importanti decisioni sull’Ambrosiano; il sottogretario rispose per
due volte alla Camera sulla questione Ambrosiano. Poi, il 19.1.1983 aggiunge:
il sottosegretario Pisanu deve dimettersi: se c’è ancora un minimo di moralità
è inconcepibile che l’on. Pisanu resti al governo. Non si dimetterà su
richiesta di Teodori, schiuma Pisanu. Poi però cambia idea, o gliela fanno
cambiare: 2 giorni dopo il 21 gennaio si dimette da sottosegretario, per
consentire il chiarimento della sua posizione senza condizionamenti legati
all’incarico di governo ricoperto – ma il suo caso continuerà ad arroventare la
Commissione P2 nei mesi avvenire.

In febbraio Teodori torna a denunciare
l’arroganza socialista e democristiana che vuole affossare la commissione
d’inchiesta e pretende una condizione di speciale intoccabilità à per tutti i
politici, da Pisanu a Piccoli ad Andreotti. Pisanu viene ascoltato una seconda
volta dalla Commisisone Anselmi, e lì – pur rivendicando l’assoluta correttezza
e ‘trasparenza’ dei suoi rapporti con Carboni e Calvi – ammette di avere un po’
sottovalutato la delicatezza di certe frequentazioni.

Dopo un breve
purgatorio, Pisanu risalta in sella nel 1987: sottosegretario alla Difesa del
nuovo governo Fanfani. Poi un altro po’ di oblio, e la resurrezione ‘azzurra’
grazie all’inseparabile Silvio, sempre riconoscente con i vecchi compari: nel
1994 lo promuove ‘vicecapogruppo vicario’ alla Camera, nel 1996 capogruppo al posto del povero Vittorio Dotti, colpevole di essere amico dell’Ariosto, e
quindi colpevole di avere sbagliato fidanzata, e sopratutto non era amico né
di Calvi né di Carboni. Nel 2001 l’ultimo balzo: ministro nel Berlusconi II,
un’occasione per rivedere tanti vecchi amici. Come il ministro per gli
Italiani all’Estero Mirko Tremaglia, e il neodeputato di F.I, Massimo Teodori;
come passa il tempo…